Antichità e valore : il guilloché
Di Gianrico Gualtieri
Qualche giorno fa ho pubblicato nella mia bacheca FB l’immagine di una cornice dal decoro cosiddetto « a guilloché » :
E qualcuno ha commentato : « a me non piace » ed ha poi soggiunto « non mi piace l’antico ».
La cosa sul momento mi ha spiazzato, perchè a me la bellezza di questo oggetto e di questo tipo di decorazione sembra talmente evidente che sentir affermare con tanta convinzione l’esatto opposto mi sembra assurdo.
Da questo episodio – a volte le cose nascono così – è nata l’idea di scriverci sopra per chiarire un equivoco, che poi è il risultato di altri equivoci, come spesso avviene. Per cui andiamo a chiarificare un po’ alcuni di questi equivoci e a ritracciare un po’ la storia e la fortuna di questo motivo ornamentale, il guilloché, che ha conosciuto un immenso successo pressoché ininterrotto per diversi secoli.
Il razionalismo settecentesco ha inoculato nella nostra forma mentis l’idea che solo le conoscenze certe, inopinabili, razionalmente esatte, dimostrabili e riproducibili attraverso procedimenti egualmente lucidi, trasparenti, ineccepibili, hanno diritto di cittadinanza nella verità, tutto il resto è soggettivo e di conseguenza, opinabile e senza valore. Alla famosa frase di Hume :
« Se ci viene alle mani qualche volume, per esempio di teologia o di metafisica scolastica, domandiamoci: contiene qualche ragionamento astratto sulla quantità o sui numeri? No. Contiene qualche ragionamento sperimentale su questioni di fatto e di esistenza? No. E allora gettiamolo nel fuoco perchè non contiene che sofisticherie ed inganni. »
Si potrebbero affiancare i pensieri di Kant sul gusto che sono ispirati allo stesso atteggiamento e che tra l’altro confondono « gusto » e « gusti » : il fatto che a me possa non piacere personalmente il vino di Malaga può essere dovuto ad una moltitudine di fattori, ad una complessione personale, ad episodi pregressi, ad una preferenza accordata ad un altro vino ; ma questo non mi autorizza in nessun modo a dire che il vino di Malaga ha di per sé un pessimo gusto e che è un pessimo vino, di scarsa qualità. Eh sì cari razionalisti empiristi e non del ‘700, c’è un certo grado di oggettività anche nelle questioni che voi vorreste così facilmente adagiare sul letto di Procuste, mutilandole.
« Antico » non ci aiuta, perchè ci dice solo che un qualcosa pertiene e proviene dal passato, da una dimensione abbastanza remota. Per un meccanismo indotto siamo portati ad associare l’idea di « antico » a quella di « valore » ma se analizziamo i termini siamo costretti a renderci conto che la semplice distanza temporale non può essere una fonte di valore, in quanto elemento puramente quantitativo. L’esperienza ci dice, tra l’altro, che esistono opere antiche decisamente poco riuscite o addirittura scadenti. Se vogliamo che il nostro giudizio esprima realmente qualcosa e non solo nominalmente o in virtù di associazioni meccaniche, dobbiamo introdurre un principio qualitativo.
Ciò che ammiriamo nell’Antico è la validità dei princìpi unita all’abilità dell’esecuzione, la bellezza dell’ispirazione che molto spesso trae spunto dalla ricchezza del mondo naturale, la cui varietà era concepita come una manifestazione visibile di un mondo superiore e invisibile.
Un esempio quasi paradigmatico potrebbe essere proprio questo motivo del guilloché : le sue origini sono con certezza legate alle tecniche dell’oreficeria, alcuni studiosi situano l’origine nella città tedesca di Augsburg, centro importante di lavorazione artistica dei metalli, verso la fine del XV secolo. L’ispirazione originaria avrebbe la sua fonte nei motivi che appaiono sulle conchiglie, formanti da linee incise variamente intersecantesi :
Riprodurre questa varietà e regolarità di disegni, con mezzi di incisione manuale come i bulini, sul metallo, è impresa tutt’altro che facile ed è questa difficoltà di esecuzione insieme alla bellezza dell’ispirazione che fa il valore dei pezzi prodotti. L’operazione di « guillochage » sarà meccanizzata solo molto tempo dopo, a rivoluzione industriale avvenuta, e permetterà la decorazione di superfici molto più ampie che saranno poi lasciate nude o ricoperte da uno strato di smalto trasparente che esalterà il gioco di riflessi e di linee della decorazione.
A partire da questi primi esordi nell’oreficeria, il motivo sarà ben presto adottato anche in ebanisteria, soprattutto dalle scuole del nord, fiamminga e olandese, ma anche ovviamente in Germania, con applicazioni nel campo delle cornici e dell’ebanisteria, con un successo che si riscontra raramente in altri tipi di decorazione e che durerà per più secoli : ci sono ditte che producono cornici con questo motivo ancora oggi, per quanto siano dei semplici calchi in resina. Tuttavia ancora negli anni ’50-’60 vi era una produzione di modelli in legno con tale motivo, segno che erano ancora richiesti.
Un esempio è il modello che abbiamo presentato all’inizio dell’articolo, ma la fantasia degli artigiani e le combinazioni di disegni, abbinamenti di legni tra loro e con materiali pregiati come l’osso, l’avorio, i metalli, le pietre semipreziose, è stato davvero senza limiti e ha prodotto oggetti di notevole valore, come i cosiddetti « cabinet de curiosité » che erano piccoli mobili destinati a contenere collezioni di oggetti in una serie di tiretti molto spesso ornati da pitture, intarsi di diverso genere ed anche da modanature guillochées.
Col XVII secolo si cominciano ad impiegare anche i legni esotici, la cui disponibilità è assicurata dagli scambi della nascente Compagnie delle Indie ; compaiono l’ebano, talvolta sostituito da un pero tinto in nero, e altri legni esotici molto duri che aumentano la difficoltà della lavorazione e di conseguenza, il valore. Molto impiegata anche la tartaruga, eravamo ancora molto lontani dalla coscienza ecologica dei nostri tempi.
Ora forse questi elementi, seppure sintetici e certamente non esaustivi, ci permettono di delineare, quantomeno, una risposta o un’alternativa più articolata al semplice e immediato quanto inconsistente « mi piace/non mi piace », che va bene per i gelati, ma che sta un po’ stretto alle più alte realizzazioni dell’ingegno umano.
Benché « antico » possieda una connotazione temporale, dobbiamo intendere come implicito in questo termine un giudizio di valore che investe l’origine, l’ispirazione, il modello, i materiali impiegati, la difficoltà dell’esecuzione, la fantasia e varietà dell’interpretazione, il tutto concretizzato in pezzi d’artigianato e d’arte che informano, aristotelicamente, cioè costituiscono la forma interna del gusto di un’epoca. Che nel caso del guilloché si è esteso su più epoche, quasi a voler mostrare l’indipendenza dal tempo della validità dell’unità inscindibile ispirazione-realizzazione.