Viale dei silenzi, di Giovanni Agnoloni
Di Oreste Verrini
Leggo Viale dei silenzi, titolo della collana Fuori Rotta di Arkadia Editore e ultima pubblicazione di Giovanni Agnoloni, mesi dopo la quadrilogia distopico filosofica sul crollo di internet e con estremo piacere ritrovo alcune di quelle atmosfere. Non che i libri si assomiglino, non fraintendetemi. Ci sono però dei richiami, momenti intimisti, di forte riflessione capaci di accendere sensazioni mai dimenticate. Succede quando il passato si fa presente oppure quando delle intuizioni – più o meno intenzionali – guidano il protagonista verso la giusta direzione.
È un po’ come tornare ad ascoltare un suono capace da solo di catapultarci in una musica familiare e piacevole.
Il protagonista è uno scrittore, fuggito da Firenze e dal proprio passato, pieno di dubbi e di domande a cui non riesce a dare una risposta. Una di queste, centrale, è legata alla scomparsa del padre e a quello che, una mancanza di quel tipo, si porta dietro “(…) Così ripenso al nostro rapporto: una curiosa miscela di formalismo e confidenza, distanza e intimità. Una successione discontinua di fasi in cui non erravamo mai veramente arrivati a conoscerci. Tu, uomo d’affari, personificazione della concretezza, spesso risuonavi con me in dissonanza soprattutto da quando la mia mente era stata permeata dalla letteratura. Eppure, fino all’ultimo mi avevi sempre seguito con affetto. Ma allora – ancora una volta – perché eri svanito nel nulla?”
Ed ancora “(…) Per recuperare il bandolo degli eventi della tua vita avrei dovuto percorrere fino in fondo quel gioco di specchi deformanti, e raggiungere chi forse poteva somministrarmi una goccia di informazioni capaci di alimentare la mia speranza. Di ritrovarti? Probabile. Nonostante il sordo rancore che provavo verso di te, sentivo l’esigenza di capire.
Nella sua capacità di affondare in riflessioni profonde, abili a scavare nell’animo del protagonista, messo a nudo da un’azione continua di domande, di immagini passate, di ricordi, Agnoloni mette in mostra una competenza notevole ed una profonda conoscenza dell’animo umano. Come non immedesimarsi in Roberto, come non rivolgersi le stesse domande e vivere per riverbero le stesse emozioni?
“Comunque, avevo capito fin da allora che mi avresti fatto soffrire. E non mi ero sbagliato. Anche se la tua scomparsa mi aveva costretto a farmi avanti, dandomi tutto alla scrittura, sbandando per Valeria e provando a ripartire quando mi sentivo praticamente finito. Senza quella solitudine – questa solitudine, che durava ancora – non ce l’avrei fatta: non sarei arrivato quasi a completare quel romanzo in cui tu, attraverso le mie stesse parole, mi palavi, e non sarei ripartito per avvicinarmi a te”.
Abilità che non viene meno nel raccontare una storia arricchita, nel proseguo delle pagine, dalla comparsa di altri protagonisti e colpi di scena che si susseguono fino a raggiungere un finale sorprendente, capace di strapparmi un “Eh bravo Giovanni!”. Il tutto guidato da una specie di filo rosso – forse mai davvero citato – teso tra gli attori principali e i comprimari, onnipresente come un fato ineluttabile.
Certi incontri sono inevitabili, qualsiasi scelta faremo o strada percorreremo: a quegli incroci arriveremo sempre, questo sembra dirci Agnoloni. E se penso a come ci siamo conosciuti, non posso che immaginare abbia maturato l’idea pescando a piene mani dalla propria vita.
Post scriptum: stavo leggendo il primo libro della quadrilogia sopra citata quando un comune amico, seppur solo per e-mail, ci presentò. Lessi il nome in copia e poi citato nel testo. Mi suonò familiare, ma non lo associai immediatamente. Ci vollero minuti passati a chiedermi come mai mi ricordasse qualcuno. Quando chiudendo la copertina l’occhio cadde sul nome dell’autore tutto fu chiaro.
Narrativa
Arkadia Editore
2019
136 p., Brossura