Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Sine die. Cronache del confinamento

Di Geraldine Meyer

Confesso che, quando ho iniziato a leggere Sine die. Cronaca di un confinamento di Eric Chevillard ho temuto di trovarmi tra le mani un banale diario dalla quarantena. Invece è bastato proseguire la lettura di qualche pagina per accorgersi che quello da poco pubblicato da Prehistorica Editore è qualcosa di più. Sine die è di certo un libro che prende a pretesto il lockdown imposto al mondo per intingere la penna in una materia ben più vasta. Che è la materia di cui tutti siamo fatti, di cui è fatto il nostro mondo e, soprattutto, le nostre bugie.

Sì, perché c’è un aspetto che più di tutti colpisce in questo testo ed è l’umorismo un po’ cinico con cui smaschera le menzogne e l’ipocrisia di cui, tutti, chi più chi meno, abbiamo ammantato la recente quarantena. Un evento che ha fermato tutto, che ha costretto ad annullare più che a rimandare ci ha catapultato dentro le nostre debolezze, dentro le scuse che, finalmente, non eravamo più costretti ad inventare per non fare ciò che avremmo dovuto.

Pagine di sottile, lucida e spietata antropologia, verrebbe da definire quelle che compongono questo diario. Che, in realtà, più che un diario appare come un vero e proprio libro a sé stente, che avrebbe dignità di libro anche senza il coronavirus che ne costituisce sì, come detto prima, il pretesto ma anche il convitato di pietra.

Eric Chevillard

In queste pagine che prendono il numero dei giorni della quarantena sono disegnati tutti i luoghi comuni, le bugie e i buoni propositi che ci siamo raccontati e che abbiamo visto sciogliersi come neve al sole appena finiti gli arresti domiciliari. Avremmo dovuto, disponendo finalmente di tutto il tempo che ci siamo sempre lamentati di non avere, dedicarci a passioni e a realizzazioni di capolavori nel cassetto. Invece ci siamo trovati, chi più chi meno, a cercare qualcosa che, più banalmente, ci distraesse da quella lunga, lunghissima domenica, noiosa e mortale come il virus. A tal proposito, bellissime e lancinanti le righe in cui l’autore si inventa di improvvisi ritrovamenti di cadaveri, composti, senza segno alcuno di malattia, ma solo morti di noia. Perché ora il vaccino più urgente sarebbero gli abbracci.

Non a caso l’autore, ad un certo punto, cita Cioran e il suo Sommario di decomposizione in cui scrive: “Se i pomeriggi domenicali si protraessero per mesi, dove andrebbe a finire l’umanità, emancipata dal sudore, libera dal peso della prima maledizione. […] L’esistenza, nella vacanza assoluta, mostra tutta la propria finzione.” E allora, ammettiamolo, tranne forse qualche fortunato che, in quei mesi ha trovato l’illuminazione, tutti noi abbiamo finto, abbiamo fatto melina con la vita, abbiamo realizzato una gigantesca rappresentazione. Abbiamo persino mutato il linguaggio, bandendo parole che non avevano più senso, non nominavano più niente.

Sine die ci ricorda che siamo animali gregari che, seppure nel distanziamento fisico, abbiamo fatto tutti le stesse cose, compiuto tutti gli stessi gesti. Miliardi di teste impegnate a pensare, tutte, la stessa cosa. Il Covid 19 come rito collettivo che ha mostrato ciò che davvero siamo. Nessuno è cambiato durante questa quarantena, ciascuno è diventato semplicemente ciò che è. Questo ci dice questo libro, oltre a mettere in ridicolo l’illusione di cui molti si sono nutriti e cioè quella secondo cui il mondo sarebbe cambiato e ne saremmo usciti migliori. Lo scrittore, già in quei giorni, diceva che tutto sarebbe tornato esattamente come prima. Perché non poteva essere diversamente.

Belve in gabbia, questo siamo stati per mesi, improvvisamente soli con noi stessi o in compagnia di qualcuno di cui, per la forzata presenza, ci è diventato insopportabile. Sine die è un libro che con l’ironia e il sarcasmo lascia ferite molto profonde alla nostra innata tendenza a prenderci in giro da soli, a autoingannarci per andare avanti. La vera lezione del Covid 19, in fondo è stata questa: smascherare l’enorme bugia del mondo di prima e quello del dopo. Che sono rimasti identici.

Da qui una scrittura quasi avvelenata, per pagine che sembrano nascere dal bisogno insopprimibile di non subire ciò che non si può evitare. Del resto, chissà, non è proprio per questo che esiste la letteratura?

Sine die. Cronaca del confinamento Book Cover Sine die. Cronaca del confinamento
Erich Chevillard. Trad. di Gianmaria Finardi
Diario
Prehistorica Editore
2020
71 p., brossura