Lettera a Ennio Morricone
Di Adriana Sabato
Caro Maestro,
apprendo la notizia della sua scomparsa e resto attonita. Attonita e sconvolta.
Non perché viva nel mondo delle nuvole, non perché viva nel paese delle favole.
L’immortalità, si sa, non ci appartiene.
Rimango attonita e sconvolta, sì, perché i Grandi come Lei, sembra non debbano mai lasciarci.
E forse è davvero così.
Ricordo di averla conosciuta una sera. Dopo aver diretto la Roma Sinfonietta a Maratea nel parco di Villa Tarantini: le abbiamo stretto la mano mio marito ed io per congratularci e ringraziarla, e lei ci ha donato un sorriso che mai dimenticheremo.
La sua musica creò, quella sera, come sempre, un’atmosfera da fiaba. Silenzioso il pubblico, attento: la seguimmo come oranti figure con occhi sgranati e mani conserte, piccoli uomini in adorazione.
Un ricordo che si perde nel tempo.
Ha lasciato un solco profondo nella storia della musica del secondo Novecento, e non solo come musicista e compositore.
Le sue ultime volontà, quel non voglio disturbare che tutti abbiamo udito in tv e letto sulle reti sociali, sono l’emblema della sua discrezione, della sua grande umiltà, del suo essere nel mondo con grande carattere, senza per questo voler apparire.
Tutto questo grazie a suo padre, che lo aveva avvicinato alla musica anche attraverso gli studi al Conservatorio di Santa Cecilia, dove lo ha seguito Goffredo Petrassi, uno dei grandi compositori contemporanei.
La musica assoluta, raccontata dalle sue stesse parole, ci permette di comprendere l’idea che Lei ha della musica: pur catalogata in tantissimi generi, è una sola, quella che noi abbiamo dentro e quella che abbiamo intorno.
La musica è intangibile, non ha sembianze, è come un sogno, diceva sempre, Maestro, ma la sua capacità di reinterpretare l’immagine dello schermo in note sul pentagramma imprimeva un colore così particolare da diventare ben presto uno dei più importanti e prolifici compositori di colonne sonore.
Sono almeno sessanta le pellicole premiate che hanno goduto del Suo contributo, capace di produrre una vasta gamma di generi con un impegno a innovarsi in ogni creazione. Le sue melodie sono rimaste scolpite nella memoria collettiva. E le hanno reso la vittoria di un Leone d’oro alla carriera, tre Grammy Awards, quattro Golden Globes, sei Bafta, dieci David di Donatello, undici Nastri d’argento, due European Film Awards e un Polar Music Prize.
Lei ha scritto musiche per oltre 500 film, conquistando l’ultimo Oscar per la colonna sonora di The Hateful Height nel 2016, dopo aver ricevuto la statuetta alla carriera nel 2007.
Dai grandi capolavori per i western di Sergio Leone fino alla consacrazione internazionale a Hollywood, Maestro Morricone, lei ha reso indimenticabili centinaia di film.
E vorrei precisare che, come giovane arrangiatore della RCA, ha contribuito anche a formare il sound degli anni sessanta italiani, confezionando brani come Sapore di sale, Se telefonando, e i successi di Edoardo Vianello. Come Lei aveva detto, l’unione della musica con l’arte del cinema fa pensare spesso a Richard Wagner quando considerava l’idea di racchiudere nel teatro tutte le arti, tutte.
E l’unione dei generi musicali, quella sorta di arte camaleontica di sapersi affidare a una cultura musicale ampia e agile, pronta ad affrontare, senza barriere mentali, ogni situazione, con gran duttilità, ha fatto di lei un artista dotato di grande eclettismo.
La Sua grande professionalità e la sua statura umana, caro Maestro, è ormai immortale e per questo tutti noi non possiamo fare altro che ringraziarla infinitamente: il 6 luglio lei è scomparso, ma la sua anima, la sua bellezza, la sua arte, la sua musica, no. Queste no.