L’UMÓN di Paolo Rovati
Di Paolo Massimo Rossi
Un’indagine condotta dal Maresciallo Amleto Scotti, con il buon senso che solo un intelligente e saggio sottufficiale dell’arma può infondere nella propria attività.
E Rovati impregna la storia proprio di quel buon senso.
Metaforicamente, il romanzo parla del problema della verità, che è sì il problema di fondo dell’uomo ma, minimalisticamente, quello del Maresciallo Scotti, che quella verità cerca attraverso certezze morali rese possibili dal confronto con la propria esistenza.
D’altra parte, William Faulkner, che sugli uomini e sulla scrittura che li descrive aveva qualche competenza, diceva che gli investigatori – quelli di cui si nutre la letteratura poliziesca virata al romanticismo – in realtà non esistono. Maigret o Nero Wolfe o Hercule Poirot servono per gratificare la vanità letteraria (e commerciale) dei loro inventori e per il passatempo, da usare contro la noia, dei lettori: in parole povere, quegli investigatori non si fanno amare.
Dunque, i risultati che la polizia ottiene non dipendono né dalla fine psicologia né dalla intelligente perspicacia di piccoli-grandi geni del crimine ma, essenzialmente, dalla delazione e, pertanto, non sono quegli investigatori, ormai entrati nell’iconografia collettiva della letteratura “gialla”, a catturare gli assassini in fuga, quanto piuttosto la polizia ordinaria. Nel nostro caso: Amleto Scotti.
Con questo discorso voglio forse sminuire la possibilità di provare un possibile piacere che la lettura dell’Umòn di Paolo Rovati ci può dare? No, tutt’altro! La bravura dell’autore sta proprio in questo: suscitare l’interesse del lettore (anche di quello più smaliziato e più esperto del genere), per i modi e la saggia serietà di Amleto Scotti che pazientemente indaga, parla, si stupisce ed esplora il mondo.
Contrariamente a quanto accade per i protagonisti dei polizieschi di cui si parlava più sopra, si finisce istintivamente, e inevitabilmente, per tifare per il maresciallo Scotti, un uomo che riesce a parlare, con astuzia e semplicità quasi contadina, al mondo che lo circonda: sia quello dei benpensanti e benestanti, sia quello dolente dei diseredati che l’arte di arrangiarsi ha posto al limite o fuori della società.
Una notazione ultima ma non ultima: la ricchezza umana e letteraria dei personaggi, con i loro nomi dialettali resi tanto impossibili quanto possibili, permette una lettura che non può che far desiderare di arrivare a una conclusione. Quella a cui il Maresciallo arriva un po’ per acume e un po’, ovviamente, per caso.