Giuseppina Sciortino – Petali di rose, madonne e carciofi
Di Martino Ciano
Ciò che possiamo percepire durante la lettura di questo romanzo è una sensazione di nostalgia che viene camuffata dall’autrice con molta ironia. Tutto si muove sulla direttrice terra matrigna-sradicamento.
Giuseppina Sciortino può ben parlare di queste sensazioni. È siciliana, ma vive a Milano e questo particolare è stato sicuramente di ispirazione. Nessun piagnisteo, come sottolineato fin dall’inizio, l’obiettivo è sdrammatizzare la condizione in cui si trova la protagonista, lasciando al lettore il gusto dell’approfondimento su una tematica tanto cara agli autori meridionali.
Ma non è neanche questo il tema del romanzo, visto che il ritorno della protagonista nella propria terra d’origine servirà per riscoprire tanto l’immobilismo della vita di provincia, quanto la lentezza di un’emancipazione che spesso viene solo decantata; addirittura diventa anche un modo per ribadire la totale inutilità del progresso, perché, dopotutto, non è una disgrazia che la provincia sia saldamente ancorata ai suoi simboli, ai suoi schemi e alla sua ritrosia nei confronti della novità. Se emancipazione dev’esserci, allora, che sia reale, che sia davvero recupero di una “tradizione” che va elevata e analizzata.
Protagonista di questa indagine di riscoperta è Maria. Il suo nome così comune la lega a qualcosa che sta al di là della modernità, della metropoli nella quale vive e del lavoro che svolge. Lei è parte di quel folklore popolare intriso di religiosità, in cui arde quel paganesimo che caratterizza il meridione. Qui ancora si scaccia il malocchio, come in altri posti si debellano i virus. E in tutto ciò entrano in scena una storia d’amore, un’indagine poliziesca e la leggerezza di chi ha imparato ad “arrangiarsi”.
Giuseppina Sciortino ha scritto un romanzo dalle tante sfaccettature in cui la trama è solo un mezzo per giungere alla riscoperta di un “mondo” generoso, pronto a svelare i propri segreti.
Romanzo
Prova d'Autore
2021