Viaggio spaesato nei Balcani
Di Geraldine Meyer
La frontiera spaesata. Un viaggio alle porte dei Balcani è il bellissimo libro che Giuseppe A. Samonà ha appena pubblicato con Exorma Editore. Ma che libro è quello che abbiamo tra le mani? Un libro di viaggio? Immaginario? Reale? Letterario? Forse nessuna di queste cose e, tuttavia, tutte queste cose insieme. A tenere insieme queste belle pagine, di stile poetico e altamente letterario, è probabilmente la parola più importante del titolo. Spaesata. È attorno a essa che tutto gira e si incarna.
Un viaggio nei Balcani che, inevitabilmente, parte da Trieste. Città che, come ci ricorda lo stesso autore, è talmente letteraria da non avere bisogno neanche di averla vista per poterla descrivere. Città multiculturale, di mare ma anche di terra. Città dalle frontiere aperte, indefinibili e forse proprio per questo, tappa iniziale ma anche città dalla quale, in un certo senso, non si esce mai.
Proprio questa indefinitezza dei confini è il motivo per cui lo spaesamento, la frontiera spaesata appunto, sono la vera chiave di lettura del testo. Confini e frontiere, non sovrapponibili, che hanno a che fare più col tempo che con la geografia.
Un viaggio colto, documentato, disegnato, attraverso la letteratura, la storia, l’architettura, il mito. Un territorio che si è mescolato, si è colorato di sangue. Un territorio in cui identità, etnia si sono incamminate come reazione ad una impossibile presa di possesso univoca.
La frontiera spaesata non è solo una bellissima elegia alla letteratura ma anche, e forse soprattutto, all’impossibile fissarsi dei confini, delle lingue, delle genti. “Tutti veniamo da qualche parte” ci dice Samonà e mai come nei Balcani questa natura nomade, in tutti i sensi, ha disegnato la variegata natura di questi luoghi.
In fondo, dove cominciano i Balcani? Cosa sono esattamente? Se ne respira l’aria già dalla Stazione degli autobus di Trieste e se ne segue la linea che appare e scompare durante tutto il tragitto. In una storia che resta sempre in sottofondo e che sembra non volere mai scomparire, mai farsi cancellare. Una storia fatta di dolore, di esodi, di toponomastiche in cui è bastato mutare una vocale per provocare genocidi, per far cadere nella trappola dell’identità.
Ma è anche un libro rigoroso, che non accetta revisionismi o equiparazioni storiche. I massacri che hanno visto queste terre restano tali, ma le parole di Samonà ne delineano le cause. Che sono molto profonde proprio perché non sconfinano mai nelle giustificazioni. Né da una parte né dall’altra.
Samonà ci conduce insieme a lui usando la seconda persona singolare, rivolgendosi a un altro sé stesso o a un ipotetico viaggiatore. E invitandolo a soffermarsi, a vedere le stesse cose con luci diverse, a tornare sui propri passi. Tra Zagabria, Pola, Capodistria, Portorose, Pirano, Croazia, Slovenia, in un continuo entrare e uscire da sovrapposizioni di storie, tra palinsesti di episodi, nomi, alcuni molto noti e altri praticamente sconosciuti.
Sono proprio i sentieri secondari che si dipartono dalla strada principale ciò che costituisce l’aspetto più interessante di questo La frontiera spaesata. Sentieri storici ma, più ancora, letterari, tra nomi che sono parte del nostro patrimonio e nomi che restano, per i più, legati alla letteratura serba e croata. Un campo vastissimo di voci, di testimonianze.
E mentre si leggono queste pagine ci si accorge di come un paese spaesato, una sensazione di spaesamento, siano davvero il punto di partenza per immergersi nei luoghi e nella loro storia, senza timore di sentirsi senza punti cardinali. Perché i Balcani, in fondo, questo sono. Una sorta di frontiera che si muove in continuazione, che si modula su lingue che sono diverse eppure uguali. Ma che, anche in questa uguaglianza, non consentono di tracciare confini netti. Proprio perché, e su questo Samonà insiste molto, qui si viaggia più nel tempo che nella geografia. Anche se la geografia resta un filo rosso di nomi.
Scrittori sconosciuti o dimenticati fanno da musica di accompagnamento a tutto il viaggio. E l’evocare le loro pagine, i loro libri è la vera radice dello spaesamento. Che è davvero una grande opportunità. Scrittori e lingua e lingue che, talvolta, si vorrebbero come palinsesti identitari e che, forse, lo sono, ma di una identità problematica. L’identità, appunto, di uno “Spaese”
Letteratura
Exorma Editore
2020