Vera D’Atri è nata a Roma nel marzo del 1948. Vive a Napoli dal 1992. Ha conseguito il diploma di archivista all’archivio di Stato di Napoli. Solo dopo il 1997 si interessa di scrittura redigendo numerosi racconti e alcune brevi poesie facenti parte della raccolta “Abitare Sparta” con la quale ottiene una menzione di merito al premio Lorenzo Montano diciassettesima edizione. A questa fanno seguito una piccola silloge poetica delle Edizioni della Biblioteca a cura di Giovanni Pugliese intitolata “Il museo di vaniglia” e nel 2009 la pubblicazione della silloge “Una data segnata per partire” edita dalla Kolibris di Bologna con prefazione di Rossella Tempesta. All’attivo anche alcuni racconti pubblicati in antologie e su riviste e un romanzo “ Buona bella brava” edito dalla Robin Edizioni nel 2010 e recensito da Enzo Rega su l’Indice dei libri. Suoi testi poetici compaiono su riviste, inserti culturali e numerosi blog (Opere inedite - di Luigia Sorrentino, Il giardino dei poeti,Transiti poetici, La casa senza tempo, La stanza di Nightingale, Gli occhi di Blimunda, Poetarum silva, Atelier, Pioggia obliqua, WSF). E’ presente inoltre nelle antologie “La giusta collera” edita da CFR, “Alter ego - Poeti al MANN”, Contatti diversi, I quaderni di Movimento Aperto, Scrittura sottovoce e Voci dell’aria, la parola abiatata ed è tra i vincitori del concorso “La vita in prosa 2011” con un racconto edito nell’antologia curata da Ivano Mugnaini e seconda classificata al concorso “ Scrivere a corte ” sempre del 2011. Terza classificata al premio Di Liegro 2012 sezione poesia. Sempre per la poesia è finalista al Premio Mazzacurati-Russo delle Edizioni d’If 2012-2013 con la plaquette “Tutte donne” A maggio 2013 esce la plaquette “Una tenace invadenza” a cura di Libro Aperto Edizioni. Ad ottobre 2013 è finalista al premio Michele Sovente, seconda edizione, sezione poesia inedita. Sue letture presso la biblioteca Nazionale di Napoli per la manifestazione “Veduta Leopardi”.

Smusserà gli angoli

e nel sonno parerà il colpo alla nuca.

Poi, sul corpo in abbandono

poserà l’autunno.


Io poi mi trovo accanto ad una finestra.

Dopo notturni operosi e remota

come quest’isola che per la tua ombra

tutta vive,

come gregge paziente e ulivo smanioso,

come la tua greca che per decenni hai lasciato.

Le dovesti insegnare l’attesa.

Non è questo il compito

di chi ama quando il tempo giace sul mare?


Il nostro sole si è divaricato

e giace ormai con l’ombra; stella

al tempo del suo sfoco.

Così difficile questa malattia degli anni,

alta sul pulpito.

Pensando la sera,

menando misericordie, curvando

l’errore che prende radice.

E a giorno

quasi sempre un dirsi niente.


Nessuno nasce così piccolo

come quando muore. Nessuno nasce

così innocente come quando muore


Non si accorge il cielo

che sono morta. Morta di una morte

aristocratica. Nessun segnale, nessuna

confidenza.   Così, metà atteggiamento,

metà illuminazione.


Tutto il narrare dell’inverno.

L’atroce arresto delle pulsazioni

fino al bianco punteggiare del nevischio

sul mandorlo in rigoglio,

fino al gemito di falsa primavera

che tutto lascia provvisorio tranne le nenie

fatte in casa di voci che come ceneri

si perdono.


La casa è un gomitolo che si dipana

senza tregua. Pretende di non far entrare la gioia

portentosa che aspettavi.

In ogni angolo c’è una gabbia,

in ogni gabbia c’è n’è un’altra più piccola,

più crudele, più soddisfacente.


Andammo a vedere il mare,

solo il mare perché incompatibili

con tutto il resto.


Fu tempo, come ora, di salvarsi.

Di trovare il sacello. Lo splendore del mistero.

Le stanze furono adattate.

Sedevi alla destra del padre.

E nella rinuncia sedevi,

schivando la coscienza, lo sciabordio

monotono dell’io. Un freddo senza lume,

un’ipotesi di nord.  


Se per cadenza che non rallentava

la tua voce increspava l’acqua io non trovavo riva.

Dentro vane bracciate pativo l’affanno.

Cosa mi era utile e cosa mi uccideva

avevano lo stesso brillio.

Quest’ultima è tratta da “Il fortino”  Terra d’ulivi edizioni 2016

L’immagine di copertina è Melancolia di Edward Munch (foto presa da wikipedia)