Cose che succedono la notte. L’ultimo libro di Peter Cameron
Di Geraldine Meyer
In una intervista rilasciata a Benedetta Marietti su La Repubblica Peter Cameron lascia alcuni indizi che, riletti a distanza di anni, sembrano tanti piccoli sassolini per trovare la strada tra le angoscianti pagine del suo Cose che succedono la notte, appena pubblicato da Adelphi, con la traduzione di Giuseppina Oneto. In quella chiacchierata, parlando di alcuni dei personaggi dei suoi libri Cameron disse: “I sentimenti che turbano James o Coral Glynn sono molto simili a quelli che provo io. Il loro mondo interiore non corrisponde a come appaiono dal di fuori. Spesso sono frustrati perché non riescono a esprimere sé stessi e a dire la verità. I silenzi, le cose non dette, sono più importanti di quelle dichiarate”. E ancora: “Il fatto di avere una famiglia unita e affettuosa non mi ha impedito di sentirmi da sempre molto solo.” E poi: “Tutti i miei libri nascono dall’inconscio. È un aspetto che non posso controllare.”
Non abbiamo fatto pesca a strascico per raccogliere frasi di Cameron così, per puro esercizio retorico. Semplicemente perché in questo Cose che succedono la notte sembra vi siano queste affermazioni in molte declinazioni. Quelle che la letteratura si prende, giustamente, il diritto di raccontare. E non potrebbe essere diversamente per uno scrittore che dice di lasciarsi guidare dall’immaginazione al punto di vivere un percorso inverso rispetto a quello di molti altri: “Se per molti scrittori è la vita a diventare letteratura, nel mio caso è vero l’opposto: è la letteratura che si trasforma in vita”.
I libri di uno scrittore, dunque, non sono sufficienti per raccontarci lo scrittore stesso? Al punto da dover cercare nella sua vita elementi per leggerli con più strumenti critici a disposizione? Non necessariamente è così. Ma nel caso dell’ultimo libro di Peter Cameron sembra davvero che lo scrittore abbia raccontato qualcosa di molto personale (e del suo inconscio) al punto di rischiare di farlo troppo scopertamente. Riuscendo però a non cadere nel tranello.
Un uomo e una donna, senza nome, arrivano in una buia e fredda cittadina dell’estremo nord. Sono in treno, da soli, in uno scompartimento i cui vetri appannati sono lo schermo su cui si proiettano le loro immagini. E già qui entriamo in uno straniante e angosciante gioco di realtà e deformazione che ci accompagna per tutto il libro. I due sono arrivati fino a qui per adottare un bambino ospitato nell’orfanotrofio della cittadina. La moglie è malata terminale e quello che potrebbe essere il suo ultimo viaggio diventa, nelle pagine di Cameron, una vera e propria odissea. Di freddo, di buio, di incertezza. Il loro soggiorno, in un misterioso e quasi onirico hotel, dai lunghi corridoi e dagli ambienti di improbabili colori e “deformati” arredi, si incrocia con quelli della eccentrica (ma umanissima e vitale) Livia Pinheiro-Rima e di un uomo d’affari, grasso e provocatorio. L’incontro con l’inquietante guaritore, Fratello Emmanuel, sarà l’ulteriore scardinamento di un equilibrio solo apparente, solo un altro pretesto per mettere in luce, nella generale notte, sulla solitudine di ciascuno. Sui malintesi dei rapporti umani, sulle proiezioni e le aspettative su cui si costruisce una vita. E c’è, forse inevitabilmente, l’irruzione dell’omosessualità, qui latente, negata e poi vissuta con violenza.
Le persone non sono ciò che sembrano, in questo Cose che accadono la notte, in un continuo smascheramento, in un gioco di specchi in cui le parole non sembrano sufficienti a dire a che punto della vita si trovi ciascuno dei personaggi. E arrivano a confessare la loro inadeguatezza quando si tratta di dire cosa vogliamo o ci aspettiamo dagli altri. In una ambientazione che ricorda molto alcune linee cinematografiche di David Lynch, ci troviamo catapultati in un incubo, persi, senza punti di riferimento, sempre sull’orlo di uno svelamento, di una improvvisa deviazione del pensiero.
Un romanzo tutto giocato fra l’apparente consequenzialità logica e il suo improvviso deragliamento, tra sogno e veglia, con l’uomo e la donna che spesso perdono i sensi per risvegliarsi non ricordando. Una tensione continua che, senza dubbio, tiene il lettore attaccato alla pagina ma, forse, a volte sembra far pesare di più l’onirico rispetto a scampoli di reale a cui aggrapparsi. Non necessariamente è un difetto. Solo, a tratti, un pericoloso gioco di equilibri.
Cose che succedono la notte è, sicuramente, un libro interessante, a partire dal titolo che suggerisce un luogo e un tempo più consoni alla manifestazione della vera indole umana, un palcoscenico oscuro su cui, proprio per il buio, siamo più disposti a fare luce su ciò che non vediamo e non facciamo vedere. Ma non sono sicura che sia il libro più bello di Cameron. Se potente è la narrazione di un disagio esistenziale, non altrettanto, almeno in alcuni momenti, sono il linguaggio e la scrittura. Soprattutto all’inizio e per alcune pagine con una reiterata ripetizione di “come”: “La sera scese con un’immediatezza snervante, come un sipario abbassato in fretta”. “[…]ma non appena il treno entrò nel bosco scuro si ritrasse all’improvviso, come se gli alberi che sfioravano la vettura potessero graffiarla”. “Diede una leggera alzata di spalle e un tiro alla sigaretta, come se ci fossero sorti peggiori di una moglie invalida”. Una insistenza su questo “come se” che non si capisce se sia mancanza di sicurezza da parte dello scrittore, che sente necessario dover spiegare le sue scelte linguistiche e di immagine, o, coerentemente con la storia del libro, la resa narrativa di una realtà che è molte realtà, come se… In ogni caso qualcosa che, un poco, appesantisce.
Cose che succedono la notte resta però un libro che esplora quei territori oscuri in cui, per difesa o per paura, ci si trova a transitare o su cui ci si trova a interrogarsi. Con lo stesso senso di smarrimento e di mescolamento di tempi e luoghi. E resta un libro che mostra le potenzialità della letteratura, anche quella in cui è l’immagine, più della parola, a dare voce al racconto e a stabilire il ritmo dello stesso.
Narrativa
Adelphi
2020
241 p., brossura