La casa dalle finestre sempre accese. Il genio scomodo di Debenedetti.
Di Geraldine Meyer
La casa dalle finestre sempre accese, di Anna Folli, ricostruisce tra saggio e romanzo la vita di Giacomo Debenedetti e della moglie Renata Ongaro. Ma ricostruisce, in realtà, qualcosa di più. Una considerevole porzione della storia della letteratura italiana e della società letteraria del nostro ‘900. C’è una cosa che si può fare, per celia ma non solo, per capire, per chi non lo conoscesse, l’importanza di Debenedetti per la cultura italiana ed è sfogliare l’indice dei nomi alla fine del testo. Accompagnarne la lettura sfiorando ogni nome con un dito e constatare come moltissimi di quei nomi fossero uomini e donne, della letteratura e dell’arte, che con Debenedetti intrecciarono rapporti di lavoro, di amicizia, di collaborazione, intrecci di vita appena accennati o profondamente condivisi. E la vastità di quelle connessione impressiona nel raccontare, più di ogni altra parola, cosa sia stato Giacomo Debenedetti.
Anna Folli compie un bel lavoro di ricostruzione e della vita e della ricerca del grande critico letterario. Una figura che si staglia nitida in un clima culturale che, per molti aspetti, appare quasi agli antipodi di ciò che oggi più che una società letteraria appare un insieme di consorterie, dedite più al pettegolezzo rancoroso che alla condivisione autentica anche nelle diatribe. E, in sottofondo, ma solo nel senso musicale del termine, la figura di Renata, la moglie devota, fedele ma non certo monocorde o senza complesse sfumature.
Così la vicenda personale di Renata e Giacomo si intreccia con quella dell’Italia di allora, unendosi a quella di nomi quali Moravia, Morante, Bazlen, Aleramo, Bellonci, Soldati, Palazzeschi e tantissimi altri. Davvero una vita che può sfogliarsi come si farebbe con un meraviglioso testo di storia della letteratura italiana e non solo. Molti furono anche gli scrittori stranieri che fecero di Debenedetti una sorta di faro, di interlocutore, certi della sua cultura, della sua folle immersione nelle lettere, di quel suo impegno culturale che mai si disgiunge dall’impegno etico. E che, talvolta, lo portarono a incontrare cocenti delusioni
Nato a Biella da famiglia ebraica, Giacomo Debenedetti non solo pagò questa sua appartenenza durante il periodo della promulgazione delle leggi raziali, ma ebbe nella cultura ebraica un elemento identitario molto forte. Seppure vissuto con estremo pudore, l’ebraismo fu per lui uno dei modi per onorare il legame con l’amato padre.
La casa dalle finestre sempre accese ci conduce, con un affetto mai nascosto o dissimulato, dai giorni della collaborazione di Debenedetti alla rivista Il Baretti, alle sue prime prove di narrativa, al suo lavoro come sceneggiatore svolto sotto falso nome per l’impossibilità, in quanto ebreo, di firmare i suoi lavori. E proprio il suo essere ebreo sarà la cifra e la prospettiva da cui scrisse il suo bellissimo 16 ottobre 1943, struggente e lucidissima testimonianza sul rastrellamento del ghetto di Roma.
Debenedetti si formò, come molti della sua generazione, sulla critica crociana pur allontanandosene nel tempo. Spinto a ciò anche dal suo profondo interesse per la letteratura straniera, in particolare quella di Proust, vero e proprio amore-ossessione. La lettura e la traduzione dello scrittore francese rappresentarono per lui qualcosa di inestricabile dalla sua stessa indole e sensibilità. Una sorta di identificazione che trascese l’aspetto squisitamente letterario.
Anna Folli descrive con assoluta maestria la Torino in cui Debenedetti si forma, una città culturalmente vivacissima, teatro delle sue amicizie con uomini come Gobetti, Carlo Levi, Noventa. Amicizie che non verranno interrotte mai tranne quella con Natalino Sapegno. Amare le pagine in cui la Folli ci racconta di come proprio Sapegno, nel ruolo di presidente di commissione del concorso universitario a cui Debenedetti partecipò per divenire docente, lo bocciò con motivazione pretestuose, accusandolo addirittura di “involuzione dispersiva” dal punto di vista della produzione letteraria. Uno degli episodi più lancinanti della vita del grande critico letterario che tra molti riconoscimenti subì anche dolorose sconfitte, da lui almeno vissute come tali.
Mondanità letteraria, guerra partigiana, premi letterari, viaggi, lavori editoriali, consulenze. Una cavalcata biografica che non disdegna (forse in alcuni punti abusandone anche un po’) descrizioni psicologiche di alcuni dei rapporti più conflittuali di Debenedetti con alcuni dei protagonisti della cultura e dell’editoria, come quello con Mondadori nell’avventura, esaltante e complessa, de Il Saggiatore.
Un libro certo non accademico che riesce comunque ad omaggiare quello che resta il più grande critico letterario italiano, il suo genio, la sua indubbia precocità e la sua mai vinta inquieta solitudine
Biografia
Neri Pozza
2020
252 p., brossura