Il viaggio in Italia di Pavel Muratov
Di Geraldine Meyer
Probabilmente la chiave di lettura, o una delle chiavi di lettura di questo straordinario, coltissimo e lirico Immagini dell’Italia di Pavel Muratov, è proprio nel titolo. Immagini dell’Italia e non dall’Italia suggerisce, evoca qualcosa scritto non come rivolto a un destinatario a cui far giungere qualcosa da un luogo ma, semmai, come qualcosa che ha come destinatario colui che scrive, in primis. Immagini dell’Italia come uno sguardo reciproco, come un guardare guardandosi.
Un libro non facile per molti aspetti e non certo per lo stile quanto, semmai, proprio per il tono e l’angolazione. Chi si aspetti un libro di viaggio dovrà, quanto meno, spostare la prospettiva con cui solitamente si intende il viaggio stesso. Lo scrive subito, in apertura, Katja Petrowskaja, nel bellissimo saggio I destini dei libri magistralmente tradotto da Valentina Parisi: “Non è facile spiegare al lettore italiano – viziato dall’ammirazione generale tributata al suo meraviglioso paese – il significato del libro che si trova davanti. L’Italia è sempre stata amata in ogni epoca e luogo, è stata decantata, esaltata, tempestata di baci, le sono stati dedicati innumerevoli studi. Eppure, perfino in quest’ultimo ambito, Immagini dell’Italia resta un testo eccezionale per intonazione e fascino, per genere letterario e destino.” Dunque un testo eccezionale per intonazione. Che è esattamente quello che colpisce maggiormente. E per destino perché, è sempre la Petrowskaja a scrivere: “Per qualche misterioso motivo, nonostante Pavel Muratov sia ben noto agli slavisti italiani, Immagini dell’Italia non è mai stato tradotto integralmente in italiano. Una vicenda davvero curiosa, non fosse altro per la capacità di questo testo di concentrare in sé amore e conoscenza. […] Dunque Immagini dell’Italia diventa suo malgrado un libro di esuli: di chi cioè non tornerà più in patria, ma anche di chi non potrà mai lasciarla. I primi, esiliati da casa, dal proprio paese; i secondi, esiliati dal mondo, in quanto privati della possibilità di vederne altri. […]un testo concepito come un viaggio o un invito al viaggio, come stimolo a leggere e a partire, si tramuta definitivamente in una sorta di lettura spirituale […]ossia si trasforma in un’occasione di autotrasfigurazione, di realizzazione personale – riservata ovviamente a quei pochi che potevano leggerlo. Dal 1917 al 1933, in Russia e in Unione Sovietica, il libro non verrà infatti mai pubblicato.”
Noi invece, grazie ad Adelphi, questo libro possiamo leggerlo, trovandoci tra le mani un testo, primo volume di un lavoro ben più vasto, in cui lo sguardo, l’immagine e, per estensione ciò che da lei scaturisce e cioè l’immaginazione, vengono passate al vaglio e come “verificate” dalla conoscenza, dalla cultura e, certo, da una immensa erudizione. Che però, mai, in nessun momento, appesantiscono la lettura delle pagine.
Muratov, di cui Rita Giuliani ricostruisce una attenta e approfondita biografia a fine volume, ci conduce a Venezia, poi a Ferrara, a Padova, a Bologna per arrivare poi a Firenze proseguendo poi a Prato, Pisa, Pistoia, Lucca, in un rosario di luoghi che, nelle sue pagine, diventano un mirabile racconto dell’arte e della bellezza del nostro paese. La meraviglia di opere della pittura, della scultura e dell’architettura, il florilegio di nome di artisti noti e meno noti non resta mai sul livello della mera erudizione ma, sempre, vengono raccontati come fossero, appunto, tappe di un viaggio prima di tutto interiore e, per questo, lirico prima ancora che odeporico e artistico.
Per ogni luogo, per ogni opera, Muratov tesse una trama di racconto che non disdegna, e neanche teme, la cifra sentimentale dell’intonazione complessiva del libro. Che è sì un mirabile testo di storia dell’arte ma, anche e soprattutto, un’opera letteraria e umana di immenso valore. Vi sono in questo Immagini dell’Italia pagine sublimi in cui i luoghi vengono raccontati, descritti e immaginati come teatro e scenografia imprescindibili per comprendere l’umano e l’umanità. Esempio altissimo le pagine dedicate a Venezia e a Casanova o quelle in cui Firenze diviene un’altra pagina tra quelle scritte da Dante. Vi è l’alto e il basso in questo libro, la magnificenza dell’arte e le strette vie delle città viste e raccontate, il sublime della creazione e l’umana carnalità della vita e delle opere d’arte. Basti, come piccolo e non certo esaustivo esempio, leggere cosa Muratov scrive di Pisa: “A Pisa è opportuno recarsi quando piove, per apprezzarne al meglio la particolare bellezza. Facile a farsi, poiché si tratta di una delle città più piovose d’Italia. Con la pioggia, le nuvole scorrono veloci sul litorale, e i monti si fanno di un azzurro più intenso; con la pioggia, l’Arno s’ingrossa e sospinge con maggior vigore le torbide onde verdi. Con la pioggia, le vie sono più deserte, e più belli gli antichi marmi ingialliti.”
La stessa cura lirica e meravigliata Muratov la dedica al racconto dei maggiori capolavori dell’arte italiana, tessendo un lavoro che è, prima di tutto, alta letteratura a sostegno di una cultura vasta e profonda, ma mai fredda o didascalica. È l’umano e l’emozione ad avere condotto i suoi passi e la sua scrittura.
Saggio
Adelphi
2019
465