Lungo petalo di mare e l’integrazione
Di Graziella Enna
Ancora una volta la scrittrice Isabel Allende ci proietta nella magnifica terra cilena, consacrata all’inizio della sua carriera dal realismo magico de La casa degli spiriti e proseguita nei decenni dalle sue innumerevoli opere in cui storia e immaginazione si fondono mantenendo sempre quel filo rosso costituito appunto da quel Lungo petalo di mare e di terra, felice definizione che Neruda, il suo illustre conterraneo, diede al Cile. La scrittrice, basandosi su fatti storici del Novecento, crea un legame tra due terre lontanissime, la Spagna e il Cile, avvenuta proprio grazie al celebre poeta, autore di un’impresa che egli considerò “il suo miglior poema”.
Questo straordinario romanzo ci offre un messaggio di speranza in un periodo in cui l’integrazione tra i popoli è divenuta un’impresa irrealizzabile, affrontando dolorosi eventi storici, che, come afferma la stessa autrice, le hanno permesso la stesura naturale e spontanea della vicenda narrata, come se si fosse scritta da sola. Punto di partenza è la guerra civile di Spagna presentata al lettore in medias res, nella sua crudezza, dal protagonista del romanzo, Victor Dalmau, studente di medicina, che, fagocitato giovanissimo nella brutalità della guerra civile, si prodiga in modo esemplare nell’indefessa attività di curare giornalmente decine e decine di feriti e diviene più esperto di un medico pur in assenza del titolo accademico non ancora conseguito.
Nato in una famiglia anticonformista, da un musicista e un’insegnante, anticlericali, di idee anarchiche e rivoluzionarie, Victor ha un animo poetico e dedito allo studio, al contrario di suo fratello, sfrontato, determinato, con una spiccata vocazione militare. E mentre entrambi i giovani Dalmau sono in guerra, il capofamiglia si imbatte nel conservatorio in cui insegna, in Roser Bruguera, l’allieva di pianoforte più promettente, che ha alle spalle un passato di miseria e stenti, le apre le porte della sua casa dove viene accolta come un membro della famiglia. Ed è a questo punto che le loro vite si intrecciano indissolubilmente, mentre la guerra diventa sempre più cruenta e violenta tanto che migliaia di spagnoli attraversano i Pirenei clandestinamente per rifugiarsi in Francia dove però li attende un’altra triste realtà, quella dei campi di concentramento in luoghi in cui regnano abbandono, fame e sporcizia.
Proprio in questo frangente di disperazione, Neruda, spinto dalla compassione per la Spagna martoriata e per tanti suoi amici morti, (non ultimo l’amico Garcia Lorca), riesce ad allestire un’enorme imbarcazione mercantile, il Winnipeg, per mettere in salvo più di duemila profughi spagnoli che avevano vissuto la tragedia della dittatura. Il poeta persuase il presidente cileno, Pedro Aguirre Cerda, ad accogliere i profughi benevolmente, nonostante il Cile versasse in una grave crisi economica acuita da un recente e devastante terremoto, adducendo oltre alle argomentazioni di carattere umanitario, l’arricchimento che il Cile avrebbe potuto ottenere dall’arrivo di persone dotate di qualità professionali e di comprovata moralità. I protagonisti, Victor e Roser, profughi e vittime di drammatici casi, si ritrovano in Francia, lei con un bimbo piccolo avuto dal fratello di Victor, morto nei combattimenti: per potersi imbarcare nel Winnipeg, contraggono un matrimonio di convenienza. La nave salpa il 4 agosto del 1939 verso il Cile dal porto francese di Pauillac, allestita con i servizi fondamentali per la navigazione grazie ai fondi che Neruda riesce a raccogliere dal Partito Comunista Francese, dalle donazioni di tutta l’America latina e da un gruppo di quaccheri.
Nonostante il consenso del presidente, anche in Cile si fomentano ostilità da parte di chi crede che la nave trasporti sovversivi, delinquenti, rivoluzionari e si scatenano violente proteste. Il lettore durante la traversata del Winnipeg respira l’atmosfera di pace e speranza dei profughi, stremati da anni di violenze, e per questo indotti ad un comportamento irreprensibile, improntato alla solidarietà, alla riconoscenza per una salvezza insperata, alla gioia della speranza ritrovata. La nave approda a Valparaiso dopo un mese di navigazione e i profughi vengono accolti festosamente come eroi nonostante l’opposizione dei simpatizzanti nazi fascisti che credono che la nave sia un covo di sovversivi, delinquenti e rivoluzionari. Victor e Roser si adattano alla nuova vita grazie alla loro fibra inattaccabile, alla determinazione e alla voglia di riscatto: l’Allende, ci immerge nella dimensione cilena a lei così familiare e inizia il romanzo di formazione di Victor e Roser, (parte principale dell’opera), coniugi solo per convenienza, legati da un affetto fraterno. Uniti dall’amore per il figlio-nipote Marcel, la loro diviene un’unione profonda, che si cementa progressivamente e si muta in amore totalizzante, tra la realizzazione di carriere professionali iniziate dal nulla, difficoltà e ostacoli nella nuova terra, e amori passionali quanto passeggeri che non turbano la loro relazione.
E a poco a poco la Spagna diventa per loro una meta agognata ma sempre più impraticabile e lontana, che rimane viva solo nel sogno di una fine della dittatura franchista. A far da cornice alle loro vicende innumerevoli personaggi descritti in modo avvincente e coinvolgente. Un’altra dura prova attende Victor Dalmau, quasi sessantenne e all’apice della sua realizzazione di medico: gli eventi precipitano, il governo del suo amico e compagno di scacchi Salvador Allende, è sempre più osteggiato dai detrattori della rivoluzione socialista che egli riesce ad attuare:
“Allende non sottovalutava i suoi nemici,esterni e interni, ma nutriva una fede irrazionale nel fatto che il popolo avrebbe difeso il suo governo, si diceva che avesse un sesto senso nel gestire qualsiasi tipo di situazione volgendola a suo favore, ma durante i tre drammatici anni successivi avrebbe avuto più bisogno di magia e di fortuna che di sesto senso”.
Mentre il popolo si sente finalmente rappresentato al governo, le città si riempiono di manifesti e murales che inneggiano alla rivoluzione e a una cultura che sia alla portata di tutti, iniziano le repressioni nascoste e le lotte armate tra fazioni opposte che sfociano in violente manifestazioni di piazza. L’esperimento socialista si chiude prima con una gravissima crisi economica e un’impennata dell’inflazione, le cui conseguenze sono descritte e vissute dai protagonisti del romanzo, e come ultimo tragico atto, il colpo di stato militare. Il primo atto di opposizione al golpe da parte del popolo fu il funerale del poeta Neruda che non aveva retto all’avverarsi dell’evento che tanto aveva paventato: i soldati con gli occhi del mondo puntati addosso, non poterono impedire che ne fossero celebrate le esequie.
La quotidianità cilena è funestata dal terrore, dalle notizie di campi di concentramento, torture, esecuzioni sommarie, desaparecidos, fuggiaschi. Victor, denunciato da una vicina di casa, subisce l’ arresto come sostenitore di Allende, nemico della patria, vive una drammatica prigionia di undici mesi in una cava di salnitro, costretto ai lavori forzati in un luogo desertico tra soprusi e violenze in un campo circondato da fili elettrificati mentre nelle città ripulite dai murales e sorvegliate dai militari “regnava il candido ordine delle caserme e la pace artificiale della paura”. Un incredibile destino fa sì che Victor Dalmau assista a due nefaste dittature: scampato alla prima nella sua giovinezza, affronta la seconda e la conseguente reclusione con inusitata tempra, assumendo come monito per se stesso, la similitudine della betulla che si piega ma non si spezza. Rifugiandosi in un mondo interiore di sentimenti e di ideali, si isola e si chiude nel mutismo per sfuggire all’abbrutimento, alla fatica del lavoro, alle punizioni esemplari, alla meschinità e al sadismo dei suoi aguzzini. Quando ha fine la prigionia, per un caso fortuito, Victor è comunque condannato alla libertà condizionata, declassato, ostracizzato, non può esercitare la sua professione. “La gente era cambiata e lui faceva fatica a riconoscere il paese che lo aveva accolto in un abbraccio collettivo trentacinque anni prima e che amava come se fosse il suo”. Ritrovata Roser, un secondo esilio li porta in Venezuela, perciò ancora una volta devono rincominciare il processo di integrazione in un nuovo tessuto sociale. Giunta la notizia della morte di Franco in Spagna, vi si recano per rivedere la patria perduta ma non sentono più di farne parte nei mesi che vi trascorrono: ormai un legame molto più forte e viscerale li riporta in Sudamerica uniti da un sentimento reso ancor più potente dalle avversità vissute, ma devono aspettare ancora per molto il rientro definitivo in Cile per riportare al loro legittimo posto le loro vite sconvolte da tante crudeli traversie.
E’ complesso rendere giustizia alla ricchezza del romanzo, alla sua straordinaria galleria di personaggi, le cui vite sono narrate in modo dettagliato, con una ricchezza di particolari che rapiscono il lettore e lo immergono completamente nelle vicende di ciascuno di loro: ne scaturiscono personaggi a tutto tondo, indimenticabili e statuari. La ricchezza descrittiva, talvolta pittoresca, di luoghi e persone, la magia della variegata diversità della terra cilena, la drammaticità e il realismo delle vicende storiche, rese ancora più incisive dall’empatia dell’autrice che le rivive con grande sofferenza, rendono questo romanzo un’ennesima conferma della grandezza di Isabel Allende oltre a rappresentare un episodio storico edificante e di grandissima attualità.
Narrativa
Feltrinelli
2019
352 p., ill., brossura