«Cardinaud fissava il geranio, di un rosso assoluto, tranquillo, glorioso. Tutto il resto sembrava esistere soltanto per fare da modesta corona a quel fiore che iniziava la sua vita mattutina, su un davanzale, stirandosi i petali».
Questo romanzo, Il signor Cardinaud, ennesimo capolavoro di Georges Simenon, ha una struttura perfetta, centrifuga e centripeta, l’inizio (una domenica mattina in chiesa) e la fine (due domeniche dopo in chiesa) combaciano a formare un cerchio in cui quello che accade è fuga, ricerca della persona fuggita, ritorno in condizioni di convalescenza dello spirito.
Cardinaud come tutte le domeniche, si trova in chiesa a Les Sables-d’Olonne a Notre-Dame-de-Bon-Port per la Messa solenne con suo figlio Jean di tre anni. Dopo la Messa e dopo i saluti di rito (si noti questo aspetto del rito nel rito religioso, che codifica uno status sociale ed economico), il signor Cardinaud – che in francese è le fils Cardinaud, per sottolineare paternità e differenza del figlio impiegato rispetto al padre artigiano e ai fratelli pure artigiani – si reca come di consueto al caffè per bere un vermut e offrire al figlio uno sciroppo di ribes, portare un dolce a casa – anche quello fa parte di un rito che rafforza l’appartenenza a uno stato sociale e a un gruppo – e tornare a casa. Ma qualcosa non funziona quel giorno. La casa è piena di vento, l’arrosto è bruciato, i letti sono in ordine ma la moglie di Cardinaud è assente. Ora la signora Cardinaud, Marthe, è una donna non adatta al signor Cardinaud. Egli si era innamorato di lei che venerava come fosse la Madonna, ma che era in realtà una persona esangue, secondo la madre, senza il gusto della vita.
Ed ora, al ritorno a casa la domenica, Marthe era sparita. Il primo impulso è di cercarla dai genitori di lei, ma non trova il padre, c’è solo la madre, poi si reca a casa dai genitori per i quali la sparizione della nuora è un fatto prevedibile, di cui essere contenti: «Poco ci manca che la madre assuma un tono giulivo nel chiedere: “Tua moglie se n’è andata?” Invece no. Lo chiede, ma lo chiede in tono grave, abbassando il capo, perché sono cose, queste, sulle quali non si può scherzare».
Cardinaud è sconcertato, non comprende quello che accade. Ma i genitori sono a pranzo, c’è lo spezzatino sul fuoco. Il giovane viene invitato a restare. Così prova la prima reazione a caldo, il pianto: «Lui scuote la testa. No! Non ne può più. Ha bisogno, assolutamente bisogno di piangere. Avrebbe voluto evitarlo, ma è troppo infelice, troppo confuso, e quel che gli accade è troppo stupido, troppo ingiusto…».
Significativa la reazione dei genitori e del figlio: «Il padre e la madre si guardano. Lui è andato a incollarsi al muro, con la testa tra le braccia, e si sente di tanto in tanto il suono rauco di un singhiozzo, mentre le spalle si alzano e si abbassano.» Sembra, pur nella sua umanità, una reazione infantile. Ma viene una sorta di consolazione, forse dai genitori: «Forse non c’è niente di definitivo…». Questa frase in sé apre verso lo sviluppo del racconto. Il movimento verso la ricerca è dato da una lettera anonima che Cardinaud riceve a casa sua e che lo mette sulla pista giusta: Marthe è fuggita con Émile Chitard, un poco di buono che ha lasciato la Francia per l’Africa in modo clandestino e ritorna in Francia da clandestino su una nave che dal Gabon fa anche scalo a Les-Sables-d’Olonnes. Praticamente questo è il movente di tutta l’azione nel testo.
Come può un uomo distrutto dal dolore decidere di intraprendere una ricerca che non sa se sarà fortunata o no? C’è un altro movente, di natura economica.
Marthe partendo, ha preso dal portafoglio comune 3000 franchi che servivano a Cardinaud per pagare la rata mensile del costo della casa che si era fatto costruire per la famiglia. Inizialmente aveva pensato di chiedere al suo datore di lavoro, Mandine, i soldi mancanti. Al suo rifiuto Cardinaud non reagisce, ma continua a fare il suo lavoro. Sembra che la questione sia risolta così, con un niente di fatto e grandi problemi per il futuro. Ciononostante il giorno successivo, quando Mandine può spiegarsi il perché della strana richiesta del suo dipendente, decide di dargli i 3000 franchi, che sono per aiutarlo nel frangente della fuga di Marthe da casa.
Ecco che cosa dice il romanziere per spiegare la nuova reazione psicologica di Cardinaud dopo aver ricevuto i 3000 franchi: «Era appena successo qualcosa, difficile dire di preciso in che momento, in ogni caso, mentre Cardinaud stava in piedi accanto alla porta, in lui c’era stata una sorta di scatto, simile a quello di un apparecchio fotografico: i tratti gli si erano induriti, erano diventati di una materia diversa, e ormai non esisteva più alcun contatto tra l’interno e l’esterno, tra il fondo e la superficie. Il giorno prima Cardinaud aveva pianto, a più riprese. Aveva anche guardato gli altri con occhi angosciati, quasi supplichevoli; era arrossito; aveva tremato. Ora era del tutto padrone dei suoi riflessi, così calmo, così terribilmente calmo da avere l’impressione di essere come uscito dalla vita» (in questo momento si direbbe che Simenon sia quasi pirandelliano nella formulazione dell’uscita dalla vita di Cardinaud).
Che il suo capo sia a conoscenza della sua situazione personale, l’aver ricevuto 3000 franchi e l’aver ricevuto delle parole di consolazione per quanto era capitato, sono tutti elementi che cambiano la situazione psicologica e le reazioni di Cardinaud: egli decide di prendersi due settimane di ferie che userà tutte per ritrovare, come lui vuole, senza volgarità di un ritrovamento violento o rabbioso, ma con calma e possibilmente in pace, la moglie Marthe. E qui c’è ancora una conversazione con il suo capo degna di interesse perché muove la narrazione verso il piano scorrevole della ricerca della moglie: «”… Volevo chiederle (A Mandine) il permesso di prelevare dalla cassa un anticipo di duemila franchi… Dovrò senz’altro far fronte a certe spese”… Curiosamente, il più imbarazzato dei due era Mandine! Che non capiva, e guardava il suo impiegato con un’aria tra il rispettoso e il preoccupato. “Come vuole, Cardinaud… E’ ovvio che nelle difficili, penose circostanze in cui lei… Insomma, lei mi capisce… Mi pare doveroso”. “La ringrazio, signor Mandine… Bourgeois le porterà la posta”. Il padrone sentì di doversi alzare per stringergli ostentatamente la mano. “Mio caro Cardinaud, lei non ignora l’affetto… Insomma, le sono vicino con tutto il cuore… Penso ai suoi figli, a…” “Grazi mille…” Tre minuti dopo era già sul lungomare – libero, alle nove e un quarto del mattino! Libero di andare dove voleva! Libero per quindici giorni, dato che aveva due settimane di ferie!”. Qui siamo davvero alla fase della ricerca, a pagina 54, che si conclude a pagina 128 e che non devo descrivere qui, perché spetta al lettore entrarvi, con il ritorno alla situazione della domenica con cui si era aperta la narrazione ma ora arricchita dall’esperienza della ricerca della fuggitiva e del ritorno in uno stato di convalescenza spirituale, psicologica.
Questo è il romanzo. Fra le qualità più apprezzabili oltre alla profondità e varietà, umanità dell’analisi psicologica c’è la capacità di coinvolgere tutti i sensi del lettore attraverso una scrittura attenta alla vista, al tatto, al gusto, all’olfatto del lettore. Una scrittura che è omnicomprensiva dei cinque sensi e che si avvale della vista e dell’introspezione per stimolare l’interesse del lettore ed avvincerlo per la durata della narrazione. Un notevole testo che merita il titolo che ha preso in italiano: il signor Cardinaud perché il protagonista, ancorato ai valori della civiltà e della società borghese, con il riportare la moglie a casa e darle ancora una possibilità, mostra davvero di essere un signore.
Biblioteca Adelphi
Letteratura
Adelphi
2020
136 p., brossura