Amadou e i suoi sogni di gloria
Di Geraldine Meyer
Il calcio come pretesto, o come filo conduttore per raccontare la storia. Gigi Riva, un nome che è quasi ironia della sorte, ci aveva già incantato con il suo bellissimo L’ultimo rigore di Faruk in cui, attraverso il pallone ci raccontò le guerre balcaniche. Adesso, il giornalista e sceneggiatore lombardo, fa lo stesso con questo Non dire addio ai sogni, da poco pubblicato da Mondadori. Questa volta ci porta in Senegal, nella storia di Amadou, giovanissimo innamorato del calcio, in particolare del Brasile, le cui gesta mette in campo, è il caso di dirlo, tra gli spelacchiati campetti. Sognando un giorno di poter lasciare la fatica e la povertà indossando la maglia di qualche prestigioso club.
Il sogno e l’agognato riscatto per tutta la famiglia sembrano arrivare nelle vesti di due procuratori che, dopo averlo visto giocare, gli prospettano un futuro di gloria in una grande squadra francese. Sono bravi quei due procuratori, sono suadenti e convincenti. Peccato siano due truffatori che stanno girando l’Africa per approfittare proprio dei sogni di tanti ragazzini come Amadou. Ma il piano inclinato del destino ha ormai preso un inarrestabile abbrivio. Tra i sogni del padre, le istintive diffidenze della madre, il sacrifico della sorella costretta a sposare un uomo che ama per poter avere la dote che servirà a pagare i due delinquenti, la strada di Amadou è segnata.
Partirà per Marsiglia, tra nostalgia e entusiasmo, e qui l’inevitabile darà il via a un sogno che diventa incubo. Non c’è nessuna squadra ad attenderlo, nessun allenatore sta spettando quello che, nelle parole dei due procuratori, era destinato a essere un grande campione.
Gigi Riva è davvero bravo a condurci, proprio come un cronista, nel mondo di mezzo delle banlieu francesi, prima quella marsigliese poi quella nizzarda, in cui povertà e radicalizzazione islamica hanno terreno facile nel reclutare manovalanza disperata e senza prospettive. E, in mezzo a tutto ciò, ripercorriamo con lui e Amadou alcuni dei più sanguinosi atti terroristici che hanno insanguinato la Francia, le carneficine di Charlie Hebdo e del Bataclan. La situazione, almeno inizialmente, non cambierà per Amadou nemmeno quando arriverà a Roma, altra tappa del suo disperato peregrinare. Anche lui, come molti altri ragazzi immigrati, sarà reclutato da quella malavita che, spesso, è solo il cortocircuito di un sistema che non trova riscatto.
Riva ricostruisce le storie di tutte le persone che Amadou incontra lungo la sua discesa agli inferi. Restituendoci quasi un romanzo corale in cui le storie di tutti e di ciascuno diventano il simbolo di un generale disagio, di una fragilità, di un disorientamento che è di una intera impalcatura politico-sociale. Sono lucide e coinvolgenti le pagine in cui ci vengono raccontati quei palazzi scrostati della periferia marsigliese in cui le dinamiche di potere sono le stesse che creano l’emarginazione. Sono lucide e coinvolgenti le pagine in cui ci vengono raccontati i meandri di una Nizza così lontana dalla scintillante Promenade des Anglais. E lo sono quelle di una Roma periferica e centrale al contempo in cui l’inferno ha gli odori dei tunnel della Stazione Termini e della droga o della prostituzione. E altrettanto lucide, e prive di giudizi morali, quelle in cui ci racconta una società patriarcale e soffocante come quella del Senegal.
La caduta di Amadou, fino all’arresto, sarà però anche la sua occasione di riscatto, quello vero, non quello rubatogli con l’inganno. Il potere deflagrante dell’arresto e la conseguente necessità di dire la verità su quei suoi due anni di vita durante i quali i genitori lo credeva calciatore, saranno la sua vera vittoria.
Realtà e finzione danzano in un perfetto ritmo narrativo in questo Non dire addio ai sogni che, con il calcio, ci racconta la terribile e vigliacca nuova forma di tratta degli schiavi.
Strade blu
Romanzo
Mondadori
2020
217 p., brossura