Sogno di un aforisma di mezza estate
Di Giuseppe Cappello
Il nuovo libro di Stefano Cazzato, Studiò diritto ma poi si piegò, è, oserei dire, un libro scivoloso, centrifugo. Avvicinarsi a esso, per scriverne e trasmetterne il senso, non è opera facile. Lo stesso autore, nella breve prefazione, si richiama prima a Cioran ove questi dice che «approfondire un’idea è farle oltraggio» e poi aggiunge egli stesso che «descrivere degli aforismi è tradirli per sempre». E in effetti non è facile accostarsi a ciò che per eccellenza vuole trascendere il concetto, etimo-logicamente «ciò che prende insieme», l’aforisma, per darne conto in maniera descrittiva. Il concetto si misura con la molteplicità per ridurla ad un’unità, l’aforisma, fa esattamente il contrario. Si lascia attraversare dal molteplice dell’esperienza per fotografarlo così come esso è: molteplice. Un’impresa complicata che in fondo ha caratterizzato ogni forma di espressione culturale da Nietzsche in poi per cercare di intonare appunto la forma della scrittura o, ad esempio, della pittura alla realtà; alla gorgone della realtà.
Se per con-cepire ci deve appunto con-centrare, al contrario, per cercare di dare conto della puntiformità della realtà senza che essa sia ridotta a un’equazione, ad unità, a un senso, si deve sconcepire, ci si deve dis-trarre. Lasciare che il flusso di percezioni che Hume pensava, con qualche secolo di anticipo e forse con una più consapevole «forza gentile» rispetto a tante titaniche presunzioni del Novecento, fosse la mente, rimanga distratto sulla carta.
Impresa non facile che però nel libro di Cazzato ha come alleato insidente ad ogni passo della parola l’ironia. Questo libro infatti, in fondo operazione concettuale e filosofica, nell’ironia trova la chiave per diventare al tempo stesso fruibilissima degustazione lì dove, nel momento estivo, lo stesso lettore abbandona egli stesso quella serietà spesso risolta in seriosità che l’uomo contemporaneo deve tenere nei ritmi delle stagioni della concentrazione; dell’apnea laburistica e performativa. In fondo, questo di Stefano Cazzato, è un sogno di una notte di mezza estate; lì dove il sogno è quanto freudianamente ci appare dell’esperienza al netto dell’organizzazione logica e spazio-temporale di un super-io individuale e collettivo. Tutti i tempi della quotidianità, le sue passioni, le illusioni e le delusioni, gli slanci e i ripiegamenti, traspirano dal divertissement di Cazzato; ma appunto traspirano per cercare una mente che in fondo in estate sia distesa pure su una sdraio come sul lettino del dottor Freud.
Non ci si approccia a questo libro con una matita per sottolineare, prendere appunti, incurvarsi sul tavolino; c’era qualcosa di anomalo quando io stesso mi sono rivolto alla lettura per scrivere questa recensione con quella postura. Il libro mi ha subito ricondotto a una più sostenibile leggerezza dell’essere. Questa in fondo è la cifra in cui è stato scritto questo libro e in cui potrà trovare giovamento chi lo legge: una sostenibile leggerezza dell’essere! Che in fondo tiene insieme ciò che c’è di più filosofico, lo studio dell’essere, e quanto più di lontano c’è dall’impegno e dalle posture della serietà spesso artefattamente accentuate della seriosità. Il libro è casomai giocoso! «Un gioco di dadi» – come lo dichiara l’autore nelle poche parole spese saggiamente nella prefazione; e, aggiungerei, un gioco di dadi dell’essere nella gorgone briosa dei suoi accadimenti su quel tavolo in cui si dispone e ci dispone l’esistenza.
Un libro giocoso, brioso e contagioso: che il lettore ne esce con una volizione egli stesso a fare aforismi. In questo modo ho trovato mia moglie e soprattutto mia figlia in un momento che avevo appoggiato il libro in sala da pranzo dopo essere ritornato stanco dal lavoro scolastico e averlo accantonato appunto un poco. Si divertivano scanzonatamente la madre e la figlia su un divano reclinato e intonato alla sostenibile leggerezza dell’essere che ci coglie improvvisa come un inno alla gioia quando non facciamo niente invero per procurarcela. Ed essa viene da noi come un dono inaspettato. Come il più leggero ma sempre più complicato dono dell’ozio spesso bandito oggi anche dai filosofi in quello che è diventato negozio del concetto.
Così non manca ora di dire, per congedarci da questa ‘recensione’ al libro di Stefano Cazzato, che il libro non poteva avere titolo migliore. Recita infatti sulla sua copertina: Studiò diritto ma poi si piegò. Da non intendere invero, quindi, con la prima attitudine di chi pensa che lo studioso dei principi giuridici abbia disatteso nella pratica dell’azione morale quanto imparato. Quanto piuttosto da leggere come lo studioso dei principi filosofici ha ancora il diritto e soprattutto il dovere a uscire dalla postura ingobbita della scrivania per piegarsi, ebbene sì, dalle risa quando è entrato veramente nel gioco del l’essere. Il resto è giogo dell’essere e lo si lasci pure con un sorriso montaliano ai filosofi ‘laureati’.
Topazio
Aforismi
Giuliano Ladolfi Editore
2021
96 p., brossura