Joë Bousquet, poetica dell’Irreale
Di Gennaro Cataldo
“Non è il tuo corpo
che cerco con ardore
né la voglia smaniosa
delle tue labbra di fuoco
ma il calore vitale
della tua anima”
G.C.
“Ciò che esisteva non aveva bisogno della verità per essere vero. Il tempo dormiva, la mia carne ne era il sonno. Sprofondata fino ai miei occhi nel presentimento della sua fine, attendeva che la mia voce la liberasse dal suo incantesimo”.
Il destino di un uomo, la sua poetica, sono la tragedia scritta col suo dolore, affogate nella sua sofferenza. Joë Bousquet, poeta dell’Avanguardia, non avrebbe mai raggiunto la bellezza irreale della sua “Parola” senza l’incidente che ha segnato la sua esistenza in giovanissima età. Durante la Prima guerra mondiale fu gravemente ferito da un proiettile alla colonna vertebrale restando paralizzato nella parte inferiore del corpo. Lui stesso afferma che da quel giorno: abito la parte del mio essere che sfuggirà ai becchini.
Preda del silenzio che grava sulla sua quotidianità, quella solitudine produttiva. Chiuso nella sua camera, unico sfogo un cielo immaginario dipinto nel soffitto. Proprio da questa solitudine Bousquet partorisce parole che viaggiano al di là del mondo che ormai non gli appartiene, creando atmosfere linguistiche dove lo spirito sconfina nella vastità del cosmo assumendo la bellezza e l’intensità di un’Aurora.
Isel, personaggio creato dalla fantasia dell’autore, è la donna ideale che lo appaga e tormenta, una bellezza irreale frutto delle sue escursioni psichiche. Isel che è riuscita a distogliermi sia dal presente che dal passato, per scendere in me stesso più in basso dell’ombra. Bousquet, con un linguaggio bagnato nello spazio sidereo, descrive il suo amore presente/assente per Isel: Amare interamente comporta la stessa disperazione che amare invano. Lei non può rivestirmi di tutto ciò che è. Non placherà mai il mio odio per l’immenso e lento universo che ci ha avvicinati senza annientarsi. La mia vita cadrà preda del mio cuore. Lacerazioni dell’amore significa sopravvivere all’amore, il dolore di non sapere amare di più. Il mio cuore è abbastanza grande da divenire lo spettro di sé. Non esisto in chi non saprei usare. Respirando su Isel un odore di fuoco, un po’ inebriato, mi assaporo con tutti i sensi e lascio che i miei pensieri si posino su questo sapore, languidamente, aderisco a idee che non appartengono al mio genere.
Ancora: Sono un uomo solo per lei e a forza di essere Isel impercettibilmente. Da quando la conosco sento il mio essere solo rischiando. Indirettamente uomo, torno a me stesso quando confesso di amarla: ma per inventare che sono, mi strappo dal mio cuore, afferrando, nell’incoscienza di un naufrago, orpelli di virilità. Ah! L’amo così tanto da non soffrire più per i miei occhi. Riesco a sentire solo ciò che sussurra oltre l’udito, il mio cuore poggia su ciò che si rivela quasi privo di sensi.
Parole di una bellezza inestimabile, perle raccolte dal fondo degli oceani, Isel di Joë Bousquet, curato da Antonio Di Gennaro e tradotto da Arlindo Hank Toska edito dalla Mimesis, è uno scrigno pieno di innumerevoli tesori che non aspetta altro di essere forzato.
Letteratura
Mimesis
2021
148., brossura