<<… Qui qualcuno ha osservato che gli scrittori non possono restarsene zitti e fermi, che devono conoscere la vita del loro paese. L’uomo è trasformato dalla vita, e voi dovete aiutarlo nella trasformazione della sua anima. La produzione di anime umane è importante. E per questo brindo a voi scrittori, perché siete ingegneri di anime.>> Cosi leggiamo a pagina51 di questo Ingegneri di anime. Si tratta di un frammento tratto da un discorso di Stalin agli scrittori russi riuniti nella casa di Gor’kij il 26 ottobre 1932, e riportato a pagina 357 della bibliografia
<< La lingua russa ha ricevuto una frustata sotto la regia di Gor’kij, è diventata più vivace, meno atemporale. E l’estetica? Con tutta questa fretta non viene forse calpestata o dimenticata? No, sostiene Gor’kij, l’estetica proletaria è l’estetica della costruzione e della produzione. La costruzione e il processo produttivo hanno una bellezza intrinseca. Una diga di sbarramento alta quaranta metri su un fiume non è forse bella da togliere il respiro?>>, leggiamo ancora, a pagina 161 di Ingegneri di anime.
Il libro di Westerman parte dal presupposto che la letteratura e la vita produttiva, in termini più generali la cultura e la vita produttiva del settantennio comunista sovietico (1917-1992), costituiscano un esperimento sociale fondato su una sorta di variante e di riproposizione del dispotismo asiatico dell’antichità. Questo sostiene Karl Wittfogel testo-guida di Westerman, nel suo libro Il dispotismo orientale che, ispirandosi a quanto scoperto da Marx nel 1853, ritiene che le società fondate su grandi progetti idraulici che richiedono il lavoro forzato di grandi masse di uomini, siano dispotiche.
Questo spinge la ricerca di Westerman lungo una linea che partendo dai progetti di costruzione dei canali da Mosca al Baltico, da Mosca al Volga (realizzati negli anni trenta) da Mosca al Don e al Dnjepr (Volga Don non realizzato) e in letteratura, da Gor’kij si muove verso Paustowskij , Pil’niak e Platonov, fra i maggiori scrittori sovietici, sulla base di quanto sostenuto dal professor Wittfogel che <<i sistemi di irrigazione producono regimi dittatoriali>>. Niente di meglio dunque per Westerman, a sua volta laureato in ingegneria idraulica, che studiare sul campo le opere degli scrittori sovietici legate all’irrigazione ed alla modificazione del corso di due fiumi che tutti scorrono su terreno russo: il Volga e il Don.
La costruzione di due canali, quello navigabile da San Pietroburgo fino al Mar Bianco attraverso i laghi Ladoga ed Onega (Il Belomar descritto nell’opera letteraria collettiva di Gor’kij dallo stesso nome) il Mosca Volga e l’ultimo che dovrebbe mettere in comunicazione il Volga con il Don descritto nell’opera dello scrittore ed ingegnere Andrej Platonov, Le chiuse di Epifan’ ed altri racconti. A ciò si aggiunge l’opera idraulica relativa al Caspio e al golfo di Kara-Bogaz, bene illustrata da Kostantin Paustovskij.
In pratica Westerman scopre affinità sorprendenti e identità di conclusioni fra l’opera di Wittfogel sul carattere dispotico alla base delle opere idrauliche dell’antichità e i racconti sovietici di Platonov (144 e sg.) Per questa ragione si cimenta in due viaggi importanti. Va da Mosca a Murmansk fino alle isole Solovkie, sede di un Gulag fra gli anni venti e trenta in cui morirono molti intellettuali e scrittori, fra cui per esempio, il teologo Florenskij, e da Mosca fino al Mar Caspio e all’odierno Turkmenistan, che descrive in modo ironico e colorito (si veda Rab-Rabocij soprattutto 233-240, con il viaggio in aereo fino alla capitale del Turkmenistan ed al Mar Caspio). Qui emerge l’altro elemento che sottende tutto il testo di Westerman: l’importanza della nominazione e della rinominazione dei luoghi in età sovietica comunista, il cambiamento semantico che si opera in modo evidentissimo nella struttura e nel significato delle parole: << Rab (schiavo) divenne rabockij. (lavoratore), gospodin (signore) fu trasformato in tovarisc (compagno) e l’individualista che deviava dal collettivo fu chiamato vrag naroda (nemico del popolo). La visione delle cose dipendeva da come le chiamavi, ecco il fulcro della semantica socialista).>>.
Per comprendere il senso fondamentale della rinominazione delle cose si legga pagina 240: <<Gli “ingegneri di anime” avevano un compito perlomeno di pari importanza (a quello dei cosiddetti fiziki dei costruttori di opere gigantesche idrauliche) dare forma al nuovo ordine rinominando il mondo. Dalla A alla Z, semplicemente, come Adamo in Paradiso>>. Questo piccolo paragrafo ed i seguenti sono fondamentali perché spiegano, insieme, l’esperimento sociale sovietico con le sue conseguenze semantico-lessicali e il significato della citazione dal Cevengur di Andrej Platonov in apertura di testo: <<A diciassette anni Dvanov non aveva ancora una corazza sul cuore né la fede in Dio né un altro lenimento intellettuale; non attribuiva un nome estraneo alla vita senza nome che gli si spalancava davanti. Però non voleva che il mondo restasse innominato, aspettava soltanto di sentirne il nome proprio anziché appellativi inventati all’occorrenza>>, Con questo si è al fondamento diciamo così, nominale e semantico caratterizzante l’Unione Sovietica culturalmente e al livello della produzione.
Questa innovazione relativa ai nomi però avviene in un contesto autarchico dominato dalla censura (sulla censura sovietica il giardino dei ciliegi di Stalin 196 e sg). <<L’autarchia era tenuta in gran conto. Chi, come i sovietici voleva far nascere una società completamente nuova, doveva limitare al massimo gli influssi esterni. E all’interno di spazi sperimentali delimitati da torrette di guardia non ci si poteva accontentare di costruire palazzi per i sindacati, abitazioni collettive o dighe di sbarramento colossali>>. Era necessaria appunto, una rinominazione, come un tornare ad Adamo, nel paradiso terrestre per costruire una sorta di “paradiso” socialista.
Tutto il libro si svolge sui due piani, della narrazione letteraria e della narrazione dei viaggi dello scrittore che segue prima le orme di Gor’kij, poi le interseca con le sue, e poi quelle di Platonov e Kostantin Paustovskij, sempre intersecati fra loro con uno sguardo alla Russia attuale, che non ha certo perduto in dispotismo e sviluppo di una sorta di diversa autarchia. Le pagine sul Turkmenistan attuale e su quello sovietico sono fortemente illuminanti al riguardo. La Russia sovietica ha perduto la sua battaglia, ma ciò che è seguito, fa comprendere Westerman, non è migliore dell’esperimento socialista, né è molto diverso da esso. Un libro molto interessante dunque, che appare in Italia diciotto anni dopo la pubblicazione in Olanda. Ci sono motivi per leggerlo con cura.
Completano il testo una cartina dell’ex URSS con i canali di deviazione dei fiumi progettati e note bibliografiche e ringraziamenti.