Anita Mancia, nata a Roma, ha lavorato 20 anni presso l'Istituto Storico della Compagnia di Gesù come assistente bibliotecaria ed Archivista. Ha collaborato con la rivista storica dell'Istituto con articoli sulla Ratio Studiorum, la pedagogia dei gesuiti, i gesuiti presi prigionieri dai pirati e recensioni. Presso l'editore Campanotto di Udine nel 2007 ha pubblicato un volumetto di poesie.

Oracolo manuale ovvero l’arte della prudenza, di Baltasar Graciàn

Di Anita Mancia

«L’accortezza non ammette tentennamenti: cammina sempre nel luminoso mezzodì della ragione» Da Oracolo Manuale 91, agire sempre senza scrupoli di imprudenza pag 52.

211. In Cielo tutto è gioia, all’Inferno tutto è dolore. E nel mondo, che sta in mezzo l’uno e l’altro. Stiamo fra due estremi e così apparteniamo a entrambi. Le sorti si alternano: né tutto ha da essere prosperità, né tutto avversità. Questo mondo è uno zero: da solo non vale niente, ma se lo si mette insieme al Cielo, molto. Rimanere indifferenti ai suoi cambiamenti è accortezza, né è da saggi stupirsene. La nostra vita si svolge come in una commedia: lo scioglimento avviene nel finale. Attenti, dunque, a che finisca bene» Oracolo Manuale 106.

«L’Oráculo è una raccolta di consigli pratici di cui il cristiano deve fare buon uso nel mondo civile, naturalmente riservandosi al tempo stesso, nel suo oratorio e in chiesa, le ore di meditazione, di purificazione e di ricezione dei sacramenti che lo assistono nei pericoli e lo fanno crescere nella vita spirituale» Dal saggio «Dall’Oráculo Manual a l’Homme de cour» di Marc Fumaroli, 241.

Esce per l’editore Adelphi di Milano un libro complesso e composito che contiene la traduzione e le note filologico-critiche di Giulia Poggi, e, contemporaneamente, la traduzione dell’ampio, erudito, articolato e preciso saggio di Marc Fumaroli «dall’Oráculo Manual all’Homme de Cour». Quest’ultimo studia analiticamente la fortuna che ebbe Gracián in Francia con la traduzione di Amelot dell’oráculo del 1684, trentasette anni dopo l’apparizione in Spagna del testo originale.

Per capire la struttura e l’architettura di questo libro è estremamente utile la presentazione al Lettore del mecenate di Gracián, Vincencio Juan de Lastanosa che precede e comincia la traduzione di Poggi. Recita il testo: «Né leggi per il giusto, né consigli per il sapiente: eppure nessuno ha mai saputo abbastanza per sé stesso. Mi dovrai di una cosa perdonare e di un’altra ringraziare: l’aver chiamato “Oracolo” quest’epitome di consigli per vivere felicemente, poiché lo è, sia nella sentenziosità che nella concisione; e l’offrirti una volta sola tutti e dodici i Gracián, ciascuno così apprezzato che ancora il “Saggio” non s’era diffuso in Spagna e già veniva letto in Francia, tradotto in quella lingua e stampato alla sua Corte». Il testo, quindi, raccoglie insieme tutte e dodici le opere di Gracián, anche se la curatrice italiana della traduzione ci dice che non si ha notizia della traduzione francese del Discreto. E’ caratteristica del testo che non si menzioni il reale autore di esso, perché la Compagnia di Gesù non ammetteva che si pubblicassero con il nome del vero autore opere profane destinate anche ad un pubblico profano. Così l’Oráculo che è una sorta di epitome di opere di Gracián, va sotto il nome del laico Lorenzo Gracián, e ci volle soprattutto la sua diffusione in Francia a rendere noto l’autore.

Dunque un testo che viene definito «epitome di consigli per vivere felicemente» che è Oráculo, Oracolo, nella sua sentenziosità e concisione che talora potrebbe sembrare troppo concettista od oscura. Questa allusione alla «felicità» può far pensare ad una interpretazione epicurea in chiave cristiana di queste sentenze, è ciò è non solo possibile, ma vero in un certo senso. Il testo ha come destinatario il saggio cristiano nel suo farsi. Perché come i Gesuiti fondavano il loro sapere e le basi dell’educazione dei giovani delle élites aristocratiche o solo nobili di spirito sugli Esercizi Spirituali e sulla Ratio Studiorum per educare i giovani al ben parlare, alla filosofia, alla scienza, alla Sacra Scrittura ed alla Teologia, in campo morale avevano un fondamento di cui il testo di Gracián insieme alle sue altre opere è un esempio. Manuale per l’aspirante alla sapienza per raggiungere la quale occorre essere dotati di accortezza, attenzione, gusto, in una parola, virtù, non essere volgari e stupidi preda del vizio. Soprattutto sapersi moderare contro il rischio che le passioni ci possano sopraffare e ridurre in cenere tutto il lavoro che occorre fare per tenersi nella giusta misura e nelle regole della suprema ragione. L’oracolo 96 a questo riguardo è illuminante: «Della grande sinderesi. E’ il trono della ragione, il basamento della prudenza, ché grazie a esssa costa poco riuscir bene. E’ un regalo del Cielo e il più ambito, perché il primo e più grande: il primo pezzo dell’armatura, e così importante che nessun altro, mancando, definisce un uomo tanto manchevole: meno c’è, più lo si nota. Tutte le azioni della vita dipendono dalla sua influenza e tutti ricercano il suo marchio, ché tutto ha da essere con senno. Consiste in una propensione innata verso quanto c’è di più conforme alla ragione, dal momento che si sposa sempre con quanto c’è di più riuscito» 54. Dunque la sinderesi come fondamento di tutto, il pezzo che si nota se è mancante, l’attenersi e conformarsi alla ragione, che si sposa con quanto c’è di più riuscito. Un linguaggio per niente astruso, quello di Gracián, molto concreto che si fonda sul simbolo e sul paragone fra il concetto (la sinderesi) e la realtà concreta simboleggiata dall’armatura. Così questo oracolo ritrova il suo elemento della sinderesi nella sua assenza che conduce alla stupidità: «Non diventare mostri di stupidità. 168. Lo sono tutti i vanesi, i presuntuosi, gli ostinati, i capricciosi, gli illusi, gli stravaganti, quelli che si atteggiano a tipi, quelli che fanno ridere e quelli che raccontano storie, gli esagerati, i settari e ogni genere di intemperanti: tutti mostri di insipienza. Ogni mostruosità dell’animo è deforme più di quella del corpo, perché smentisce la superiore bellezza. Ma chi potrà correggere un così grande e generale scompiglio? Dove manca la sinderesi non c’è posto per nessuna guida, e quella che dovrebbe essere una riflessione suscitata dall’irrisione è una mal riposta presunzione di un immaginario consenso» 87.

Molte riflessioni-oracoli e sentenze di Gracián si presterebbero ad essere esaminate. Qui basterà ricordarne alcune: l’avere e farsi amici, non restare completamente isolati perché saggi, il ricevere qualche consiglio anche se saggi perché si può sbagliare, vivere in società ma sempre capaci di moderarsi e di tenere a freno le passioni più smodate, essere affabili, avere rispetto di sé stessi. In società è importante anche il rapporto con la verità che non bisogna mai dire tutta, per non generare amarezza: «Saper giocare con la verità 210. E’ rischiosa, ma l’uomo dabbene non può esimersi dal dirla: e qui occorre abilità. I bravi medici dell’anima inventarono la maniera di addolcirla, ché quando sconfina nella disillusione è la quintessenza dell’amarezza. Qui le buone maniere si avvalgono della loro destrezza. Con una stessa verità si lusinga una persona e se ne distrugge un’altra. Occorre parlare ai presenti con esempi del passato. Con il buon intenditore serve solo accennare, e se neppure questo servisse è il caso di tacere. Non si deve curare il principe con cose amare: per questo esiste l’arte di indorare i disinganni» 106. Bisogna saper parlare e avere certo la capacità di guardare le cose e le persone per potersi moderare. Buone maniere e destrezza sono necessarie.

Non è compito di questa recensione recensire tutto l’Oracolo, ma, siccome questo libro contiene anche il saggio di Marc Fumaroli, è opportuno censire anche questo saggio, che è l’altra parte del libro.

Intanto si può cercare di rispondere a tre domande: chi è Amelot, perché Amelot, a chi scrive Amelot.

La traduzione di Amelot:  «Passando dall’Arte della prudenza» all’Uomo di corte» il manuale d Gracián nel 1684 mutava orizzonte e significato. Il gesuita spagnolo aveva mostrato come una conciliazione del tutto personale della libertà umana e della grazia divina poteva guidare nella fossa dei leoni mondana, la condotta dei grandi cuori. Quest’arte alla Corneille di comportarsi in base alla padronanza e al rispetto di sé, il traduttore francese, con il suo titolo e la sua prefazione, la presentava sotto la luce dei confidenti raciniani nati nel serraglio di cui conoscono le scappatoie sempre decidendo di cedere alla pressione del momento e di seguire l’opinione maggioritaria a corte» 185-186. Cambiando titolo al testo, Amelot operava una mistificazione che gli serviva in realtà per passare dalla monarchia spagnola in crisi durante la guerra dei trent’anni al tempo di Filippo IV e del duca di Olivares, alla monarchia assoluta del re Luigi XIV e di Richelieu per scrivere un panegirico del sovrano francese a cui nessun altro avrebbe saputo o potuto paragonarsi se non per difetto. Questo era un modo di comportarsi diverso da Gracián che guardava agli eroi del passato piuttosto che a quelli del presente e certo non all’uomo di corte francese. Ma chi era Abraham o semplicemente Nicolas Amelot de La Houssaie o de la Houssaye? Forse è nato nel 1634 ed è forse morto nel 1706. Sembra che fosse povero di origine, e che grazie ai gesuiti, che gli davano elemosine, poteva guadagnare il sostentamento necessario per vivere con ripetizioni agli scolari e copiatori di scritti. Ripagò i gesuiti con ostilità, una ostilità tipicamente gallicana che «sta in testa alla sua traduzione, prudentemente pubblicata ad Amsterdam nel 1683, della Istoria del Concilio tridentino di fra Paolo Sarpi» 294.

La biografia certa di Amelot inizia nel 1666 anno in cui, su raccomandazione dei gesuiti, entra al servizio di Louis de Verjus, secondo segretario dei comandi della regina del Portogallo, Maria di Savoia Nemours.  Questo è l’inizio della sua carriera diplomatica che prosegue a Venezia nel 1669 con il titolo di segretario di ambasciata. Durante il suo lavoro sembra che commettesse dei furti di oggetti d’arte e di documenti confidenziali da Louis de Verjus e dal marchese di Saint Roman. Venne così escluso dal servizio dell ambasciata dal suo capo di sede. Però non fu fatto oggetto di azioni giudiziarie. Fumaroli ritiene che si fosse creato una fama di archivista erudito ed esperto e che disponesse di appoggi importanti a Corte, poiché ottenne dall’ambasciatore di restare lunghi mesi a Venezia. Qui potè avere accesso alle fonti negli Archivi segreti della Repubblica parallelamente con le sue letture nella Biblioteca Marciana. Al suo ritorno a Parigi trovò un impiego di correttore ed esecutore di copie presso il libraio ed editore del Re Frédéric Léonard nella bottega «Allo scudo di Venezia». Amelot nel 1676 pubblicò la storia del governo di Venezia che gli valse forti rimostranze e irata reazione dell’ambasciatore veneto Contarini e che costrinsero la corte di Francia a far rinchiudere Amelot alla Bastiglia per sei settimane. Questa fu la prima volta in cui Amelot ebbe a che fare con la giustizia prima del 1670 per ragioni personali. Dopo la rottura con il libraio  Léonard della cui figlia pare che fosse stato amante, Amelot si trasferì nel Marais nel palazzo dell’abte Henri de Fourcy, nella cui biblioteca continuò a scrivere ed a pubblicare libri di pietà. E’ interessante per il lettore sapere che Amelot pubblicò traduzioni di Machiavelli e di classici Latini, Tacito, di cui era ammiratore al punto da volerlo considerare come fondamento della concezione della storia presente in Gracián. Il suo metodo di lavoro è stato studiato dall’erudito americano Jacob Soll.

Ma perché Amelot è così importante? A causa dei lettori francesi dell’opera di Gracián almeno dagli anni della sua pubblicazione in spagnolo. Furono artisti come Corneille, la Marchesa di Sablé che pure apparteneva alla cerchia esterna degli amici di Port Royal,  i letterati appartenenti alla piccola corte di Luigi XIII, il fratello del re Gastone d’Orléans, Vincent Voiture, Tristan l’Hermite erano informati di quanto veniva pubblicato in spagnolo. In particolare il fratello di Luigi XIII era stato ospite a Huesca, dove Gracián aveva pubblicato l’oráculo, di Don Lastanosa, mecenate di Gracián. Dunque questo interesse complesso e composito dei francesi per il teologo e filosofo spagnolo spiega bene, e Fumaroli lo argomenta con gran profusione di dettagli, perché l’opera di Gracián interessasse la Francia. E Amelot godeva anche dell’amicizia e della vicinanza intellettuale del calvinista Bayle e del suo Dictionnaire. Chi in Francia ristabilì l’autentico pensiero di Gracián nel suo Oráculo Manual fu il confratello gesuita Joseph de Courbeville (1668-1715). Egli criticando l’uso della espressione uomo di corte al posto di Oracolo Manuale scrive: «Un uomo di corte è un uomo abile, accorto, ma falso e artificioso: un uomo che reprime il proprio stato d’animo, che agisce e parla contro i propri sentimenti. Invece Gracián, ben lungi dal favorire il vizio «non ha altro scopo che condurre alla virtù, ma alla virtù illuminata e prudente, che non sia vittima dell’impostura né della sorpresa» 260.

Ora il saggio di Fumaroli ha, a mio avviso, il merito di ristabilire la verità storica su Gracián e sull’uso che di lui, per scopi religiosi e filosofici ne ha fatto Amelot, che pure è stato un tassello eminente nella sua fortuna. In particolare è degno di apprezzamento  il fatto di riuscire a collegare, come fa Fumaroli, l’Oráculo con una delle opere religiose del teologo aragonese, El Comulgador, che teorizza la comunione frequente mettendone in evidenza tutti i meriti, laddove i giansenisti la criticavano. Scrive dunque Fumaroli: «Questa dimensione sacramentale del suo Eroe, del suo Saggio, del suo Politico, della sua Arte della prudenza, affiora solo a sprazzi nelle opere profane attriuite a Lorenzo Gracián, gentiluomo. Essa dota la vita interiore segreta dell’uomo  per bene di un secondo retroterra, soprannaturale, più inaccessibile e misterioso del primo, quello in cui al riparo dagli sguardi egli si conosce ed esercita su sé stesso la propria libertá naturale di giudicare e di agire. Questa discrezione dell’Arte della prudenza sul soccorso interiore della grazia si spiega molto bene con la volontà, adeguata al suo prestanome laico che si rivolge a un pubblico laico, di insistere sul postulato dell’umanesimo cattolico, quale lo intendevano fondamentalmente i gesuiti: la libertà naturale» 240.

Così scrivendo Fumaroli restituisce Gracián alla sua realtá di essere gesuita, legato al mondo spirituale, sacramentale e teologico, mentre opera nel mondo terreno. Perché come dice molto bene l’oracolo 211, noi viviamo in mezzo al mondo che è uno zero, se paragonato e in relazione al Cielo, al Paradiso, e all’Inferno. Resta così la possibilità di ricordare e menzionare qui l’ultimo aforisma dell’oracolo prima di chiudere la recensione:

«300. In una parola, santo. Che è come dire tutto in una volta. La virtù è catena di tutte le perfezioni, centro di ogni felicità. Essa rende un individuo saggio, attento, sagace, accorto, coraggioso, dignitoso, integro, felice, acclamato e riconosciuto eroe. Tre «esse» rendono fortunati: santo, sano e saggio. La virtù è il sole del piccolo mondo, e ha come suo emisfero la sua buona coscienza; è così bella che porta con sé il favore di Dio e delle persone. Non c’è cosa più amabile delle virtù, né più odiosa del vizio. La virtù è cosa seria, tutto il resto burla. La capacità e la grandezza si devono misurare non in base alla fortuna, ma alla virtù. Essa da sola basta a sé stessa. Rende l’uomo amabile se è vivo e, se morto, memorabile» 145. Dove il piccolo mondo, come chiosa nella sua ultima nota la brava traduttrice italiana l’ispanista Giulia Poggi, è «un riflesso della teoria neoplatonica che vede nell’uomo un microcosmo corrispondente al macrocosmo che è l’universo».

Baltasar Gracián. Oracolo manuale ovvero l’arte della prudenza. Traduzione e note di Giulia Poggi con un saggio di Marc Fumaroli.  Il saggio di Marc Fumaroli è stato tradotto da Graziella Cillario.

Oracolo manuale Book Cover Oracolo manuale
Baltasar Graciàn. Trad e note di Giulia Poggi
Saggistica
Adelphi
2020
363 p., brossura