Il muro, i difensori e gli altri
Di Geraldine Meyer
Il mondo è stato stravolto da un immane Cambiamento (climatico) e l’intera Gran Bretagna è circondata da un muro lungo chilometri. Una barriera, fisica e culturale, che serve a tenere fuori gli Altri. Gli altri sono uomini e donne, disperati, che attraversano i mari per trovare rifugio in un luogo che sia ancora asciutto e protetto. A controllare che il muro non abbia falle di alcun tipo, dalle quali gli Altri possano passare, ci sono i Guardiani, cittadini trasformati in automi, la cui vita, per due anni, sarà solo questo: la difesa dei confini. Se gli Altri passano, in numero uguale, i guardiani responsabili saranno buttati a mare, costretti a sopravvivere. Proprio come gli altri.
Questa la trama, la struttura de Il muro, ultimo libro di John Lanchester, già autore di altri quattro libri e collaboratore dei prestigiosi New Yorker e Granta. Come al solito ci troviamo davanti ad un libro che, banalmente, potrebbe essere definito distopico. Ma, anche in questo caso, la definizione risponderebbe più a comodità di classificazione che alla realtà. Per molti motivi, il primo dei quali è la perfetta corrispondenza a un attuale fin troppo presente e invasivo. I muri non sono certo qualcosa di lontano in un ancor più lontano futuro.
Se, è vero, non ci troviamo tra le mani un testo originale nel tema e nella dinamica, è altrettanto vero che quello che leggiamo è un libro erede di una lunga letteratura che ha avuto, nel fantastico e nell’immaginario, una forza dirompente di denuncia sociale e politica. Con uno stile pulito, a tratti scarno, in cui a prevalere è quasi esclusivamente l’elemento descrittivo, Lanchester ci conduce in un luogo grigio, freddo, ventoso, in cui tutto è dettato dalla paura, dall’ordine ossessivo di proteggere ciò che è diventato ancor più vitale: cibo, aria, acqua, risorse energetiche. In nome di una malintesa e paranoica difesa di una civiltà. Che, naturalmente è quella di chi il muro lo ha costruito.
Ma in un continuo e indifferenziato trascorrere di un tempo sempre uguale viene spontaneo chiedersi chi sia il vero reietto. Se l’Altro, colui che il muro vuole superarlo, o chi quel muro è costretto a difenderlo. Chi dei due, in realtà, sia il vero prigioniero.
La storia, raccontata da uno dei protagonisti, il difensore Kavanagh, ci mette davanti agli occhi un solo apparente vuoto fatto di attese. In realtà la tensione è continua e noi lettori l’avvertiamo, esattamente come chi si trova a difendere pareti di nulla. Tensione fatta di giorni e minuti sempre uguali, consumati nell’attesa del nemico. In una sorta di trasposizione britannica di un deserto dei tartari in cui, talvolta, i tartari arrivano davvero. Con le sembianze di uomini disperati, alla ricerca solo di un luogo sicuro.
Il muro è quasi la cronaca giornalistica di una società che ha barattato la libertà e la dignità stessa in cambio di una presunta sicurezza. Sicurezza che si paga, in realtà, con la perdita dell’umanità. Scampoli della quale vengono trovati in attimi fuggenti, in gesti piccoli e quasi distratti.
Sarà proprio l’infinita attesa, consumata sul muro e nei giorni, altrettanto grigi, di congedo, che porterà il protagonista a chiedersi se un’altra vita sia possibile, se un riscatto potrà trovare la strada. E, come spesso accade, sarà il ribaltamento dei ruoli, il trovarsi al posto degli Altri, a insinuare crepe e incertezze. Dubbi rispetto a scelte più volute che sentite, abbracciate solo per trovare quella salvezza negata agli Altri. Perché trovarsi dall’altra parte del muro è un soffio.
Narrativa
Sellerio
2020
285 p., brossura