Di Stefano Tarquini
Soffocando
Fino ad infilarci la testa,
soffocando in un bianco panna di tuffo,
per poi cadere nel nero sabbia del tempo,
in attesa di una mano amica.
Tornare alla vita
Ci inghiotte la terra
senza mordere,
senza chiederci il conto
e
come un ramo che si spezza
noi,
timidamente,
torniamo alla vita.
Ultimi
Come quando sorridevamo,
correndo veloci da albero ad albero,
saltando sulla siepe di alloro,
fuggendo da serpi e sterpi.
Come quando piangevamo
con i gomiti sbucciati ed i vetri ficcati nel mento,
nascosti nel buio di una carezza
appesi ad un ramo di salice e di incertezza.
Ed il vento che spingeva via le biciclette,
le ore in bilico su una ruota sola
per discese mozzafiato.
Primi, anche quando eravamo ultimi.
Insieme, anche quando ci sentivamo soli…
Rottweiler
Quello che ti lasci alle spalle
non è silenzio
ma un puzzle mai finito
di una grande infanzia.
Ai piedi dodici rintocchi e tredici serpenti,
lungomare di Soverato,
il battito irregolare di un orologio Casio
di notte,
ci sveglia tutti quanti che sembriamo panettieri.
Panda con gli occhiali da sole,
fondi di bottiglia dove leggere il futuro,
una musica pericolosa
filodiffusa.
Il trenino per Siderno non fa fermate
né per pisciare
né per fare filosofia.
Quello che attraversi è un antidoto,
non ti piace chiamarla vita
e interrompi la tua fiction con una pubblicità di materassi.
Mine sotterrate sottoterra
un ponte pericolante che non crolla sui binari
ne sui ricordi di una città morta.
Allora dai una lucidata ai tuoi ricordi,
li fai splendere come una batteria di pentole,
come un servizio di posate d’argento.
L’immagine di copertina è un’opera di Arshile Gorky