IL PITTORE DELLA GRAZIA E DELLA BELLEZZA: RAFFAELLO A 500 ANNI DALLA MORTE
Di Alessandra Durighiello
Per il 2020 l’Italia si era preparata ad omaggiare Raffaello, nel 500° anniversario della sua morte, con un nutrito calendario di mostre ed eventi culturali; a seguito dell’emergenza sanitaria per il Covid-19, alcuni eventi sono stati realizzati in streaming, altri sono stati sospesi e riavviati una volta che le misure restrittive sono state attenuate.
“Quanto largo e benigno si dimostri talora il Cielo collocando, anzi per meglio dire riponendo et accumulando in una persona sole le infinite ricchezze delle ampie grazie o tesori suoi e tutti que’ rari doni che fra lungo spazio di tempo suol compartire a molti individui, chiaramente poté vedersi nel non meno eccellente che grazioso Rafael Sanzio da Urbino; il quale, con tutta quella modestia e bontà che sogliono usar coloro che hanno una certa umanità di natura gentile, piena d’ornamento e disgraziata affabilità, la quale in tutte le cose sempre si mostra onoratamente, spiegando i predetti doni con qualunque condizione di persone et in qualsivoglia maniera di cose, per unico od almeno molto raro universalmente si fe’ conoscere. Di costui fece dono la natura a noi … Per il che sicurissimamente può dirsi che i possessori della dote di Rafaello non sono uomini semplicemente, ma dèi mortali” … È questo il ritratto del pittore di Urbino che ci ha lasciato Giorgio Vasari in Le vite e con esso, il 15 febbraio, Vittorio Sgarbi ha dato inizio alla sua lectio magistralis al Teatro “Carlo Gesualdo” di Avellino. RAFFAELLO, secondo appuntamento del Cartellone “Teatro Civile”, è uno spettacolo di più di tre ore senza intervallo, in cui il critico tenta di sintetizzare la visione prospettica, la luminosità, l’armonia, la dimensione poetica e divina della creazione artistica, il realismo e la ricerca psicologica dei protagonisti dei ritratti di Raffaello.
Fino al 30 agosto è possibile visitare a Roma, presso le Scuderie del Quirinale, la mostra Raffaello 1520-1483, riaperta il 2 giugno, un percorso a ritrovo che dal 6 aprile 1520, riavvolge il nastro dell’avventura creativa di Raffaello, da Roma a Firenze, all’Umbria, fino alle sue radici ad Urbino.
Il 6 aprile 1520, di Venerdì Santo, muore a Roma, a trentasette anni, Raffaello Sanzio, il più celebrato pittore vivente, l’architetto della fabbrica di San Pietro, lo studioso di antichità da cui ci si attendeva la ricostruzione della Roma dei Cesari. Si era ammalato pochi giorni prima di una febbre acuta, riconducibile alla sifilide. Il papa Leone X e tutta Roma, attonita e afflitta, si raccoglie intorno al letto di morte su cui era esposta la tavola della Trasfigurazione appena conclusa; scena immortalata nel suggestivo dipinto ottocentesco del pittore francese Pierre Nolasque Bergeret. Il funerale viene celebrato il 7 aprile del 1520 con una grande processione illuminata da cento torce e il corpo è inumato, secondo le ultime volontà dell’artista, all’interno del Pantheon, come illustra la grande tela ottocentesca del pittore viterbese Pietro Vanni. Raffaello, dopo aver fatto restaurare a proprie spese un’edicola del Pantheon, aveva chiesto a Lorenzetto, di realizzare una monumentale Madonna con Bambino, la cosiddetta Madonna del Sasso, prendendo come modello un’antica scultura romana raffigurante Afrodite. Così recita l’epitaffio latino inciso sulla lapide funebre: Questi è quel Raffaello da cui, quand’era vivo, la grande madre Natura temette d’esser vinta e quando morì temette di morire con lui.
Proseguendo, attorno alla lettera a Leone X, scritta nel 1519 da Raffaello e Baldassarre Castiglione, documento a cui va collegato il progetto di ricostruzione grafica dei principali monumenti di Roma antica, al fine di difenderne la cultura e le vestigia, in quanto bene appartenente a tutte generazioni, al mondo intero e alla storia dell’uomo, dando avvio alla storia della moderna concezione di tutela e conservazione dei monumenti, si confrontano e idealmente dialogano, i tre protagonisti della missiva: Raffaello nell’Autoritratto con amico (forse Giulio Romano) del Museo del Louvre, il papa Medici, impegnato come un appassionato collezionista d’arte ad ammirare un prezioso manoscritto miniato e infine, Baldassare Castiglione, il poeta e prosatore, amico fraterno di Raffaello, con cui a partire dal 1513 aveva stretto un intenso sodalizio culturale.
Decisivo nel percorso artistico di Raffaello sin dalla formazione ad Urbino, è stato il confronto con l’arte classica: nessuna opera, soprattutto degli anni romani, prescinde dal continuo paragone con le sculture classiche a cominciare dall’Apollo del Belvedere o i Dioscuri di Montecavallo, ai pezzi più anonimi, come la testa di un Dace o i tanti sarcofagi di cui erano piene le chiese e i palazzi dell’Urbe. Studia in maniera approfondita i resti degli antichi edifici romani rivelandosi un eccellente architetto: sono esposti numerosi suoi disegni architettonici tutti ispirati ai modelli classici, come la Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, il cui schema architettonico riprende il Pantheon; la facciata di Palazzo Branconio dell’Aquila; i progetti per la sontuosa villa alle pendici di Monte Mario oggi chiamata Villa Madama, che gli commissiona Giuliano de i Medici, cugino di Leone X, e futuro papa Clemente VII. Il senese Agostino Chigi, banchiere del Pontefice chiede a Raffaello di decorare la sua villa sulle rive del Tevere, la cosiddetta Villa Farnesina: insieme alla celebre Galatea, le figure dipinte nella Loggia di Psiche, realizzate con l’aiuto degli allievi nel 1518, danno vita ad una narrazione mitologica che influenzerà la pittura fino al Settecento.
Il 15 giugno 1515 Raffaello riceve il primo pagamento documentato per una nuova prestigiosa commissione di Leone X, figlio di Lorenzo Il Magnifico, papa colto, amante delle Arti e consapevole del potere delle immagini per sostenere e diffondere l’ideologia pontificia. È prevista la realizzazione di dieci monumentali cartoni policromi per un ciclo di preziosi arazzi dedicati alle storie dei Santi Pietro e Paolo, da collocare lungo le pareti della Sistina, la “cappella magna” della Chiesa cattolica, in dialogo non solo con gli affreschi dei maestri toscani e umbri del Quattrocento ma soprattutto con la volta di Michelangelo.
Raffaello è stato il pittore della grazia e della bellezza: ha ragionato a lungo sul modo di dipingere la bellezza femminile, ideando un nuovo canone capace di trascendere la natura e l’antico, una bellezza platonica capace di superare le inevitabili imperfezioni del mondo, ispirata alla poesia di Francesco Petrarca di cui l’artista era un appassionato lettore. Se l’ideale immagine femminile trova riscontro nei celebri dipinti La Fornarina e La Velata, in cui si sono voluti riconoscere i tratti di Margherita Luti (la perla fra i capelli della ragazza, in latino margarita, confermerebbe che la donna sia veramente la Luti e non una cortigiana come sostengono alcuni), il ritratto maschile offre uno spunto per riflettere sul carattere dei personaggi, rappresentati con tratti di spontaneità e immediatezza come nel Ritratto di giovane.
Nel 1508 Papa Giulio II della Rovere chiama a sé due artisti: uno è Michelangelo Buonarroti da Firenze, a cui chiede di dipingere la volta della Cappella Sistina, l’altro è Raffaello da Urbino, che incarica di affrescare le pareti del suo appartamento privato nei palazzi Apostolici. Inizia così per Raffaello l’impresa delle Stanze destinata ad accompagnarlo fino alla fine della sua breve vita. La prima ad essere affrescata è la Stanza della Segnatura, che costituisce un capolavoro di antropologia culturale cattolica: dovere primario dell’uomo è la conoscenza, concetto esemplificato dalla cosiddetta Scuola di Atene, dove in un vasto spazio architettonico cha allude alla nuova San Pietro progettata in quegli anni da Bramante, si raccolgono intorno a Platone ed Aristotele, i rappresentanti della filosofia idealista e sperimentale, i sapienti dell’antichità come Socrate, Eraclito, Diogene, Epicuro, Euclide, Pitagora, Averroè, Zoroastro e Tolomeo. Ad essa si contrappone la Disputa del Sacramento: se la conoscenza è da tutti praticabile, le verità rivelate ci vengono annunciate e sta all’uomo accettarle o rifiutarle essendo il libero arbitrio suo supremo diritto e privilegio. Negli anni successivi dipinge la Stanza di Eliodoro: in questo ambiente destinato alle udienze del papa, gli affreschi celebrano l’intervento di Dio nella storia in difesa della sua Chiesa, come quando scaccia dal tempio di Gerusalemme il ladro sacrilego Eliodoro, libera San Pietro dal carcere, ferma Attila alle porte di Roma. Insieme all’attività in Vaticano, Raffaello continua a lavorare per ricchi committenti privati, prosegue con la ricerca iconografica sulla Madonna con Bambino e così, oberato di innumerevoli impegni, inizia ad avvalersi della collaborazione di giovani artisti come Giulio Romano e Giovan Francesco Penni che termineranno, a seguito della sua morte, la sala detta di Costantino, che chiude il percorso delle Stanze.
Quando nel 1504 Raffaello giunge a Firenze, Michelangelo ha appena eretto, in Piazza della Signoria, il suo David e nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, il suo affresco della battaglia di Cascina si confronta con quello della battaglia di Anghiari di Leonardo. Raffaello ha i suoi migliori clienti nella ricca e colta borghesia cittadina che gli commissionano dipinti per la devozione privata come la Madonna del Granduca e ritratti, come la Dama con liocorno, dipinta a caldo appena vista la Gioconda in corso di esecuzione nella bottega fiorentina di Leonardo.
L’Autoritratto della Galleria degli Uffizi, chiude simbolicamente la mostra: il volto giovanile del pittore non toccato dal tempo si è trasformato, con il crescere del mito di Raffaello, nell’immagine canonica dell’artista dotato dalla natura di grazia e amabilità quasi sovrannaturali.
In copertina: Dama con liocorno di Raffaello – Galleria Borghese di Roma.
In mostra RAFFAELLO 1520-1483 sala 10