Ezio Bosso, le cose che restano
Di Adriana Sabato
Dal contrabbasso al pianoforte alla direzione d’orchestra e alla composizione.
Potrebbe essere, forse, la sinossi più adatta a descrivere il percorso artistico di Ezio Bosso: una vita vissuta, la sua, con la pienezza dell’amore per la musica testimoniata dal messaggio, più appassionante che mai, nella visione del film Ezio Bosso. Le cose che restano.
Presentato in anteprima nella sezione Fuori Concorso della 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film, di Giorgio Verdelli, prodotto da Sudovest Produzioni, Indigo Film con Rai Cinema, è un nuovo documentario musicale firmato dal regista e dai produttori del film Paolo Conte, Via con menel 2020 e del film Pino Daniele. Il tempo resterà, nel 2017.
Direttore d’orchestra, compositore e pianista italiano, il Maestro ha sfidato il degenerare delle patologie che lo affliggevano da anni, pur di continuare a coltivare la sua passione per la musica.
Emerge l’intensità del messaggio dalle mani di Giorgio Verdelli senza mai apparire retorico o autoreferenziale; anzi, al contrario è la vitalità e la bellezza ad essere in primo piano grazie non solo alle immagini ma anche al racconto degli amici e al raccontarsi in prima persona. Un percorso musicale, quello intrapreso dal Maestro, partito da molto lontano – dal rock e dal punk – coniugatosi felicemente con quello della classicità e che ha dato vita, così, ad un linguaggio anche corporale segnato da un’intensa empatia, un linguaggio particolare dunque, apprezzato da tutti.
Ma il suo percorso è contraddistinto anche da una grande umanità e quindi dal desiderio, forte e deciso, di pensare alla musica come una fortuna che condividiamo, come diceva sempre. Noi mettiamo le mani sulla tastiera, sottolineava ancora Ezio Bosso, ma la musica ci insegna una cosa ben più importante, ci insegna ad ascoltare. La musica è una vera magia. Sapete che non a caso i direttori hanno la bacchetta come i maghi. Uguale. La musica mi ha dato il dono dell’ubiquità perché, mentre io sono qui, quella che ho scritto è a Londra e viene eseguita da un bravo direttore con il balletto più importante del mondo. La musica è una fortuna e, come diceva Claudio Abbado, è la nostra vera terapia. La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme. Sulla scia di questi bellissimi aneddoti, ascoltiamo Following a bird, tratto dal suo primo album da solista, The 12th Room (2015):
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A Sanremo, nel 2016, con questo brano aveva incantato il pubblico e, anche nel film, l’aver rammentato la sua presenza come ospite al Festival è stato un momento di grande commozione: uno pensa che perdere non sia positivo, aveva spiegato Ezio Bosso, a proposito di Following a bird. E invece si possono perdere i pregiudizi, perdere le paure e perdere il dolore. E tutto questo ci avvicina. Quando si intrecciano relazioni umane – di cui la negoziazione nel suo significato più vero potrebbe essere una delle più nobili espressioni, e invece come tale assai poco realmente praticata purtroppo – c’è un elemento irrinunciabile: gli altri. Il prossimo, l’altro, sempre al primo posto come la musica: per lui elemento imprescindibile e irrinunciabile come il respiro.
E ancora sulla musica: la mia cultura del suono non prevede abbellimenti, aveva detto, ma un avvolgere l’ascoltatore e fargli vivere l’esperienza che ho avuto io stando nel posto dove si sente meglio l’orchestra.
Era forte l’esigenza di scriverla, la musica, per Ezio Bosso: per me la musica è un’esperienza dolorosa. L’ispirazione è una cellula che gira dentro di me e io la devo risolvere: la risolvo sulla carta, così diventa materia. E ancora traspare dalle sue parole chela tecnica serve al musicista per poter essere libero di sprigionare un’energia che non è sua propria, ma del compositore, ossia di un’altra interiorità che sprigiona altre energie, altri pensieri, donando con la musica e nella musica, altre esperienze.
Nel film ci sono i racconti di amici, colleghi, familiari e fra queste appare pragmatica e intensa la testimonianza del musicologo Michele Dall’Ongaro, che ha parlato di quella lezione etica lasciata da Ezio Bosso per cui la musica è per tutti, non deve conoscere frontiere. Bisogna scendere dal piedistallo, ha spiegato ancora, e far comprendere che la musica, questa meraviglia, è una ricchezza a disposizione di tutti, a disposizione dell’umanità sempre e continuamente, e alla quale abbeverarsi. Occorre solo trovare il modo per farlo; Ezio Bosso c’era riuscito ed ognuno di noi deve trovare il suo modo per riuscire in questo compito.
Adesso tocca a tutti noi, se lo vogliamo.