La novella campagnola Romeo e Giulietta nel villaggio
Di Francesca Grisolia
“Romeo e Giulietta nel villaggio” è una Dorfgeschichte (novella campagnola), pubblicata nel 1856, nella raccolta “La gente di Seldwyla”, dall’autore svizzero Gottfried Keller.
Perché si parla di “novella campagnola”? Si intuisce da questa denominazione un’ambientazione rurale e uno stile prosaico sintetico e piacevole all’ascolto. Ma nel caso di quest’opera, il testo è intriso anche di “realismo poetico”, termine con cui si allude a una “poetizzazione” della realtà borghese, la quale – come scrive Otto Ludwig – non è poetica in sé, nel suo insieme, ma è poetica o almeno poetizzabile nei suoi particolari, in cui vi sono o si possono cercare dei valori nascosti di bellezza.
L’autore esalta dunque la bellezza dell’esistenza della gente semplice, che vive in stretto contatto con la natura ignorando la realtà politica e sociale. Keller ne valorizza spesso, nelle sue opere, gli aspetti positivi. Lo si legge nelle prime pagine di “Romeo e Giulietta nel villaggio”: Anche la gente di campagna ha (…) le sue passeggiate e i suoi parchi preferiti, proprio come quella di città, solo che questi non costano nulla e sono ancora più belli; (…) fanno anche delle belle passeggiate, scegliendosele con cura (…) e si godono in pace quella natura bella e incontaminata; e poiché evidentemente non lo fanno per penitenza, ma per diletto, c’è da presumere che provino un qualche amore per la natura, anche a prescindere dalla sua utilità.
Allo stesso tempo, l’autore condanna la bruttezza di questa realtà poetizzata, qui personificata dagli abitanti di Seldwyla (il villaggio immaginario in cui si ambienta la vicenda): gli uomini, nella loro maggioranza, sono capaci di commettere un’ingiustizia che è nell’aria, e pronti a farlo, se se la trovano a portata di mano. Se però a commetterla è un altro, sono ben lieti che non sia toccato a loro di cedere alla tentazione; vedono nel prescelto la misura delle loro debolezze e lo trattano con cauto timore come il designato dagli dèi su cui si è scaricato il male, mentre sentono l’acquolina in bocca pensando ai vantaggi che l’altro ne ha tratto. È evidente, dalla sua aspra critica, che anche l’uomo campagnolo, seppur immerso in una natura così pura e naïf, ha assunto le caratteristiche del Biedermeier, il piccolo-borghese che si ripiega in sé stesso per contemplare la sua esistenza angusta e indifferente.
Nella fattispecie, in “Romeo e Giulietta nel villaggio”, i due protagonisti, Sali e Vrenchen, sono accompagnati dal narratore onnisciente nel paesaggio sonoro e pittorico della natura, lontano dalla società ipocrita del Biedermeier. L’amicizia coltivata dai due fanciulli era stata sradicata dalle due famiglie, in continua disputa per un pezzo di terra. Ma quando, anni dopo, i due giovani si rincontrano, si accende la fiamma dell’amore – come nella quasi omonima opera shakespeariana. Vivono la loro ardente e proibita felicità in un giorno solo, partecipando a varie feste, fino al giungere della sera, quando decidono di suicidarsi per non separarsi mai più.
Immagini e suoni della natura si intrecciano nella loro storia fin dall’infanzia, quando era bello vederli nel silenzio dorato del paesaggio autunnale; ma, al momento dello scontro dei loro genitori, i figli (…) non respiravano quasi, silenziosi come la morte. (…) Mentre i contendenti, gonfi di astio, se ne andavano per la loro strada, era calata un’oscurità profonda in cui scrosciava a torrenti la pioggia.
Un’armonia, stavolta dai toni quasi nuziali, si risveglia quando i due giovani decidono di scappare dalle loro povere case. Da ogni parte giungeva la voce della campana: qui il suono armonioso e profondo del campanile di un ricco paese, là lo scampanio leggero e chiacchierino di un povero villaggio. […] Ogni suono che si andava spegnendo nel silenzio del giorno di festa e ogni grido lontano vibrava come un’eco nella loro anima, perché l’amore è come una campana che fa risuonare anche le cose più insignificanti e lontane e le trasforma in una musica meravigliosa. E quando Vrenchen legge su un cuore dorato «Come una cetra è il mio cuore, ne tocchi le corde, risuona l’amore!» si sente a sua volta così pervasa di musica, che le pare di udire il suo cuore vibrare di dolci note.
La musica si fa immagine quando i due amanti, accompagnati da un violinista nero, giungono al Giardinetto del Paradiso: le pareti raffigurano schiere festose di angeli e santi che danzano e cantano, figure che rappresentano in pieno la purezza del loro sentimento, non più dissacrato da convenzioni sociali e terrene, ma innalzato a una dimensione altra. Qui si sta celebrando una festa che ricorda molto la notte di Valpurga: la musica scoppia in un ballo sfrenato che raggiunge il suo apice nel finto matrimonio tra Sali e Vrenchen, inscenato dal violinista nero proprio durante il chiaro di luna. Dall’antichità le fasi lunari vengono paragonate alle diverse fasi della vita. In campo botanico, con la luna piena si raggiunge l’apice dell’energia delle piante: i fiori sono più profumati, le erbe medicinali contengono il massimo dei loro principi attivi, gli steli svettano verso l’alto. Poi, dolcemente, con la fase calante, tutta questa energia sfuma fino a spegnersi, proprio come la vita dei due protagonisti. Sarà proprio la luna calante ad accompagnare il tragitto della loro barca verso la morte.
La celebrazione sta terminando e i ritmi audaci sfumano. I due si trovano da soli di fronte al fiume e quasi odono una melodia immaginaria e indistinta, forse un canto, il suono delle campane, forse l’acqua, o il battito dei loro cuori. L’acqua assume il ruolo di strumento purificatore: l’ultimo scontro violento dei loro genitori è avvenuto nell’acqua (in quanto famiglie di pescatori) e sotto la pioggia scrosciante, e subito dopo i due giovani si sono stretti le loro mani umide come in un’eterna promessa, per poi custodire i loro corpi intrecciati, come testimonianza del loro amore, nelle profondità del fiume.
Il finale implica, a livello tematico, la chiusura della cornice sociale già presentata all’inizio della novella. L’ipocrisia del Biedermeier si rivela quando, dinanzi alla constatazione della morte dei due giovani, Keller espone l’agghiacciante verdetto dell’opinione pubblica locale: si avanzava l’ipotesi che i due giovani si fossero appropriati della barca per consumarvi le loro nozze empie e disperate, segno, ancora una volta, della dilagante immoralità e del degenerare delle passioni. La società perbenista e indolente, la vera autrice di questo suicidio/omicidio, si sente quindi pulita e senza colpe.
BIBLIOGRAFIA
Gottfried Keller, Romeo e Giulietta nel villaggio, trad. it. Anna Rosa Azzone Zweifel, Marsilio, Venezia 2002 (ed. orig. Romeo und Julia auf dem Dorfe, 1856)
Viktor Žmegač, Zdenko Škreb, Ljerka Sekulić, Breve storia della letteratura tedesca. Dalle origini ai giorni nostri, trad. it. Giuseppina Oneto, Einaudi, Torino, 2000 (ed. orig. Kleine Geschichte der deutschen Literatur von den Anfängen bis zur Gegenwart, 1993)
Novella
Marsilio
2002