«10. Il sogno di Chuang Tzu.
Chuang Tzu sognò di essere una farfalla e al risveglio non sapeva se era un uomo che aveva sognato di essere una farfalla o una farfalla che ora sognava di essere un uomo. Herbert Allen Giles, Chuang Tzu (1889)».
Questo è uno dei 110 racconti brevi e straordinari messi insieme in questa antologia. Il testo in questione proviene dal libro di Herbert A. Giles intitolato Chuang Tzu, Mystic, Moralist, and Social Reformer, pubblicato da Bernard Quaritch Londra 1889. Il passo in questione è reale ed appartiene al cap. II «The identity of contraries» p 32. C’è il commento di Tommaso Scarano sotto la cui cura escono i libri di Borges per conto dell’editore Adelphi: «Borges ha ricordato in numerose occasioni il sogno di Chuang Tzu e lo ha commentato nel saggio Nuova confutazione del tempo (in Altre inquisizioni; si vedano in particolare pp. 195-96). Lo si legge anche nel Libro di sogni (p 214).»
Questo è un esempio di come vada letto il testo di Borges e Bioy Casares: si legge il racconto e, alla fine del libro i commenti dell’editore di Borges perché infatti non tutti i racconti hanno una base autentica e reale: alcuni sono ripresi da Borges a suo modo e reinventati (ci pare anche questo) e altri non esistono proprio perché li hanno creati Borges e Bioy Casares. Quindi testo e commento vanno riletti insieme. Nel racconto del sogno di Chuang Tzu c’è un elemento fondamentale in tutta la raccolta: il sogno che dà vita alla realtà e la rende possibile e la impossibilità di mettere confini chiari fra sogno di una cosa e di un’altra: sogno di un uomo di essere una farfalla o il suo contrario? Per la levità e morale questa storia è particolarmente bella e profonda al tempo stesso. E certamente il sogno è una componente di tutti i racconti della raccolta.
Voglio mettere in evidenza, in particolare, tre racconti scelti fra i 110 per dare un’idea di come vadano letti. Tutti infatti sono di grande levità, leggerezza e profondità di contenuti. Prendo in considerazione il racconto 6 L’incontro, il 12, I brahamani e il leone e il 47, L’ombra delle mosse.
Nel primo racconto (il 6 della collezione), L’incontro si narra di Ch’hen-niang figlia di Chang Yi funzionario dell’Hunan. La giovane aveva un cugino che si chiamava Wang Chou che era cresciuto insieme a lei e le voleva bene. Chang Yi aveva promesso al giovane di farlo diventare suo genero perché stimava molto il ragazzo. Da giovani adulti i due innamorati avevano avuto rapporti intimi, ma Chang-Yi non se ne era accorto. Dimentico della promessa fatta a Wang Chou, Chang-Yi accordò la richiesta della mano di sua figlia ad un giovane funzionario che gliel’aveva domandata. La dimenticanza causò l’infelicità della fanciulla che era straziata da due forze opposte: l’amore e la pietà filiale. Quindi Ch’ien si ammalò. Il promesso sposo Wang Chou invece fece un viaggio. Di notte (si noti questo particolare) non riusciva a dormire, quando udì dei passi che si avvicinavano. Scoprì che Chì’en –n’iang era venuta: non si rassegnava alla separazione ed alla decisione di suo padre di darla a un altro. I due vissero insieme ed ebbero due figli. Dopo cinque anni Ch’ien confessa a Wang Chou che vuole vedere i suoi genitori che certamente soffrivano per il suo gesto, tanto più che era figlia unica. Quando Chang Yi andò ad incontrare quello che avrebbe dovuto essere il suocero, lo ossequiò e gli chiese perdono. Ma questi stupito, gli disse che Ch’ien-niang era a letto in incoscienza da cinque anni. Wang Chou gli disse invece che la figlia stava bene e aspettava a bordo dell’imbarcazione. Chang Yi era sempre più stupito da tutta la storia e mandò due fanciulle da sua figlia: «La trovarono seduta, ben abbigliata e contenta; mandò anche parole affettuose ai genitori. Meravigliate, le fanciulle tornarono da Chang Yi, che rimase ancora più perplesso. Intanto, l’inferma aveva udito le notizie e sembrava ormai libera dal suo male e c’era luce nei suoi occhi. Si alzò dal letto e si vestì allo specchio. Sorridente e senza pronunciare parola, si diresse alla barca. Quella che era a bordo stava dirigendosi verso casa e si incontrarono sulla riva. Si abbracciarono e i due corpi si confusero, e restò una sola Ch’ien-niang, giovane e bella come sempre. I genitori si rallegrarono, ma ordinarono alla servitù di serbare silenzio, per evitare commenti. Per più di 40 anni Wang Chou e Ch’ien-niang vissero insieme felici» 25-26. L’incontro, quindi, è la ricomposizione dell’unità fra la Ch’ien-niang che era rimasta incosciente per 5 anni, e la Ch’ien-niang che aveva ceduto al suo amore e se ne era andata di casa per unirsi a Wang Chou. Come si vede è una fiaba presente in molte antologie di racconti classici e cinesi, con un lieto fine per l’unità ricomposta fra le due Ch’ien-niang. Il divertimento e il lieto fine sono una componente fondamentale dei racconti narrati dai due scrittori, che hanno provato divertimento, come essi stessi dicono, nel narrarli.
Ne I brahmani e il leone, ritorna la vena fiabesca. Quattro brahmani, tre dei quali molto sapienti e molto versati nella scienza erano accompagnati da uno di loro che non aveva molta dottrina, ma molto buon senso. Decidono di fare un viaggio (anche questo è un elemento importante nelle storie) per mettere alla prova le loro capacità: ma uno di loro non vorrebbe includere nel viaggio l’uomo dotato di buon senso perché non ha sufficiente dottrina. Un altro invece, ricordando che fin da bambini avevano giocato con l’uomo di buon senso, vuole portarlo ed ha la meglio (si vede che era dotato anche lui di buon senso e di umanità). In un bosco trovarono le ossa di un leone. Pensarono di mettere alla prova le loro capacità. Uno di loro era capace di ricomporre lo scheletro, un altro di fornire al leone pelle, carne e sangue, il terzo era capace di dargli la vita. Pensarono di fare come detto. Il quarto però osservò che se il leone fosse risuscitato, li avrebbe mangiati tutti e quattro. Uno di essi affermò che non si poteva davvero vanificare l’opera della sapienza. Ma l’uomo assennato affermò che almeno avrebbero dovuto lasciarlo salire su un albero. Fatto ciò, i tre risuscitarono il leone che si alzò e li mangiò tutti e tre, meno l’uomo dotato di buon senso, che sopravvisse. Questa storia ha una morale evidente, che da sola la sapienza non basta per vivere (la vita è un viaggio con i suoi esperimenti), occorre soprattutto, un sano buon senso. La storia è la traduzione letterale ma con la soppressione di una dozzina di righe finali da The Panchatantra of Vishnu Sharma a cura di A.W. Ryder, University Chicago Press, Chicago, 1925 pp. 442-444. La storia si intitola The Lion-Makers e fa parte del libro quinto, «Ill considered Action».
La terza storia, che è un piccolo gioiello, si intitola L’ombra delle mosse ed ha i numeri 47 e 48, perché si tratta di due storie simili. Ma qui si considera solo la prima. Due re nemici giocano a scacchi (elemento fondante della storia e della vita, il gioco) mentre i loro eserciti combattono (la realtà che è esterna al gioco): «Giungono messaggeri con notizie della battaglia; i re non paiono udirli e chini sulla scacchiera d’argento muovono i pezzi d’oro. Man mano appare evidente che le sorti del combattimento seguono le sorti del gioco. Verso sera uno dei re rovescia la scacchiera perché ha subìto scacco matto, e poco dopo un cavaliere insanguinato gli annuncia: «Il tuo esercito è in fuga, hai perso il regno» 80. La frase chiave è che «le sorti del combattimento seguono le sorti del gioco». Chiaramente anche se breve, la storia è avvincente. Opera e autore sono fittizi, ma la fonte è il Mabinogion, una raccolta di testi gallesi medioevali. Si tratta di un sottile artificio: un autore immaginario (Edwin Morgan) cita una fonte reale. Come si vede le fonti e la cultura dei due autori sono ampie e profonde insieme con la loro capacità di adattamento. Un’opera che si considera capace di avvincere il lettore, creare riflessioni e conclusioni pratiche all’interno di una cultura ampia e profonda.
Si raccomanda al lettore, per fare una lettura compiuta, di leggere insieme la storia raccontata e la ricostruzione a cura dell’editore in fondo al libro.
PBA
Racconti
Adelphi
2020
204 p., brossura