Questa intervista è stata fatta quando eravamo in pieno lockdown (ndr)
Banco del Mutuo Soccorso e Transiberiana. Intervista al cantante Tony D’Alessio.
Di Carmine Maffei
Ricordo che era estate, e da poco avevo compiuto ventidue anni.
Ricordo la mia piccola Peugeot che percorreva la strada, tortuosa e stretta, e che ci portò fin su a quel paesino dell’alta Irpinia: una festa patronale, suppongo, ma che avrebbe condizionato per sempre il mio modo di concepire l’ascolto di un live. Lassù, in quel posto dove la frescura subito prendeva piede col calar della sera, si accesero i riflettori su un palco nella piazza principale, e quello stage avrebbe ospitato uno dei gruppi più importanti della musica rock progressiva degli anni Settanta: il Banco del Mutuo Soccorso. Dal petto del cantante Francesco Di Giacomo esplodevano parole che bruciavano, che incuriosivano e stordivano, che lasciavano interdetti l’ascoltatore più attento e il filosofo più erudito. Agguantava il microfono e recitava canti che raccontavano di un’Italia che non esisteva già più, che aveva già perso da decenni quella capacità di contraddistinguersi con ideali che avevano assediato piazze e sommosso movimenti, cortei, scuole.
Nelle pause strumentali si scostava con educazione, senza improvvisare balli o espressioni da esibizionismo: sembrava un attore che pareva concentrarsi nel pensare alle sue prossime parti.
Vittorio Nocenzi, alle tastiere, era un incredibile virtuoso, e fondeva la cultura della musica classica con la velocità e la potenza del rock d’antan, quello nobile che insieme ad altre geniali menti dell’epoca aveva contribuito nella sua creazione, mettendo un accento di tutto rispetto nella storia della musica. Alla fine del concerto noi musicisti ci avvicinammo alla band. Io, un po’ timido, espressi le mie congratulazioni al chitarrista Filippo Marcheggiani, che militava col Banco già dal 1994, nonostante ancora la presenza di un altro immenso, oggi, compianto musicista, Rodolfo Maltese.
Tony D’Alessio, Filippo Marcheggiani e Vittorio Nocenzi: il resto è storia
Un anno prima avevo partecipato ad un festival, e la mia band apriva il concerto degli ospiti principali. Una volta in platea, assistetti insieme al pubblico all’esibizione dei Guernica, e alla fiammante performance di uno dei vocalist più interessanti che avessi mai potuto ascoltare, Tony D’Alessio. Con un atteggiamento fiero, uno sguardo tagliente e un abbigliamento da pirata sbatteva la sua chioma lunghissima fino al pavimento, e si esibiva in “scream” paurosissimi, e poi d’improvviso, sfoggiava una voce delicata e suadente, precisissima, di un’estensione vocale incredibile. Non conoscevo allora né lui né Filippo Marcheggiani, ma l’anno successivo, a quel concerto del Banco del Mutuo Soccorso lassù, in quel paesino irpino, quando a quest’ultimo strinsi la mano, mi raccontarono che proprio con Tony D’Alessio aveva dato vita a un gruppo heavy metal, gli Scenario. Fra me e Tony, nel frattempo era nata una rispettosa amicizia. Avevo apprezzato le sue indescrivibili semplicità ed umiltà, e avevo compreso che l’atteggiamento da rocker estremo, sul palco, non erano che le movenze di un interprete professionista, di un attore che rispettava il suo ruolo, proprio come Francesco Di Giacomo. Con lui avevo avuto ancora modo di condividere lo stesso palco. Tony D’Alessio militava nel rock già dal 1987, ed aveva partecipato ad importanti progetti di metal estremo e di rock progressivo, dove spesso le due categorie si erano unite in qualcosa di mostruosamente interessante.
Aveva già vinto dei premi ed ottenuto dei riconoscimenti. Molti anni dopo l’ho rivisto in Tv, al programma di X Factor, mentre per un pelo non vinse la gara, insieme agli Ape Escape; aveva partecipato al musical “La leggenda di Thor”, nella parte di Odino, padre del protagonista; avevo visto comparire le sua firma per la direzione artistica del musical “Masha e Orso”. Era coautore e speaker di programmi radiofonici di uno spessore culturale musicale immane, dove narrava le storie dei gruppi rock più importanti.
Il 21 febbraio 2014 il cantante del Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo, muore all’improvviso, in un incidente stradale. La notizia fu un fulmine a ciel sereno. Ricordo che al solito scialbo festival di Sanremo per qualche minuto si fermò tutto, e il pubblico scattò in piedi in un applauso scrosciante. Notai qualche musicista che piangeva. Rimasi impietrito.
Il Banco del Mutuo Soccorso sembrò intravedere la fine anche quando nel 2015 morì il chitarrista Rodolfo Maltese. Qualcosa però gridò forte in quei momenti: capolavori come “Darwin” (1972), “Banco del Mutuo Soccorso” (1972 – con la celebre copertina col salvadanaio-), “Io sono nato libero” (1973) non potevano perire ed essere dimenticati. Chi era scomparso non avrebbe accettato una fine simile. Il discorso fu ampliato proprio dall’amicizia di Tony D’Alessio con Filippo Marcheggiani, oltre che con la stima che esisteva da anni tra il cantante ed il fondatore e compositore principale del Banco, Vittorio Nocenzi. L’intesa, probabilmente, è stata reciproca ed ha segnato di nuovo l’inizio di un ritorno vittorioso. Tony D’Alessio è approdato nella band grazie sicuramente all’approvazione del fondatore Vittorio Nocenzi, e alla conoscenza con Filippo Marcheggiani, ma senza sottovalutare la sua bravura eccelsa e le sue qualità canore che non conoscono troppi paragoni. Però il confronto, senza dubbi, con un pilastro importante come Francesco Di Giacomo ha comportato una grossa responsabilità, per fortuna una priorità per il cantante originario di Nocera Inferiore, che ha conservato negli anni, nonostante i successi raggiunti, nondimeno quest’ultima grande conquista morale e professionale, un’umiltà che appartiene a rarissime persone.
Transiberiana
Ho telefonato Tony D’Alessio, durante i giorni di lockdown, e abbiamo parlato di “Transiberiana” (2019), l’ultimo album del Banco uscito a ben ventidue anni di distanza dall’ultimo. “Transiberiana” non disunisce i tempi di una volta con quelli correnti, come qualche scettico potrebbe pensare. L’album si concentra ovviamente sulla tradizione più pura e cupa dell’elemento essenziale che ha fatto grande il progressive italiano, il concept, ma contempla un discorso che può risultare valevole ora, ancor più di quarantacinque o cinquant’anni fa.
La copertina è un richiamo fortissimo al famoso “salvadanaio”, con su il percorso lunghissimo del treno che pare voglia solcare un tappeto notturno e luccicante di “stelle sulla terra”.
Il viaggio, più che immaginario, è davvero sentito, e lo sferragliare del treno che parte da Mosca e arriva fino alla Russia Orientale più estrema, fino al Mar del Giappone, segue un percorso che sa di sacrifici, di limiti umani, di ostacoli da superare ad ogni stazione. C’è l’immaginifico, ma anche la probabilità di affrontare per davvero una distanza che sa dell’impossibile, tra temperature ghiacciate, percorsi innevati e gulag che imprigionano sogni ed aspirazioni; c’è “l’imprevisto”, c’è la battaglia con un branco di lupi; c’è la speranza di ritrovare un campo di fragole, seppur sepolto da una coltre bianca; c’è infine la suadente voglia di respirare l’aria del mare, intesa come una liberazione agognata, una conquista in seguito ad una battaglia.
L’eco fortissima della capacità di una composizione eccelsa come quella di Vittorio Nocenzi, pietra miliare fondamentale della musica italiana da quasi cinquant’anni, non corrisponde certo alla ripetitività, dopo mezzo secolo di una più volte calpestata caparbietà di virtuosi musicisti di tale calibro. Nei brani c’è la classicità, ma anche la freschezza di chi ha sentito il bisogno di coniare ancora un sogno, di contemplare la preziosa assenza di chi non è più.
Tony D’Alessio, all’ennesima valevole prova di sé stesso, forse finora la più importante, è una voce sorprendente, che ripercorre con rispetto le gesta di Francesco Di Giacomo, ma conquista a sua volta una sua personalità, sinonimo di un’originalità, che nell’emulare avrebbe perso di preziosi impulsi naturali.
Intervista a Tony D’Alessio.
“Sono a Vietri sul Mare, dove vivo attualmente, ma di mare non vedo nulla dalla mia finestra”, scherza al telefono Tony D’Alessio, mentre si prepara a rispondere all’intervista.
Allora, Tony. Scegliendo ogni volta una frase di alcune canzoni scelte da “Transiberiana” ne trarrò una domanda tematica. Ci stai al gioco?
“Certo, amo giocare!”
“L’imprevisto è solo l’occasione per cambiare / non aver paura, è una strada nuova che si apre” ( da “L’Imprevisto”).
Hai maturato tante esperienze nella tua carriera. Quanto c’è di imprevisto, e quanto non c’è, nel sogno che stai vivendo accanto al Banco del Mutuo Soccorso?
“Domandona! Il più grande e doloroso imprevisto è stato sicuramente la perdita di Francesco Di Giacomo e poi di Rudy (Rodolfo Maltese –n.d.r.), atroce per tutti noi fans. Ma da questa tragedia è nata l’esigenza di risorgere anche per rispetto ai concetti generati dai testi e dalla musica del Banco. Quindi il mio ingresso nella band arriva da un terribile imprevisto, che mi ha permesso di contribuire alla sua importante storia”
“Se stai solo contro il branco / strazieranno la tua carne” (da “L’assalto dei Lupi”).
Quali opportunità ti ha offerto X Factor e quante altre credi ti avrebbe impedito questa macchina televisiva?
“Stare soli contro il branco potrebbe sembrare un inutile rischio…Ma di certo non passi inosservato se sei contro da trent’anni. Anzi, è l’occasione per ritrovare chi hai incontrato in passato e riunirsi ad un pubblico più vasto, cosa fondamentale per chi lavora nel mondo dello spettacolo. Se fossi rimasto lì, avrei sicuramente dovuto rinunciare alla qualità della mia musica”.
“Puoi comprare ogni comfort e poi passarci la vita muto” ( da “I Ruderi del Gulag”).
Quanto credi alla possibilità, oggi, di una vita di tutto rispetto, a cui si dedichi la propria passione a tal punto da costruirci una carriera? E quanto rischio c’è nel rimanere “scottati” e costretti ad un eterno mutismo e servilismo convenzionali?
“Devi saper restare muto e aspettare la tua occasione per liberarti dalle gabbie. Se vuoi essere contro, ti servono qualità ed argomenti indiscutibili, solo per avere una chance ed essere credibile per chi ha i mezzi culturali ed intellettivi per andare oltre le apparenze. Non mi compri con una bella auto, o con un lusso qualsiasi. Ma con l’amore e la passione sincera mi leghi per sempre!”
“Tornerò a respirare il mare / accompagnarmi alla riva” (da “Eterna Transiberiana”).
I tempi difficili che sta vivendo ora un musicista professionista, o comunque un artista, la cui categoria di mestiere di tutto rispetto non è stata per nulla menzionata nelle attuazioni governative di una ripresa nella fase 2, hanno messo a rischio il suo contatto diretto col pubblico, quindi i live, ossia l’unica possibilità di un rientro delle spese. Quando credi, e con quali mezzi, riuscirete voi del Banco “a respirare” assaporando la brezza del mare alla fine di questo incubo che sa tanto di concept album?
“Serve tempo per fare chiarezza, soprattutto quando gli obiettivi sono sempre stati elevati. La professione che abbiamo scelto soffre da sempre dell’insensibilità sociale. Basta pensare a quanti grandi del passato sono morti in povertà. Oggi il mercato osanna il nulla, ragazzini tossici che parlano di droga e sesso, molto spesso per sentito dire o per ruolo. Se vuoi fare soldi devi defecare sulla tua anima. Io mi accontento di quello che sono e cerco di dare tutto il possibile al pubblico!
Il Banco? Il Banco torna sempre, perché è un’idea che non puoi fermare: cambiano gli attori in scena ma non l’essenza…e sul palco con noi ci saranno sempre tutti quelli che a questa idea hanno dato forza, forma e sostanza!”.