Professore associato di lingua inglese e collabora per l'urdu con l'Orientale di Napoli avendo anche una laurea in Arabo e Urdu. Pedagogista Clinica e una Antropologa trasformazionale della Scuola dello psichiatra Sergio Piro. Prima di passare nel ruolo di professore associato alla Università Parthenope è ricercatore all'università Orientale di Napoli.

Astarte e la Grande Madre

Di Maria Rosaria D’Acierno

Questa fiaba cerca di mettere in risalto l’importante ruolo che la donna ha sempre avuto nella società primitiva; ruolo che, al contrario, oggi sembra quasi dimenticato, e che a fatica la donna sta cercando di riconquistare, affiancando ad esso il rispetto e l’amore per la propria persona. In breve, qui si vuole, attraverso miti e mitologie antiche, insegnare il rispetto per il ruolo femminile; rispetto che deve, specialmente nei bambini, nascere fin dai primi vagiti, e perfino,quando dall’utero materno, il piccolo comincia a vivere una sua propria vita, pur traendo ancora forza e sostegno dal corpo della madre che lo nutre, e poi lo allatterà, lo proteggerà senza sosta per tutta la vita. Questo amore verso colei che gli ha dato la vita, deve sostenerlo per sempre, anche da adulto, per aiutarlo a non sentirsi mai superiore alla propria donna, nel ricordo di quella dipendenza infantile di cui aveva bisogno per crescere; non nel senso che debba sentirsi inferiore, ma nel senso che deve sempre portarle rispetto ed affetto. Dovrebbe imparare ad amare la donna con quell’amore forte ma, nello stesso tempo dolce del vero uomo, il quale, per sentirsi tale non ha bisogno di esibire atti violenti, anzi, al contrario, deve mostrare riconoscenza e umiltà, dando al proprio amore il sapore della mitezza. La forza dei muscoli non è forza se è impiegata a far del male; la vera forza è quella della mente che deve essere abituata a controllare il proprio corpo. Non dobbiamo meravigliarci del fatto che fin dall’antichità, la donna sia stata tenuta in grande considerazione, come la protettrice del focolare domestico, la guerriera che difende il proprio popolo, il proprio nido, la genitrice non solo dell’umanità ma anche degli dèi. Costei godeva di pari opportunità se non addirittura superiori all’uomo, sia nelle società indo-europee che in quelle semitiche come attestano le dee di questi paesi. La Grande Madre, la Madre Terra, i nostri archetipi più lontani, li possiamo associare alla Vergine-Madre della religione cattolica, ma li troviamo anche nelle tradizioni politeiste: Ishtar(عشتار (per i Babilonesi, Tanith(تانیث (per i cartaginesi, Al-Lat(اللات (per i Nabatei, ecc. ecc. Tutte Grandi Madri, Vergini – madri; madri degli dèi e degli uomini. Infatti, a causa di quella stretta relazione che esisteva tra uomini e dèi, queste divinità femminili erano anche le progenitrici dei comuni mortali. Tutte erano accostate a fenomeni naturali (naturismo), quindi,dee del sole, della luna, delle stelle, del cielo, della pioggia, della guerra, ma soprattutto della fertilità, e identificate con l’albero della vita, che in Medio Oriente è rappresentato dalla palma (نخلة .( La Vergine-Madre Ishtar e il matriarchismo a lei attribuito avevano dato accesso alla pratica della poliandria, per cui la donna aveva il dominio assoluto sull’uomo, e poteva scegliere i propri compagni. Questo perché durante il periodo del paganesimo, in cui il sentimento religioso era ancora offuscato dai riti, e prescindeva da una valenza ideologico-religiosa, la maternità assumeva un colorito più legato al sesso che all’aspetto etico. Nonostante ciò, la venerazione per la Grande Madre era profusa attraverso parole che esprimevano tutta la dolcezza e la tenerezza che una madre riversa sui propri figli. Quindi, le dee erano sempre associate alla maternità, vista sotto i due aspetti contrastanti di dolcezza e sensualità. Perfino tra gli israeliti, dove l’autorità paterna raggiungeva l’eccesso di poter predisporre della morte di figli e nipoti, quando il loro comportamento non assecondava i comandamenti della legge divina (Deut. Xxi. 18-21 – Gen. XXXVIII. 24),andando indietro nel tempo, ritroviamo un periodo di dominante matriarcato,quando, cioè, la donna godeva di molti privilegi; tra questi, quello di riconoscere i figli come appartenenti al proprio clan. Inoltre, le donne avevano l’autorità di attribuire ai figli il nome dei nonni materni, così da assicurarne la reincarnazione. Anche la discendenza di sangue era attestata da parte materna, per cui i figli erano gli eredi degli zii materni. Quindi, nella religione dei semiti, la dea occupava il primo posto, diventando la protettrice del clan. Nelle formule magiche, il nome della persona da esorcizzare era accostato al nome della madre e non a quello del padre. Addirittura,le donne potevano decidere di allontanarsi dal marito e allevare i figli presso i propri genitori, ricevendo di tanto in tanto la visita dello sposo, il quale veniva accolto nella tenda di proprietà della moglie.1 (Exodus 4. 18). Questa organizzazione matriarcale la si incontra sia nella società semitica che in quella dei greci e dei romani. A riprova di detto matriarcato,nelle lingue semite ci sono espressioni legate alla cura materna anche per indicare concetti relativi a1) legami di parentela re|em(رحیم,(2) di appartenenza ad una tribù, o 3) ad un paese ‘umma da ‘um madre ( مّ ُ أ.(Nell’area semita, prima dell’ingresso degli Ebrei a Canaan, e anche per un certo periodo dopo, finché le due comunità non riuscirono ad amalgamarsi, i canaanei comprendevano sotto il nome di Baal i loro molti dèi, e sotto quello di Astarte le molte dee.2 Ciò dimostrava che Astarte aveva assunto una tale importanza da diventare un appellativo, una sorta di nome generico per denotare la categoria delle dee, come era accaduto per Ishtar in Babilonia, e a Shams nel sud dell’Arabia. L’origine di questo nome – Astarte – ha suscitato molte controversie,ma nel Vecchio Testamento (Judges iii. 7) viene identificato come sinonimo di Asharoth (عشتروت ,(derivante dalla radice ‘ashar’ che significa ‘essere fortunato,’ per cui Astarte divenne anche la dea della fortuna.3 Ma, se si considera Astarte di provenienza babilonese, il suo nome potrebbe derivare dalla radice ‘asharu’ che significa ‘passare in rassegna’. Quindi, seguendo questa seconda ipotesi, la nostra dea viene associata al pianeta Venere, che di sera passa in rassegna le stelle. Il suo corrispettivo nell’area indo-europea,è,in Grecia Afrodite, Venere a Roma, e Bridget nei paesi nordici, in particolare in Irlanda; dee della fertilità, della bellezza, dell’amore, della passione, della guerra, ma anche del focolare domestico; caratteri messi bene in evidenza dalla dea semita dove domina l’aspetto materno, vale a dire di custode del focolare domestico. Astarte, quindi, oltre ad essere lei stessa la dea per eccellenza, era l’appellativo usato per indicare tutte le dee in generale, riunendo le molte divinità femminili sulle quali aveva la predominanza. Al pari degli dèi,anche le dee avevano un clan, una tribù o un territorio da proteggere. Infatti, i loro nomi attestano questa appartenenza: Baal (بعل (Lebanon, Baal Tamar, ecc. per gli dèi, e Baalath (بعلاث (Byblos, Baalath Beer, ecc. per le dee. Tra gli animali sacri sia di Astarte che di Venere c’è la colomba (حمامھ ,(che come altri animali sacri, non costituiva cibo per i mortali. Quindi, la pace e la mitezza, oltre alla forza nella difesa dei diritti della loro tribù, erano le caratteristiche di queste divinità. L’umanità sentiva il bisogno di essere protetta non solo dagli eventi catastrofici naturali, ma anche dai diavoli o jinn, e tra questi,nella comunità semita,emergeva Lilith (لیلیث ,(la demone che prendeva varie forme,pur prediligendo quella della civetta. Se poi passiamo dal politeismo al monoteismo, e ci accostiamo ai grandi nomi delle religioni, constatiamo che ‘grande’ era considerata la genitrice, la quale, nel rispetto della maternità, viene rassicurata da Dio che seppure lei dovesse dimenticarsi del tenero figlioletto che porta in grembo, ci avrebbe pensato Lui.4

Astarte (Foto presa da wikipedia)

Mosè, Buddha e Cristo sono tutti figli di ‘grandi’ madri vergini; così, infatti, erano considerate le madri dei primi figli. La nascita di questi tre grandi personaggi è avvolta da eventi particolari. Come si diceva prima, la donna era tenuta in grande stima e, quindi, tutti i suoi desideri dovevano essere soddisfatti. Quando la madre di Buddha si approssimava al parto,chiese al marito, il re Suddhodana, di partorire nella sua città natale –Devadaha, e fu subito accontentata. Durante il viaggio volle fermarsi sull’Himȃlaya; poi sotto un albero di Sal (sacro in India), tra arcangeli, angeli e guardiani del mondo, diede alla luce il suo piccolo. Anche la madre di Mosè è chiamata vergine nel Talmud. Per aver onorato il Dio di Mosè, venne sepolta nella Tomba Matriarcale a Tiberia (Exodus 6.20). La Vergine Maria, madre di Gesù, partorì anche lei, sotto un albero di palma, e le acque di un ruscello alleviarono la nascita sia della mamma che del suo figlioletto.5 Nel Corano viene menzionato l’episodio del parto di Maria (ماریم ,( avvenuto sotto una palma “Ebbe le doglie accanto al piede di una palma.6 Alla nascita di Mohammad, una luce talmente forte si sprigionò dal corpo di sua madre Âmina, una luce così luminosa da rendere visibili i lontani castelli di Busra in Siria. Poi Âmina ebbe l’onore di ricevere dei, dee, santi del cielo che discesero sulla terra per ringraziarla per aver dato alla luce il profeta. Anche in Persia troviamo una dea della maternità, delle sorgenti d’acqua, nell’immacolata Vergine Madre del dio Mitra, chiamata Anahita; Durga è la Madre divina della religione induista. Abbiamo infine, spostandoci sul versante indo-europeo la celtica Bridget, sposa di Dagda, dea dell’abbondanza, della fertilità, associata al sacro fuoco perpetuo; quel fuoco adorato nei Veda con il nome del dio Agni. Bridget era anche la dea della poesia e della guarigione, di cui sono testimonianza le così dette ‘sorgenti di Bridget,’ acque con qualità guaritrici. Infatti, ancora oggi in Irlanda, coloro che sono stati guariti da quelle acque, depongono, seguendo un rito antichissimo, stoffe o nastri sui rami degli alberi ritenuti sacri, perché vicino a quelle fonti. Bridget aveva altre due sorelle, anche loro chiamate Bridget, considerate come una sola triplice dea, simile ad Al-Lat venerata insieme a Manat e ad ‘Uzza, corrispondente alla dea greca Athena, e a Roma conosciuta come Minerva, tutte dee guerriere. Le dee come gli dèi erano numerose e potenti, e le loro doti erano tenute in grande considerazione. Dobbiamo augurarci di tornare indietro nel tempo? Quando le donne erano valorizzate in quelle società primitive dove per lo meno godevano di pari diritti con gli uomini? Quando esisteva un particolare rispetto verso la Madre Terra, vista come simbolo della Grande Madre?

Venere di Laussel (Foto da wikipedia)

Questo non per guadagnare terreno sugli uomini, ma solo per essere considerate alla loro altezza, e non cadere sotto il loro dominio fisico, che li brutalizza, e ci rende vittime innocenti di stupri e di delitti. Oggi, solo lo scontro di genere ha messo in evidenza la maggiore forza fisica dell’uomo, il quale approfittando anche del senso materno che esiste in ogni donna,la rende schiava e sua succube. Con le culture e le religioni patriarcali la Grande Madre scompare nel quotidiano familiare, e riemergere solo nelle metafore costituite da grandi temi: la pace nel mondo, l’accoglienza e l’integrazione, l’unione tra i popoli, la salvaguardia del pianeta, la fame nel mondo ecc. ecc. Educhiamo i nostri bambini al rispetto di qualunque essere, sia umano che animale, che appartenente alla natura! Solo così saremmo sicuri di formare dei veri uomini. In questa fiaba, ancora una volta, dee sia del mondo semitico che di quello indeo-europeo si incontrano sotto le sembianze di variopinte farfalle che combattono la demone Lilith, che riesce a penetrare nel corpo di una tranquilla colomba per trasformarla in un demone dalle manie assassine. Ma alla fine queste dee hanno la vinta e riescono a far rientrare la malvagia colomba nella sua vera dimensione, vale a dire quella di portatrice di pace e di vero amore. Tutto ciò per dimostrare che quando la mente non riesce più a controllare il proprio corpo, anche le persone più miti possono trasformarsi in efferati assassini.

Artemide (Foto presa da summagalicana.it)

Bridget – Le isole Ebridi prendono il nome proprio dalla dea Bridget. Anche l’Inghilterra del Nord, detta Brigantia, sembra derivare il suo nome da Bridget. Bridget è venerata in Irlanda anche come santa e a Lei è consacrato il monastero di Kildare. Qui è mantenuto acceso un fuoco perpetuo da diciannove monache per un periodo di 21 giorni. Bridget è considerata la patrona della Candelora, la festa solare di Fuoco. Nella tradizione cristiana, è la luce del fuoco che simboleggia la luce del Cristo.

Vergine nera di Loreto (Foto da guanciarossa.it)

Farfalle (فراشات (e colomba (حمامھ( In un piacevole prato di campagna vivevano vari animali domestici: galline, conigli, cani, oche, e trascorrevano le loro giornate con ritmi lenti e monotoni. Questa piccola fattoria si trovava di fronte ad una grande casa dove erano accolte alcune madri con i loro figli. Si facevano compagnia a vicenda. Da vari giorni una colomba di nome Hamamat (حمامات (mostrava segni di impazienza ed era particolarmente agitata e nervosa. Non sopportava più di stare sempre nello stesso posto e con gli stessi amici. Volava avanti e indietro senza una meta precisa e non voleva neppure mangiare. Tutti gli altri animali le stavano attorno, ma lei li scacciava. Un giorno di gennaio, particolarmente freddo, vide una bellissima farfalla con delle ali sottili e trasparenti, piene di colori che girava intorno cercando qualche fiore sul quale posarsi. Ma era inverno e di fiori non se ne vedeva nemmeno uno. La colomba, più grossa e più forte della piccola farfalla, cominciò a seguirla, ma la farfalla non si accorse nemmeno di lei, era intenta a cercare un fiore. Poi, improvvisamente, sparì, e la colomba non la vide più. Il giorno dopo, ricomparve, e la colomba cominciò a seguirla di nuovo, finché la farfalla infastidita le disse: Ma che vuoi da me? Perché mi segui sempre? Allora la colomba rispose: Non ho niente da fare, sono triste a stare sempre nello stesso posto con i soliti amici, e vorrei conoscerti. Forse tu mi puoi aiutare a trovare una nuova campagna dove poter incontrare nuovi animali. La farfalla, quasi impietosita dalle parole della colomba triste disse: Io volo in varie direzioni, perché devo cercare un fiore su cui posarmi e succhiare un po’ di nettare; se tu non ti stanchi puoi volare accanto a me, ma tu sei grande e voli molto più velocemente, mentre io sono più lenta. La colomba sembrò soddisfatta di questa risposta, e contenta si avvicinò alla farfalla. Vola e vola, si ritrovarono su una montagna molto alta tutta ricoperta di neve, dove finalmente la farfalla vide sbucare vari fiori bianchi: un cespuglio di edelweiss. Tutta soddisfatta si pose su di loro e ne prese il nettare. Anche la colomba sembrava felice e cominciò a scavare sotto la neve per cercare qualche mollica di pane, e finalmente ne trovò alcune. La montagna era completamente imbiancata,e la neve aveva cancellato ogni sentiero; tutto era talmente uguale anche perché il cielo non si distingueva dalla terra, poiché da esso venivano giù fiocchi enormi e senza colore. Solo le ali della farfalla erano rimaste colorate e trasparenti e rilucevano ancora di più quando si posava sul bianco edelweiss. La farfalla cercava di stare vicino alla colomba, e di comprendere il suo smarrimento trovandosi in un posto a lei sconosciuto ed, inoltre, era costretta a procurarsi il cibo con fatica; cibo che, invece, giù nella campagna trovava facilmente. Comunque, sembravano ambedue felici, e trascorrevano le lunghe giornate tranquille raccontandosi le loro vicende personali. I fiocchi di neve assumevano le forme più strane, e si posavano con leggerezza sulla neve caduta sulla montagna. All’improvviso, quando un sole forte e lucente apparve nel cielo, la montagna si riempì di fiori. Allora la farfalla cominciò a volteggiare tutt’intorno, e sciami di farfalle comparvero da ogni parte illuminando il cielo e la terra di colori meravigliosi e di forme leggiadre. La farfalla aveva ora tante amiche, e pur stando sempre vicino alla sua colomba, aveva anche altre compagne. Ma la loro presenza infastidì molto la colomba che, invece, voleva solo per sé la sua farfalla. Non voleva dividerla con nessuno, e cominciò a essere nervosa e dispettosa. La seguiva senza sosta per essere sicura che tornasse da lei. Si stava insediando nel suo corpo e nella sua mente uno spirito maligno che non la faceva ragionare serenamente. La farfalla si era accorta di questo malumore, e cercava di comprendere e rassicurare la sua colomba, soprattutto, mostrandosi benevola ed affettuosa come una mamma che vuole proteggere il suo piccolo, e lo giustifica anche per le sue malefatte. Ma la furia della colomba aumentava sempre più, e con mille astuzie cercava di farsi compatire. Ad un certo punto non resistette più e, approfittando della sua maggiore forza e della ingenuità della sua compagna, le afferrò le tenere alucce e cominciò a scuoterla fortemente. La farfalla cercava di divincolarsi, ma la presa della colomba era sicuramente maggiore. Quando le altre farfalle si accorsero di questa furia che si era impadronita della colomba, con un volo improvviso radunarono mille e mille farfalle, che gettandosi sulla colomba le procurarono un incredibile prurito su tutto il corpo. Allora la colomba dovette subito arrendersi, e, rientrando in sé, capì il male che stava arrecando alla sua farfallina. Si pentì, chiese scusa a tutte le farfalle amiche, e le ringraziò per averle evitato di commettere una grave azione. Tutte le dee, quelle del Nord come quelle del Sud, sagge e benevole, avevano scacciato il demone maligno e avevano evitato una catastrofe. In questa fiaba, ancora una volta dee del mondo semitico (Astarte) e quelle del mondo indeoeuropeo (Bridget, Minerva, Atena) si incontrano sotto le sembianze di variopinte farfalle che combattono la demone Lilith, che riesce a penetrare nel corpo di una tranquilla colomba per trasformarla in un diavolo dalle manie assassine. Ma alla fine il bene vince sul male, e riesce a far rientrare la malvagia colomba nella sua vera dimensione, quella di portatrice di pace e di vero amore. Tutto ciò, ancora una volta, per dimostrare che, quando la mente non riesce più a controllare gli istinti irrazionali, anche le persone più miti possono trasformarsi in malvagi demoni (Jinn). Questa volta ce l’abbiamo fatta, ma si spera che la cura di questi soggetti malvagi, aiutati da un contesto amorevole ma fermo, possa salvarli dalla loro malvagità.

Note

1 Smith W. R., Lectures on the Religion of the Semites, Elibron Classics, 1894: 192.

2 “And they did evil in the sight of the Lord: and they forgot their God, and served Baalim andAsharoth.” Judges iii. 7.

3 Lods A., Israel, Routledge, 1996: 133-134.

4 “Can a woman forget her infant, so as not to have pity on the son of her womb? And if she should forget, yet will not I forget thee.” Isaias xlix: 15.

5 Müller M. Physical Religion, Longman, 1898: 353-55; “And Amram took to wifeJochabel his aunt by the father’s side: and she bore him Aaron and Moses.” Exodusvi..20.

6 Il Corano, UTET, tradotto da Mandel G. 2006: 152.