La scena hardcore punk
Di Luca Morettini
Nella mia continua ricerca e ascolto del vastissimo mondo del punk rock e degli universi ad esso connessi e collegati ho imparato subito due cose per quel che concerne la scena italiana: gli anni ’70 sono caratterizzati da confusione, fraintendimenti, episodi fortunati, riuscite e bizzarrie varie mentre gli ’80 rappresentano lo splendore. La nostrana scena hardcore è considerata al pari di quella inglese e americana un’eccellenza assoluta, un valido esempio di esportazione del marchio “Made in Italy” che, ovviamente, trova più consensi e ammirazione all’estero che non in patria, ma su questo si poteva tranquillamente mettere la mano sul fuoco. Nomi quali Negazione, Kina, Indigesti, Raw Power e molti altri meritano la stessa caratura e rispetto di quelli più illustri che hanno scavalcato i confini del genere per entrare nell’immenso calderone della storia del rock quali Germs, Black Flag, GBH, e Discharge. Tutto molto bello, se non fosse che un’altra cosa imparata, relativa a questo mondo, è che parlare dell’hardcore italiano significa parlare quasi esclusivamente di quel decennio dorato che, una volta terminato, pare avesse assolto il suo compito. I ’90 sono ricordati per l’avvento di certi gruppi che, in linea con il proprio tempo, hanno sposato certe sonorità più fresche e dal retrogusto melodico mantenendo una buona dose di potenza e grinta. E’ il caso di nomi come Punkreas, Shandon, Senzabenza e Prozac+.
Ma l’hardcore è sempre stato vivo e mai, come in questi casi, la frase “lotta insieme a noi” trova la sua sede ideale in quanto è sempre andato di pari passo con la militanza politica e diverse tematiche quali vegetarianismo, diritti degli animali, antimilitarismo e altri. E qualcuno ha deciso di rendere giustizia al seguito di una storia la cui unica colpa consiste nell’arrivare dopo gli anni di un fermento musicale e culturale florido e totalmente nuovo. Direttamente dal capoluogo della Tuscia, Viterbo, è stato pubblicato nel dicembre dello scorso anno Schegge di Rumore – Storie di hardcore italiano negli anni ’90 dalla casa editrice Scatole Parlanti. Un lavoro di coppia, professionalmente e nella vita, ad opera di Monica Miceli soprannominata “RageApart” e Andrea Corsetti, per tutti “Capò”. La prima è scrittrice, bibliotecaria, militante politica, il secondo, musicista e vera e propria memoria storica della scena hardcore viterbese a cui, diversi anni fa, aveva già dedicato un libro dal titolo Viterbo Hardcore – Vent’anni di punk nella Tuscia.
Se quest’ultima opera si prefiggeva il compito di tratteggiare la storia nel dettaglio e fungere da piccola guida esaustiva, tutto diverso è il percorso compiuto da Schegge di Rumore il quale altro non è che una lunga chiacchierata in cui vengono poste delle domande a membri di band provenienti da tutta Italia quali Affluente, Contrasto, Sottopressione, Gozzilla & Le tre bambine coi baffi, Flopdown (in cui è lo stesso Capò a essere intervistato), ecc. Gli inizi, le motivazioni che hanno spinto ad imbracciare gli strumenti, il senso di appartenenza o meno alla scena locale il rapporto con il proprio territorio e molto altro. Stesse domande per tutti, una miriade di ricordi che spesso trovano dei punti in comune. Non è un saggio e non potrebbe mai esserlo data la sua natura, quanto un voler affermare con orgoglio “io c’ero e ne sono stato protagonista”. E’ una rivendicazione autentica dell’appartenenza a una scena musicale (anche se, in realtà, è e sarà molto più di questo) che a tutt’oggi vanta una vitalità forte e prolifica. Un grande racconto corale fatto di istantanee di vite spese nel nome di una passione viscerale. Senza freni, lasciando che gli intervistati tirino fuori quello che si sentono di dire. Lo si intuisce dall’ampiezza delle risposte stesse che vanno dalle poche righe alle pagine intere.
Schegge di Rumore è un vero e proprio album fotografico senza immagini. Non da spiegazioni atte a conoscere nel dettaglio, restituisce le atmosfere, le sensazioni, i precisi istanti. Poco importa se a tratti le voci sembrano diventate estremamente colloquiali e rivolgersi solo a chi conosce quella determinata scena, quel determinato gruppo o quelle determinate persone. Siamo qui in veste di ospiti di una realtà a noi non familiare, in attesa di ricevere quella scintilla di curiosità che, a chi lo vorrà, porterà ad approfondire in altre sedi cosa sia e cosa c’è dietro quel grandissimo mondo chiamato hardoce punk. E credetemi, usate questa scintilla per dar fuoco alla miccia.
Musica
Scatole Parlanti
2020
172 p., brossura