IL “TEMPO DELLA VITA”
Di Adriana Sabato
Il tempo è fermo in questi giorni – interminabili – di attesa.
Attendiamo, come in un concerto di musica classica, che il primo tempo compia il suo percorso melodico evolutivo, tracci il suo cammino fatto di esposizione, sviluppo e ripresa, per poi passare al secondo tempo (detto anche movimento).
Nell‘esposizione il musicista propone due idee musicali (due temi), di solito dal carattere contrastante: se il primo risulta drammatico, il secondo dovrà, per contro, apparire sereno e disteso.
Lo sviluppo elabora il materiale tematico (temi musicali) presentato nella sezione precedente.
Nella ripresa, che conclude la forma, vengono riproposte le idee musicali presentate nell’esposizione.
Ma, quanto durerà questo percorso, in questi interminabili giorni di attesa?
E adesso dove ci troviamo: nell’esposizione o nello sviluppo?
Nella ripresa, certamente no.
Questo, tutto questo, accade nella musica classica, assoggettata al principio, mai rigido, ma in continua evoluzione, di “soddisfazione di un’attesa” dell’armonia tonale, che vede “risolvere” la tensione della “sensibile”, cioè la nota più sospesa, (come potrebbe essere una serie di puntini sospensivi) sulla tonica, e quindi sulla conclusione finale che riafferma la tonalità, ossia, il carattere della composizione.
Tutt’altro il discorso nella musica contemporanea. Essa non possiede più alcun punto di riferimento, se non il disordine e la ricerca creativa di un sovvertimento dell’armonia originaria, in quanto ricerca di se stessa.
La musica e il tempo sono strettamente legati.
Cos’è il tempo? si chiedeva Sant’Agostino, se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo so.
La musica, sembra rispondere Luca Francesconi, ha la capacità quasi magica di giocare con un’entità di cui non sappiamo nulla: il tempo.
Creare qualcosa che prima non c’era: giocare cioè con la possibilità di distribuire delle qualità, sensazioni di diverse tensioni, dalla più morbida, leggera, trasparente, alla più densa e complessa, in un certo arco di tempo, questo è la musica.
Essa è la somma di tante velocità contemporaneamente e possiede persino la capacità di sospendere il tempo.
Come? La risposta si può trovare negli scritti del filosofo Henry Bergson.
Nella vita quotidiana ordinaria, nel cosiddetto tempo della scienza, secondo il filosofo, quando si parla di tempo, tutti noi, istintivamente, pensiamo ad una categoria oggettiva, nel senso che esiste un solo tempo: quello segnato dalle lancette dell’orologio.
La nostra coscienza, in base alla metafisica bergsoniana, è in continuo svolgimento: non si tratta di attimi separati e accostati l’uno all’altro, ma di un flusso continuo che come “collante” ha la memoria, e la cui unica legge è la sensibilità. La coscienza dunque percepisce il tempo da un punto di vista qualitativo, applicando il filtro dell’emotività.
Si tratta del cosiddetto tempo della vita: quello che forse stiamo imparando ad apprezzare in questi interminabili giorni di attesa.
Fonti
Bergson, in Storia del pensiero filosofico e scientifico a cura di L. Geymonat, Milano, Garzanti, 1973