La prima sorsata di birra e i piace dei libri
Di Luca Morettini
Non so per quale motivo mi ritrovo a soffermarmi sulla collezione di libri della mia compagna. In fondo io stesso ne possiedo un quantitativo significante. Che è un eufemismo per dire che ne compro a bizzeffe, a discapito dello spazio in libreria che manca e della mia velocità di consumarli. Ma non ci si può far niente, vi è un impulso irrefrenabile, un ordine superiore che ti porta a volerne portare a casa ancora di più, specie se magari si passa da una bancarella o un mercatino dell’usato e i prezzi irrisori sono una tentazione irrefrenabile. E chi è amante dei libri e se li porta fin dentro l’anima lo sa.
Spulcio i titoli che possiede, alcune cose veramente interessanti, quando il mio sguardo si posa su un piccolo libro della collana I MITI della Mondadori. “La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita” di Philippe Delerm del 1997. Lo riconosco, se non sbaglio. E non sbaglio. L’etichetta del mercatino dell’usato non lascia dubbi: Lucca, poco più di un mese prima che mi trasferissi a Viterbo. Era un mio acquisto che ho provveduto in seguito a regalare alla mia compagna perché quel sottotitolo “i piccoli piaceri della vita” si sposava alla perfezione con il suo sguardo. Lo afferro e inizio a leggerlo, in fondo reclamo il mio diritto di acquirente originario. E quel qualcosa che mi aveva spinto tempo addietro a portarlo via con me, nonostante la mia totale ignoranza nei confronti dell’autore, si manifesta pagina dopo pagina.
Delerm tratteggia, in poco meno di due pagine l’una, salvo eccezioni, quelli che sono dei veri e propri quadri. Racconta di cose minuscole, all’apparenza banali e a cui non presteremmo mai attenzione: l’odore delle mele, il croissant della mattina, un coltellino svizzero, ecc. Cose così. Le prende e dà vita ad una vera e propria danza delle parole. Le nobilita, le esalta. Senza nessuna retorica o critica alla velocità consumistica, nessuna esaltazione dei bei tempi che furono, non si azzarda a dire cose del tipo “sensazioni che ci stiamo perdendo”. In realtà non ve n’è alcun bisogno. Una danza delle parole, così mi sono espresso. Ed è proprio attraverso la sua prosa ricca e strabordante che il lettore percepisce da solo l’idea della perdita di queste piccole cose. Sono veri e propri affreschi giocosi e gioiosi in cui si percepisce la stessa gioia di chi scrive.
E’ un’immersione nella parte più bella del mondo, un piccolo mattone per alimentare la singola speranza di ognuno di noi verso qualcosa di migliore.
Questo è quel qualcosa che mi aveva spinto all’acquisto. E sì, diciamolo, anche il prezzo di poco più di un euro. Mi ha dato come la sensazione che potessi acquistare una via per la felicità senza pagarla uno sproposito e ciò mi ha procurato un piccolo piacere. Ovviamente questa raccolta di momenti sfuggenti non è la via per la felicità, ma è un ottimo esempio di chi l’ha trovata e vuole mostrarla al mondo.
Una ricerca successiva alla lettura sull’autore in questione mi ha fatto scoprire quanti libri sullo stesso tenore abbia pubblicato in seguito. Altre dolcezze, altri piaceri, altre gioie. Un tentativo di sfruttare questo filone? Non so, dovrei leggerli per saperlo. Ma non li cercherò. Aspetterò di trovarli lungo il mio cammino. So che un giorno salteranno fuori da qualche parte.
In fondo anche questa recensione avrebbe potuto essere inserita in “La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita”. Lo spirito con cui l’ho scritta è identico a quello che ho trovato nelle righe del libro, tra un’autostrada di notte e il giornale della prima colazione. Parla di libri e del piacere che ci dà nel trovarli, leggerli, esserne amici.
Narrativa
Frassinelli
1998
124 p., brossura