Di Oreste Verrini
Ci sono gli indiani ma vado avanti lo stesso di Ennio Buongiovanni è un diario di viaggio particolare, diverso e sotto certi aspetti sorprendente.
Lo è per il percorso scelto, non proprio un tratto che molti immaginerebbero di percorrere nella loro vita: da Milano a Voltri, lungo strade trafficate. Dalle sue parole “(…) Visto che mai come in questo caso tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, decido di andare, a mia volta in solitario, alle sponde più vicine, cioè a quelle di Genova. Ma poi perché non a quelle di Voltri dove l’acqua è più distesa, colloquiale, forse anche più azzurra? Si, deciso: farò a piedi il percorso da Milano a Voltri ma non tra i sentieri, boschi, foreste, montagne, laghi, fiumi, ma lungo la striscia bianca che delimita le varie Statali e Provinciali pur percorse da migliaia di auto e di camion. Una sorta di pazzia su un itinerario senza senso, lo convegno. Ma tant’è.
Lo è per il modo in cui Buongiovanni scrive, ricco di citazioni e riferimenti; sono tantissimi. Leggendolo mi era venuta voglia di contarli: alla undicesima in sette pagine, certo di averne saltata qualcuna, decisi di desistere. Il rischio era di passare troppo tempo a cercare su internet tutti gli autori ed i libri riportati perdendo il filo del racconto e degli accadimenti. Mi sono cosi concentrato sulla lettura. Di nuovo, dalle parole dell’autore, (…) Insomma, a dispetto del “Chi viaggia leggero, viaggia felice” di Antoine de Saint-Exupéry – ma lui viaggiava in aeroplano, mica doveva andare a piedi da Milano a Voltri –, sono “cargaa come on lampedee” (carico come un lampionaio) proprio come recita un antico modo di dire milanese.
Lo è per come il viaggio diventa, dopo breve – e per somma sfortuna del protagonista –, una vera e propria lotta contro sé stesso e contro il proprio fisico; (…) i piedi mi fanno irrimediabilmente male, offesi com’erano e come sono rimasti. Mia moglie mi incalza “Non avrai mica intenzione di andare avanti?”.
“No” le rispondo. “Non avanti, ma non vado nemmeno indietro.” Irriducibile, ho deciso infatti di riposare tutto il giorno in albergo e se domani mi faranno meno male – e dovranno farmi meno male! – mi rimetterò in cammino.
“Figuriamoci, lo sapevo” mi dice, e non tenta nemmeno più di dissuadermi. Lei comunque deve improrogabilmente rientrare a Milano. E in fretta.
Non sono in gradi di accompagnarla alla vicina stazione (peccato, niente sventolii di fazzoletti bianchi); ci salutiamo sulla soglia dell’albergo.
Ed ancora: “(…) Tutti i dolori della strada è come se fossero un manipolo di Apache che mi accerchiano e mi scagliano frecce da tutte le parti. Si, ci sono gli indiani ma vado avanti lo stesso”.
Una guerra, quest’ultima, combattuta ripetutamente nel corso di due anni, su diversi fronti e con battaglie epiche si direbbe, dove Buongiovanni ha dato prova di caparbietà e resistenza davvero invidiabili.
Con una prosa attenta, ricca di dettagli, di riflessioni personali e di precisazioni storiche sul territorio attraversato, Buongiovanni riesce a dare colore e vivacità al viaggio, permettendo al lettore di immaginare il contesto, di immedesimarsi nei suoi passi spesso sofferti e di condividere i suoi piccoli trionfi quotidiani.
Ancor di più direi, spinge il lettore a chiedersi, a me è successo più volte, se alla fine riuscirà per davvero a raggiungere Voltri o dovrà rinunciare.
Un’ultima volta dalle sue parole: “(…)Questa volta, succeda quel che succeda, il mare di Voltri lo vedrò, lo dovrò vedere e più che con gli occhi, con i piedi”.
A questo punto, per saperlo, non resta che leggerlo…
Viaggi a piedi
Fusta Editore
2019
288 p., rilegato