Padre Marella, quel prete strano
Di Geraldine Meyer
San Giovanni in Persiceto, cittadina della bassa, è terra di buon cibo, di buon vino e di storie. Che si raccontano attorno a un tavolo, tra nebbia e partite a carte. Amano raccontare, da quelle parti. E di questa attitudine Maurizio Garuti, che a San Giovanni in Persiceto vive e lavora, ne è esempio. Sa raccontare Garuti, sa raccontare quelle storie un po’ defilate, timide e quasi anonime che dicono tanto più quanto meno rumore fanno. Questa sua bravura di raccontastorie, già uscita dai suo precedenti libri, ci accompagna anche nella lettura di questo suo Lontano da Padre Marella, da poco pubblicato da Minerva.
Una storia piccola eppure immensa. Che ci viene raccontata da una voce narrante, uscita dalla fine degli anni ’20. Quando Olinto Marella faceva il professore di filosofia al Liceo Galvani di Bologna. Professore “strano”, eccentrico nei modi e nel vestire. Di lui si chiacchiera e su di lui fiorisce la curiosità. Mai avuta una donna, vive con la madre. Trascorre la ricreazione, a scuola, camminando un po’ sperso, mentre gli altri professori si riuniscono tra loro.
Non ha una parlantina trascinante, durante le sue lezioni la disciplina non induce gli studenti a stare in silenzio. Ma, quando parla, ti guarda in viso, porta la filosofia a livello della vita. Ne fa insegnamento pratico. E chiede, si interessa ad ogni studente domandando: “Ma tu cosa vuoi fare dopo il liceo? Cosa vuoi fare della tua vita?”
Di lui la voce narrante non sa molto, lo scoprirà dopo. E ci racconta che Olinto Marella era stato un prete, poi sospeso a divinis perché scomodo. Le gerarchie ecclesiastiche mal sopportavano quell’uomo, nato su una isoletta della laguna veneta, che tra reti da pesca e campetti da calcio aveva, da subito, rivolto il suo sguardo agli ultimi. Erano anni difficili quelli e la scomunica arriva a mettere il timbro di una gerarchia ecclesiastica troppo incline a tacitare le voci stonate.
La sua riabilitazione sarà solo il suo proseguire un cammino da sempre percorso. La Citta dei Ragazzi, orfani, poveri. I margini sono la sua casa, la sua vita. Mai una lamentela. Una sorta di obbedienza, ma non all’autorità quanto a una scelta di campo tanto intima quanto sociale.
La voce narrante lo rincontrerà a distanza di anni. La voce narrante, nel frattempo, si è sposato, è diventato giornalista ma, forse, quella domanda che anni prima Marella gli aveva posto (cosa vuoi fare della tua vita) adesso avrebbe avuto, come risposta, chissà, uno sguardo fisso a terra. L’incontro avviene in una notte di neve e freddo, mentre Padre Marella chiede l’elemosina per i suoi ragazzi. Qualcosa di insopportabile per l’uomo che racconta e che ha sulla pelle una colpa che gli brucia. Lui che ha fatto la Resistenza, che ha creduto in un mondo giusto, ha accettato che qualcosa di molto ingiusto si compisse anche con il suo consenso.
E sarà questo che metterà in luce la “miseria” della vita dell’uomo narrante. Che lo costringerà a fare un bilancio impietoso della propria esistenza. Ma che lo porterà a provare quasi fastidio per Padre Marella perché quel prete diverrà lo scandalo, una sorta di pietra di inciampo. Un continuo memento sulla differenza che passa tra una vita vissuta senza risparmio e una vita vissuta accontentandosi.
Un libro questo Lontano da Padre Marella scritto proprio come una storia attorno a un tavolo. Senza moralismi, senza giudizi. Un monologo teatrale, come leggiamo sulla copertina, proprio perché è una storia che ha i suoni, le sfumature e le note di un racconto orale.
Racconto, storia vera
Minerva Edizioni
2020
79 p., brossura