Individualismo, modernità e arte
Di Gianrico Gualtieri
Alcuni storici hanno notato che la formazione del mondo moderno assiste alla nascita dell’individualismo, e che vi è tra i due fenomeni una stretta correlazione. Il mondo antico ammette tipi, non individui, ed è all’interno dello spazio di scarto tra individuo e tipo o situazione ideale che ogni azione programmatica, costruttiva o distruttiva, diviene possibile.
Nessuno agisce in nome proprio, ma solo in quanto « rappresentante di ». L’artista del mondo antico è un artigiano che si trova al sommo della scala della qualificazione artigiana, ma resta ed è considerato a tutti gli effetti un artigiano e non pretende di essere altro.
Con la crisi della fine del medioevo e la formazione di nuove classi mercantili e borghesi, l’individuo inizia a « scollarsi » dalla semplice conformità ad un tipo o statuto e da ombra che era comincia a pretendere una sua consistenza autonoma. Questo avviene, come tutti i processi, molto gradualmente e la rappresentazione visibile di tale processo, o meglio la sua traccia, è costituita dagli autoritratti.
Dapprima disseminato nella folla dei personaggi, l’autoritratto del pittore emerge poco a poco e dà luogo, negli anni 1452-55, al primo autoritratto noto e firmato della storia dell’arte occidentale, quello del pittore Jean Fouquet (Tours, 1420-1471/81?).
L’autoritratto era inserito in una bordura riccamente ornata che circondava una delle sue opere principali, il Dittico di Melun. Siamo alla metà del XV secolo ed è significativo che questo capostipite degli autoritratti di artisti sia eseguito con una tecnica artigianale, quella dello smalto, che rileva ancora del gusto e della mentalità medievale, così come ancora medievali sono i caratteri coi quali l’artista firma questo prototipo.
Il lento ma inarrestabile processo di formazione della modernità è avviato, e comporta un mutamento di paradigma nel modo di concepire l’arte, nel ruolo dell’artista e in generale, della coscienza collettiva che si frammenta ; ed ecco emergere lentamente anche l’individualità e la coscienza che l’artista ha di sé, delle sue competenze e del ruolo che può svolgere nel nuovo assetto del mondo, ideologicamente e dal punto di vista di un’arte che sempre più produce « beni », oggetti di un mercato specifico.
Qualche decennio più tardi, possiamo seguire l’iter dei primi autoritratti, stavolta in tecnica pittorica e non più a smalto, né come medaglione di una bordura ma come opere autonome, dipinti da un artista tedesco dai modi ancora molto gotici : Albrecht Dürer (1471-1528). Datano rispettivamente 1493, 1498 e 1500 e documentano le fasi attraverso le quali l’artista ascende progressivamente ad una nuova coscienza di se stesso su un piano ideologico e sociale : dapprima fidanzato e in procinto di sposarsi, si rappresenta poi come un ricco borghese guantato, come se fosse il committente dell’opera e non colui che la realizza ; e infine, nel 1500, in posa frontale, con un’immagine che si sovrappone in molti sensi a quella di Cristo, con un’iscrizione che sottolinea l’importanza e il ruolo che l’artista si attribuisce : « Io Albrecht Dürer di Norimberga, ho dipinto il mio proprio ritratto con colori imperituri nel ventottesimo anno della mia vita ».
Basandosi su elementi filosofici e teologici che vedono, col Rinascimento, esaltare l’uomo, Dürer considera l’artista come un creatore, in senso analogo a quello di Dio ; e creatore innanzitutto di se stesso. L’uomo-artista non è più un Deus absconditus ma viene alla luce e prende coscienza di sé.
Il processo della formazione della coscienza individuale dell’artista si accompagna, sempre gradualmente, a quello della frammentazione del suo sapere e delle sue capacità, volgarmente chiamata specializzazione, che è il riflesso non soltanto della diversificazione del mercato, ma anche dell’accresciuta importanza della sensibilità, del gusto e delle inclinazioni personali dell’artista.
Come effetti collaterali di questa importanza che nasce e si sviluppa del ruolo e del compito dell’artista, abbiamo una rivalutazione dei processi d’ideazione e del lavoro che concorrono alla formazione dell’opera d’arte, in particolare un apprezzamento del disegno, che fino al Rinascimento era essenzialmente solo uno strumento di lavoro di atelier e non aveva un’importanza intrinseca ; nasce invece proprio col Rinascimento e si sviluppa, sebbene molto lentamente, un gusto e un apprezzamento per il disegno come opera d’arte ; certo, il disegno resta ancora uno strumento « di studio » e preparatorio ma incomincia ad essere apprezzato in quanto lavoro d’arte, si formano le prime collezioni, spesso strappando i disegni dalle mani degli artisti che quando non ne avevano più bisogno li utilizzavano come strofinacci per pulire le padelle o togliere la polvere, come era il caso dei Carracci mentre dipingevano le volte dei Farnese.
Coscienza dell’uomo e dell’artista che dopo il breve fasto del Rinascimento è andata rapidamente in crisi, una crisi irreversibile che ha coinciso, e tutt’ora coincide, con la modernità. L’arte e gli artisti hanno resistito, fin dove hanno potuto, non grazie alla nuova coscienza ma a quella antica, quella che fece dire ad uno dei Carracci, chiudendo una disputa teorica che si era aperta tra loro ed un nobile su concetti importanti dell’arte : « noi altri depintori, habbiamo da parlar’ con le mani » .