Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Una lettura propedeutica, certo non indispensabile ma utile, a questo lirico, elegiaco eppure spigoloso La pioggia gialla di Julio Llamazares, potrebbe essere La Spagna vuota, di Sergio del Molino. In quel suo meraviglioso saggio reportage, del Molino ci racconta, tra le tantissime cose di cui è pregno il suo testo, ciò che per gli spagnoli rappresentano i paesi abbandonati, disabitati, spersi in un territorio vastissimo, testimoni muti di un passato che, in qualche modo, non passa.

Di un paese abbandonato ci parla questo struggente e doloroso La pioggia gialla, recentemente ristampato da Il Saggiatore, che riporta in libreria un libro in precedenza pubblicato da Einaudi e Passigli. Llamazares ha nel suo dna l’abbandono e i danni che un malinteso senso del progresso portano spesso con sé su luoghi e persone. Lo scrittore spagnolo è infatti nato a Vegamian, piccolo paese nei pressi di Leon e ormai completamente sommerso dalle acque di un lago artificiale.

Julio Llamazares (Foto da wikipedia)

Qui, tra queste pagine che lasciano ferite profonde e profonda inquietudine, il paese in questione è Ainielle, realmente esistente (o esistito) paese abbandonato nella provincia spagnola di Huesca. Di questo libro si può dire che è la voce della morte se la morte avesse una voce. Tra i suoi ruderi, le sue case cadenti e il silenzio invincibile, si aggira Andrés, l’unico abitante del luogo. Rimasto tenacemente o, forse, incapace di andarsene, anche quando la moglie, per malinconia e tristezza, si uccide nel mulino vicino a casa.

Per tutte le pagine del libro, veniamo presi per mano dalla voce narrante dello stesso Andrés che ci conduce attraverso la morte di Ainielle ma anche attraverso la sua morte in vita. Sì perché Andrés, sepolto dal silenzio, dalla neve e dalla solitudine, arriverà a dubitare di essere ancora vivo. Eppure. Eppure, se davvero la morte non può essere pensata, è altrettanto vero che può essere narrata. Ed è ciò che accade in questo libro. Andrés passa le sue infinite giornate sui monti, oppure seduto inerme davanti al camino di ciò che resta della sua casa da cui esce solo per vagare per il borgo entrando nelle case rimaste vuote dopo l’abbandono di amici e vicini. Tutto attorno a lui è freddo e solitudine, abbandono e morte. Tutto è avvolto da un invincibile strato di neve che, come l’oblio, cancella ogni traccia di vita ma anche di distruzione. L’inizio del suo lungo addio comincerà con il disgelo quando la neve, sciogliendosi, lascerà che a mostrarsi sia il nulla rimasto. E farà proprio come l’oblio che, all’improvviso, viene squarciato dalla memoria portando con sé ciò che si è cercato di dimenticare.

Andrés comincerà così ad essere visitato da tutti i suoi fantasmi, i figli scomparsi o morti, la moglie, la madre, gli amici. Ombre che verranno, silenti o mormoranti, ad accompagnarlo in quello che sarà il suo percorso per diventare, a sua volta un’ombra. Un libro durissimo eppure pieno di dolente poesia, di domande su cosa sia la solitudine, su cosa resti di noi quando ce ne andiamo, sul bisogno profondo e tanto più potente quanto più negato, di lasciare qualcosa dopo di noi. E il destino di Ainielle diventa il destino di Andrés. Le sue stradine vuote, il cielo plumbeo di un inverno che sembra non passare mai sono le ossa, i nervi e il cuore dello stesso Andrés che vive senza quasi più volerlo e muore senza volerlo eppure senza volerlo evitare. I sussulti della natura sono i sussulti di Andrés che con la natura stessa e con le pietre del paese è tutt’uno. Lo dice Llamazares e lo dice Andrés: “Mi sono sforzato di mantenere in vita le pietre ma in realtà Ainielle è morta da tempo. Era già morta da tempo quando eravamo rimasti solo io e Sabina, e forse lo era ancor prima che morissero o se ne andassero gli ultimi vicini di casa. […] In tutti questi anni mi sono rifiutato di accettare cosa mi mostravano con chiarezza silenzio e rovine. Ma adesso so che con la mia morte moriranno anche gli ultimi resti di un cadavere che vive solo nei miei ricordi.”

Ricordi, rovine, memoria. Sono queste le parole attorno a cui gira questo libro. E la pioggia gialla del titolo è proprio ciò che, lentamente eppure all’improvviso, trasfigura ogni cosa in ciò che è sguardo ma anche specchio per chi guarda. Un racconto da una voce che è ancora viva eppure ha già, forse da sempre, vacato la soglia del silenzio: “La bava della morte aveva invaso tutto il paese, corrodeva le travi e l’aria delle case, mi impregnava le ossa come una lenta infiltrazione gialla. Intorno a me era tutto morto e io non ero un’eccezione, sebbene il mio cuore battesse ancora.”

Un silenzio che, se è vero che arriva naturalmente, è anche anticipato dal silenzio degli uomini che lasciano morire luoghi e persone: “Ma io, Andrés di Casa Sosas, l’ultimo rimasto ad Ainielle, non mi sento un condannato né credo di essere pazzo, a meno che non si possa considerare una persona senza senno chi è rimasto fedele alla propria casa e alla propria memoria fino alla morte; a meno che non si consideri una condanna l’oblio in cui loro mi hanno confinato.”

Eppure questo libro è davvero un inno alla vita, come dice Andrea Gentile nella sua bella postfazione: “La pioggia gialla è romanzo di pura morte, poiché tutto, nella vicenda di Andrés, è fine, ma anche romanzo della pura vita, perché è il suo respiro, costante, affannato, a imprimere alle pagine il ritmo slavinante di un postremo testamento che è, insieme, un inno all’umana resistenza.”

La pioggia gialla Book Cover La pioggia gialla
Julio Llamazares. Trad di Denise Zani
Letteratura
Il Saggiatore
2019
163 p., Rilegato