Questo agile libretto di 176 pagine, Annette e la signora bionda, contiene 8 racconti di Simenon che si distinguono, come sempre, per fine e sottile analisi psicologica, sense of humour e ironia, notevole abilità attrattiva e capacità di far entrare il lettore subito in medias res. Degli otto ne analizzo qui tre: Il medico di Kirkenes, La moglie del pilota e Annette e la signora bionda che dà il titolo al volumetto. Sono quelli forse che colpiscono maggiormente il lettore attento all’ironia e alla fine analisi psicologica oltre che all’abilità indiscutibile di descrivere atmosfere.
Il medico di Kirkenes disegna, fra le altre, due figure dominanti: il dottor Joachim Troms e Anders Solstad chiamato da tutti Stor-Anders, ovvero il grande Anders. Il dottor Troms è un uomo solitario, che beve acquavite senza che gli altri se ne accorgano perché è proibito e potrebbe essere licenziato se fosse scoperto. Stor-Anders è invece un caposquadra di minatori, uomo calmo ed equilibrato, a cui è stata comunicata, improvvisamente, la morte della moglie. Stor-Anders, in preda al panico, ha bisogno di bere e si reca dal dottor Troms per chiedergli l’autorizzazione, dato che può farlo, a dargli una bottiglia di whisky. Ma Troms non vuole dargliela. Ed ecco la fine indagine psicologica sul dottor Troms: «Se c’era una cosa sgradevole, era il suo modo di guardare le persone: sembrava che cercasse di carpirne i segreti, come sospettando chissà quali oscuri disegni. Più che guardarle, le scrutava, con il viso contratto da spasmi nervosi». Tuttavia quel giorno del confronto con Stor-Anders era speciale anche per il caposquadra che non era tranquillo, anzi era molto agitato: «Quel giorno, però, anche Anders aveva un’aria stravolta. Invece di spiegarsi con chiarezza, lanciava occhiate tutt’intorno, si tormentava le lunghe mani callose, tossiva, tossiva troppo forte per essere credibile, indicandosi la gola e il petto».
A Kirkenes le bevande alcoliche potevano essere date solo su prescrizione del medico, che le vendeva personalmente nella sua farmacia. Tuttavia proprio per non incorrere nel rischio di non essere licenziato e perché convinto che Stor-Anders non aveva niente di serio, Troms gli prescrive della tintura di iodio da allungare nel latte. Qui Anders si arrabbia e sbatte la porta della farmacia andandosene. Si reca al circolo dei minatori sperando di ottenere là quello che cerca. Ma anche in questo caso è senza successo. Lo scrittore descrive il percorso immaginario e reale di Anders che si reca dai Lapponi nella speranza di trovare il whisky. Ma anche qui a vuoto. Dunque Stor-Anders ritorna dal dottor Troms – significativo questo circolo vizioso – e ancora una volta Simenon ci regala una analisi psicologica su di lui. Stor-Anders non può che pensare come Stor-Anders, mai penserebbe come il dottore, altrimenti non sarebbe successo niente: «Innanzitutto, per Anders, Troms era sporco. E non aveva tutti i torti. Il dottore non curava il suo aspetto, non si faceva mai la barba, che con ogni probabilità si limitava a scorciare con le forbici. E chissà se si lavava… Nessuno l’aveva mai visto ai bagni e emanava un odore da vecchio caprone. Cosa poteva pensare, Anders, di un uomo così, che non parlava con nessuno, che viveva da solo nel suo buco e puzzava di alcol?».
Le riflessioni di Anders suscitano ironia, quando non riso. «E quel modo di guardare, come chi non ha la coscienza tranquilla! Era la cosa più sgradevole. Anders fu tentato di dirgli: “Si avvicini! Non abbia paura! Non la picchierò”». Dunque c’è più che una antipatia fondata, c’è una antitesi fra i due. Di qui la storia di quello che è accaduto a sua moglie che dura fino a pagina 40. Ma il dottore non cede e Anders lo uccide, con la sola testimonianza di un gatto. Ma ritornando al circolo dei minatori Anders fa intuire la verità. Il dottor Troms viene scoperto morto e la polizia viene chiamata. Ormai Anders è diverso – e questo è importante, capitale – da tutti coloro che prima erano stati compagni di lavoro perché ha ucciso. «Aveva ucciso il dottor Joachim Troms».
L’altra storia che scelgo è La moglie del pilota. Che racconta del signor Porel pensionante della signora Dutrillaut e pilota a Rouen della bassa Senna. Qui Simenon non ci narra la storia di Porel, ma presenta la sua vita in atto, con dati esposti che arricchiscono la vita in atto del pilota. Porel, che i Dutrillaut credevano vedovo, in realtà era sposato con Madeleine, che però lo aveva lasciato per stare con il capitano Popinga, che abitava a Delfzijl, nel nord dell’Olanda. Di nuovo la storia presenta due personaggi, Porel e Popinga. Ma il motore di tutto è Madeleine, che lascia Porel per diventare la moglie-amante di Popinga, il quale espone la sua foto nella sua cabina, ma un giorno la sostituisce con un paesaggio alpino, quello del Monte Bianco. Perché un simile cambiamento? Porel avrebbe potuto chiederne la ragione a Popinga, ma rinuncia (qui vediamo un lato del suo carattere). Il giorno del cambiamento è il 29 ed il pilota per 9 giorni si mette a bere (la novena di cui parla la signora Dutrillaut). Porel in tempi passati, riceveva a casa sua il capitano Popinga e gli aveva presentato la moglie. Tutto sembrava andare per il meglio fino a che un giorno Madeleine era stata sorpresa da Porel con Popinga. Porel lancia la roba della moglie giù per le scale, divorzia e comincia a condurre una vita da scapolo, andando a vivere dai Dutrillaut. Popinga aveva messo la foto di casa sua e di Madeleine nell’Ada, così quando Porel ogni mese saliva a bordo dell’Ada vedeva la fotografia. E la signora Dutrillaut quando metteva a posto la stanza del suo pensionante, si accorgeva che era rincasato ubriaco. Ora la fotografia non era più al suo posto. Così un giorno Porel invece di fare una domanda netta a Popinga su Madeleine e chiedere il perché del cambiamento di foto pronuncia: «Allora?». Popinga dopo un po’ risponde: «Se n’è andata». Porel chiede l’indirizzo di Madeleine a Popinga che glielo dà. Abita in Belgio ad Anversa ed è diventata povera. Porel decide di perdonare la moglie e di ritornare con lei. Ma la storia non finisce qui, e non la racconterò per non perdere il fascino del finale. Sono le atmosfere, le ambientazioni e i caratteri che costituiscono il fascino di questo racconto della moglie del pilota, il cui titolo potrebbe già a prima vista fare immaginare la storia, il cui finale è molto interessante.
Annette e la signora bionda tratteggia la figura di una ragazza di 17 anni, viziata dal padre chiamato qui il buon cagnolone, nomignolo giustificato dall’aspetto, ragazza appunto che fa tutto quello che le viene in mente, e in generale sono idee balzane. Ha un gruppo di amiche, di cui lei è il capo, e quando si riuniscono si parla sempre di un certo Maurice: «Hai visto Maurice? Maurice, insomma, l’uomo, l’uomo ideale, un pezzo di giovanotto che forse non immagina di essere oggetto di tanta ammirazione e che ha sempre un sorriso felice stampato in faccia. Stasera ha l’aria un po’ stanca: deve aver fatto molta strada. Dove saranno andati? A Royan?». Perché infatti Maurice, che Annette vorrebbe far suo, ha una donna, la donna bionda, appunto, e quel giorno è andato a mangiare con lei a Royan. Ecco come pensa e decide Annette in presenza delle ragazze di cui è capo combriccola: «In fondo è anche colpa loro! Magari, se l’avessero lasciata in pace… Più di un anno addietro, la prima volta che hanno incontrato Maurice tutte insieme – e nono sapevano neanche chi fosse-, Annette, con la sua imperturbabile sicurezza, ha avuto la malaugurata idea di dire: «Quello sarà mio!» E hanno dovuto rendersi conto che non scherzava. Da quel momento Annette non ha più rivolto la parola a un coetaneo. Passa ore e ore a spiare la casa di Maurice da dietro le finestre dell’ufficio, e un giorno ha avuto la faccia tosta di entrare da Morillon, il fotografo, che aveva esposto in vetrina un ritratto del giovane avvocato. “Vorrei comprare quella foto…” Ma non è in vendita signorina… Dovrei quanto meno chiedere l’autorizzazione al mio cliente…” Uscendo dal negozio Annette ha dichiarato alle amiche in tono risoluto: “Pazienza! La ruberò!».
Quindi questa è Annette. Che un altro giorno, vista la macchina verde dell’avvocato decide di seguirlo fin nel suo albergo dove abita la donna bionda e prende un’altra decisione pazzesca: entrare nella camera della donna bionda, che è dolce e tutta infiocchettata, ma che lei odia, e strappa la vestaglia della donna e tagliuzza la pelliccia di lapin – a suo dire – che appartiene alla signora. Tornata a casa, Simenon ci fa incontrare la famiglia di Annette composta da musicisti e dal padre che l’ha viziata. E qui siamo al capitolo di Bernard, un ragazzo che è stato invitato a passare qualche giorno a La Rochelle ma che è originario di Montpellier. Con lui Annette inventa una storia finta di aver avuto delle avances da parte di Maurice, che l’avrebbe compromessa. L’incontro con Bernard avviene al cinema. Quando rincasa e prende il giornale quello che è accaduto la mattina all’hotel Trianon è ormai di dominio pubblico. E’ stata presentata una denuncia in Procura per una pelliccia di visone tagliuzzata del valore di 80.000 franchi e per aver strappato una vestaglia. Si intromette Bernard nella vicenda e avviene il confronto fra Maurice e Bernard in difesa di Annette. E’ interessante, di nuovo, l’altra idea balzana di Annette, che non capendo niente di quanto sta accadendo e non valutando che lei è ancora un’adolescente, decide di costituirsi e di parlare con l’avvocato prima di fare qualsiasi dichiarazione. Avvocato che sarà ovviamente, Maurice. Quindi come si vede, è una storia lieve ma che mette in evidenza la vacuità di un certo mondo di provincia e i limiti ed errori dei metodi educativi dei giovani da parte dei loro genitori. Altre idee balzane vengono alla mente di Annette, ma riteniamo opportuno che il lettore scopra il finale da solo.
Narrativa
Adelphi
2020
176 p., brossura