Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Atto di violenza. Manuel de Pedrolo e la letteratura contro il franchismo

Di Geraldine Meyer

La pioggia ha lasciato pozzanghere sull’asfalto, le strade sono deserte, le scuole inaspettatamente chiuse. Comincia così Atto di violenza di Manuel de Pedrolo. In un romanzo costruito per scene, molto cinematografiche, ci troviamo in una città vuota, in cui tutte le attività lavorative sono sospese, il vuoto riempie ogni cosa e il silenzio viene rotto solo dal suono sinistro di qualche camionetta della polizia. Tutto fermo e una generale forma di disobbedienza civile che risponde a un ordine: E’ molto semplice. Restate tutti a casa. C’è chi cerca di accaparrarsi cibo, il coprifuoco, le serrande dei negozi sono abbassate, i tram non si muovono. E su tutto, la presenza assenza di Domina, un dittatore che, da quindici anni, impone il terrore che, come sempre accade, si traveste di ordine.

Manuel de Pedrolo, scrittore catalano, scrive Atto di violenza nel 1961 subendo la censura del franchismo. E a Franco e al franchismo ci riportano le pagine di questo libro. Un libro composto al novanta per cento di dialoghi e di scene ben distinte l’una dall’altra i cui protagonisti sono, a volte, legati tra loro, a volte no. Dandoci così una sceneggiatura che diventa una storia raccontata da diversi punti di vista. Una rivolta silenziosa in cui il popolo si ribella sottraendosi, non facendosi trovare, lasciando il potere in una specie di cortocircuito.

Un libro in cui, con una scrittura quasi scolpita, a levare più che a aggiungere, la follia ma, ancor più, la stupidità del franchismo, la sua illusione di benessere economico, sono raccontate da brevi e chirurgici dialoghi tra i vari personaggi. La censura, la morale bigotta, l’eterna accondiscendenza al potere di chi si schiera non schierandosi. Piccoli frammenti di vita privata che diventano una specie di finestra da cui guardare ciò che è pubblico e politico.

Atto di violenza è una domanda sul potere, sui suoi tentacoli ma anche e soprattutto sulla sua inesorabile metastasi. Scrive Alberto Prunetti nella postfazione: “E il potere cosa fa? Il potere è una forma di autoritarismo sul viale del tramonto. Una concentrazione di autorità desautorata, in piena osteoporosi. L’ossatura solida di un tempo comincia a sfaldarsi. Le iniezioni di forza muscolare non bastano a tenere assieme la carcassa della governance.” Sì, un potere goffo, che colpisce a caso, che si ridicolizza tanto più là dove pensa di essere superiore. Infatti cosa fa? Colpisce chi viene trovato fuori non facenedo altro, così, che rinforzare l’ordine della rivolta: E’ molto semplice. Restate tutti a casa.

Atto di violenza è sì la rappresentazione letteraria di una disobbedienza civile che priva il sistema proprio delle attività lavorative e di qualunque tipo di servizio. Ma è anche una inquietante riflessione su dove sia il limite della stessa disobbedienza non violenta. Fino a che punto si può pensare che essa possa non erompere, appunto, in un atto di violenza? Che arriverà per Domina, inevitabilmente. Facendo del dittatore un patetico fantoccio ma anche un capro espiatorio, abbandonato dagli stessi sgherri che dei raggi del suo potere hanno beneficiato fino a un attimo prima.

Si perché Atto di violenza è soprattutto questo. Una elegia alla resistenza, senza dubbio, ma ancor più la denuncia della vigliaccheria del sistema stesso del potere, Marguerite Yourcenar, nel meraviglioso Memorie di Adriano, scrisse: “Non c’è nulla di più volgare dei nostri complici.” E questo esce violentemente dalle pagine di questo libro in cui Domina viene sì smontato dalla resistenza del popolo ma anche, e ancor più, lasciato solo da chi della sua cricca ha fatto parte.

Ecco perché Atto di violenza è la fotografia delle crepe insite nell’autoritarismo stesso. Scrive ancora Prunetti: “Che succede quando il potere autoritario diventa debole? Come si fa a evitare che il Leviatano, ormai mostruosamente tirannico, rinasca dalle sue ceneri? E soprattutto: che ne è dell’autorità del padrone quando lo schiavo si rifiuta di uscire di casa, di mettersi disponibile al lavoro per i profitti del signore? Può un sistema autoritario che si regge – alla pari del resto dei sistemi democratici – sull’uso della violenza e sul consenso meccanico, sullo spettacolo concentrato, direbbe Guy Debord, può un tale sistema essere destituito soltanto dalla resistenza passiva dei cittadini e dalle pratiche di disobbedienza civile”?

Ma queste crepe, da sole, possono bastare per far crollare l’edificio? O un atto di violenza è inevitabile?

Atto di violenza Book Cover Atto di violenza
Manuel de Pedrolo
Letteratura
Paginaotto
2020
288 p., brossura