Il respiro dell’Europa di Simenon
Di Geraldine Meyer
Sulla cifra della scrittura di Simenon report ci eravamo già fermati, sorpresi e incantati, con il suo Il Mediterraneo in barca. Oggi, sempre grazie ad Adelphi, torniamo a immergersi nella sua lucidità con questo Europa 33. Un libro che raccoglie alcuni pezzi pubblicati sulla rivista Voilà. Una rivista, come ci ricorda Matteo Codignola nella postfazione: “espressamente dedicata ai reportage d’autore: firmati da grandi penne – Albert Londres, Joseph Kessel, Léon-Paul Fargue, tanto per dire il livello -, ma soprattutto accompagnati da immagini di altissima qualità, con una grafica e un montaggio assai audaci.” Fabbricante di istantanee intitola Codignola la sua postfazione. E fabbricante di istantanee ci appare Simenon in questo suo viaggio, letterario e fotografico, attraverso l’Europa uscita stremata dalla Prima Guerra Mondiale e prossima ad entrare, con contraddizioni non risolte ma semmai rese ancora più evidenti, nella seconda.
Un viaggio in cui il Simenon dei suoi romanzi ci viene incontro qui, con la stessa chirurgica lucidità, con la stessa compassionevole assenza di giudizi morali e moralistici. E con la stessa precisa e cinica (nel senso filosofico del termine) capacità di cogliere l’attimo dell’umano. Con la sua grandezza annidata proprio dentro e dietro la perenne fragile miseria.
Un viaggio diviso in quattro sezioni: Europa 33, I grandi alberghi europei, Una visita a Trockij e Popoli che hanno fame. Un viaggio durante il quale Simenon, da uomo curioso della vita in ogni suo anfratto, adotta lo sguardo del cane, quello sguardo dal basso che non disdegna, anzi disperatamente cerca, di accompagnarsi all’annusare gli odori del suolo, della terra e della strada. Della ricchezza e della fame, quella vera che lascia inebetiti e senza reazioni.
Tra le campagne innevate del Belgio, i villaggi miseri della Lituania, fino a una Russia ancora Europa, la grigia Varsavia e altri luoghi, Simenon ci conduce in un viaggio in cui la geografia ritorna a ciò che primariamente dovrebbe essere e cioè, letteralmente, la scrittura dei luoghi. Che non può che essere la scrittura degli uomini e delle donne che la abitano, che danno allo spazio fisica la sua valenza e pregnanza sociale e politica.
Un viaggio complesso quello di Simenon e di questo Europa 33. Un viaggio che, proprio dal titolo, ricorda l’invito del medico al paziente mentre ne saggia il respiro: dica 33. Che qui diventa, oltre che un anno cronologico, esattamente lo stetoscopio di uno scrittore che ne vuole sentire non solo il respiro ma, ancor più, il cuore e i nervi. E allora eccoci condotti, senza paternalismi, attraverso un continente che non sapeva di esserlo, che talvolta non lo accettava (come oggi) e che viveva di miseria e nobiltà (decaduta) tra case misere e alberghi di lusso. Tutto, sempre, raccontato mescolandosi alle persone di cui racconta, vivendone le parole ma, soprattutto, i gesti, le contraddizioni, le bugie, le idiosincrasie. Quelle frontiere che, allora come ora, erano prima mentali e culturali e poi fisiche.
Ci sono pagine, in questo Europa 33, di sublime bellezza e tristezza, di potente luce sulle ombre di molte frammentazioni, di insanabili povertà, di pregiudizi ma anche di umanità. Seguire Simenon in questo viaggio e come farne uno nelle radici di ciò che l’Europa è e non è, al contempo, ancora adesso. E ciò che più colpisce è che Simenon riesca a farlo anche solo (per la maggior parte del libro) con la descrizione dei paesaggi, delle città, dei paesi più ancora che con le pennellate di scrittura con cui dipinge le persone incontrate. E questo è il vero cuore dei suoi reportage. L’aver compreso come i luoghi siano ciò che disegna i contorni delle persone, siano la mano che scolpisce e modella quelle sfumature umane che diventano abissi di contese politiche, commedie sociali e mollezze burocratiche.
Europa è una parola che emoziona e Europa 33 è come un termometro che misura la temperatura di quella emozione, anche e soprattutto oggi. È questa la sua attualità: esattamente il suo essere inattuale e, proprio per questo, valido anche oggi. Questo libro ci lascia con una necessità e una domanda. La necessità di questo tipo di reportage e la domanda su chi, davvero, sia ancora in grado di farli.
Reportage
Adelphi
2020
377 p., brossura