Il mare a Milano
Cronache da mondo kattivo n.7
Di Elena Soprano
L’ora è quella degli Snoopy metropolitani che in quel momento di sfrenato scompiglio tra le sei e le sette di un sabato di inizio primavera, si ricompattrano il cervello in un casco e se lo portano al lavoro. La Kikka è ’ alla velocità maxima del suo Piaggio bolide, 30 km/h, quando scorge intrepido figuro, probabilmente fuoriuscito da ricevitoria cavalli di Bramante via, che si stoppa a 20 metri dalla di lei anterior ruota, ben lontano da pedonali zebrate. Premurosa, poi perplessa, indi incredula, la Kikka suona, rallenta, frena.
“Ma ci sono le strisce più in là…” fa.
“Volevi investirmi?” scatta quello, voce roca, impastata e sopracciglio neandertaliano.
“Koglione!” sibila lei.
Quello prende rincorsa, forse ci vede male, scambia motorino per Honda 1300, sferza calcio spaziale che fa scintille su piccolo koppertone.
“Ma sei proprio una testa di cazzo allora!” ribatte la Kikka, non più tanto sibila.
Al neandertaliano certe parole alterano ancora di più nervo ottico, scambia Ciao per Laverda 1550 Enduro da Parigi-dakar. Prende più fiato in rincorsa e altro calcio. Motoretta trema, un po’ anche di paura, abituata com’è solo a parolacce di gente in bici. La Kikka comincia a fumar dalle narici, ma lo segue come anatra di Lorenz, avendo ella da piccola ricevuto imprinting di calci e ceffoni e riscoprendo tepore di sua famiglia allor quando si riscatenano. Chiede dov’è che crede di andare, che dia nome per denuncia. Sotto sotto non vuole che scenetta familiare finisca così presto. Insieme all’intrepido c’è una locusta bionda e un palo alto, ricciolo e muto, guardingo con occhi ermellini. La bionda le urla “Puttana!” Alla Kikka si scalda il cuore. Rivede nella bionda una madre, più che una madre una sorella. Ricambia le stesse parole d’affetto: “Puttana chi? Tua madre, tua sorella e tua nonna!”
L’intrepido mette a fuoco la vista, si è accorto che finora ha menato solo il Piaggio-ferraglia e allora la spintona. La Kikka cade, il motorino pure, lo stile invece rimane perfattemente in piedi.
“Cervello minkiato!” urla “Chiamo la polizia!”
Lui si avvicina e dà scossone più forte. La Kikka ricade a terra con contusione ai glutei che le verrà diagnosticata più tardi al Niguarda, da ben due medici, uno per kiappa.
“Dai, picchiami!” sbraita e rialzandosi gli si fa sotto al naso fino a sentire il suo fiato denso di vino rosso accidiato e sigaretta spenta.
“Scommetto che hai dei precedenti!” continua la Kikka.
Voilà: come veder piovere sulle cascate del Niagara o nevicare su Babbo Natale mentre sceglie sue renne nel miglior pascolo di Norvegia.
“Bastarda! Troia!” continua la locusta.
Gente fuori dal bar, con un bicchiere di Campari o di bianco in mano, in piena masticazione di noccioline e anacardi che tutto rimira come se fosse una pay tv per sbaglio captata da antenna ordinaria. L’intrepido sta per andarci giù di mano pesante, quand’ecco che come in un film di John Ford sbuca da fondo campo un’auto della polizia, tutto intorno crunch crunch di noccioline quasi assordante. La Kikka si scaglia nel traffico a bossolo e la ferma. Un po’ balbuziente per l’emozione da pubblico, racconta i fatti e ne dà pure una sua interpretazione junghiana che non viene colta forse perché non capita. Essendo istintivamente portata al dramma esige ambulanza. I neandertaliani che non sono del tutto idioti la pretendono anche loro. Ne arrivano due a sirene spiegate, gli infermieri chiedono dove sia l’incidente, dato che lì di feriti, a parte il Ciao, non ce n’è.
“L’incidente siamo noi,” fa la Kikka.
La locusta già livida e contusa per i probabili sberloni d’affetto del neandeartaliano dice che è stata la Kikka a causare il tutto, investendola con sua motoretta da Snoopy. L’intrepido prende gusto a narrare surreale e borgesiano, dice che la locusta ha apperecchi acustici e che la Kikka non ha suonato il clacson. Naso di Kikka fuma e tremola dal nervoso. Qualcuno del pubblico smette il crunch crunch e osserva sospetto: “Se era innocente, non tremolava mica…”
Ma come nei migliori film del miglior Ford, caso vuole che arrivino altri buoni, più buoni di quelli di prima, che sono due colleghi del supermercato dove lavora la Kikka: hanno assistito a tutta la scena, censurano la di lei attrazione per gli affetti un filo maneschi e violenti, danno loro generalità agli uomini blu. Tanta bontà stanca il pubblico. Il crunch crunch comincia a scemare, le due ambulanze partono per due pronto soccorso opposti. Seguono regolari formalità e tempi di attesa da ospedale urbano, dove c’è anche gente ferita davvero. A casa di Kikka c’è già polizia municipale che l’aspetta per dati di motoretta e per sentire sua versione dei fatti, dopo che la locusta in altro ospedale ha dato prova di talento rosselliniano nel recitare scena investimento. La Kikka fa sue dichiarazioni e non essendo per niente idiota dice che avendo testimoni chimerà in causa suo avvocato, che ancora non è suo perché un avvocato non l’ha mai avuto anche se le sarebbe da sempre piaciuto.
La serata è tiepida e nella luce scarsa del monolocale senza bagno la Kikka riflette sulle concomitanze universali che creano casi ed eventi obbligati. Bisognerebbe, si dice, avere il sangue freddo di non incappare in certi destini altrui, superandone l’ombra in sorpasso. Poi, riflette, è andata anche bene, poteva uscirne con una faccia così. Soprattutto quando ha urlato al balordo a un centimetro dal suo naso “Dai picchiami, provaci!” e quello ha fatto uno sforzo così forte per non farlo che gli è imploso il buco di dietro. Notevole anche la denuncia al commissariato: una pagina e mezza di roba, tutto il primo foglio senza punto, tutto all’imperfetto, verbi senza h e frammenti ritmici rap: “èpresentelanominata/meglioinoggettogeneralizzata”.
La Kikka non ha mangiato e ha sonno, non spegne neanche la lampada a forma di papera, si addormenta in terra cullata dalle onde di asfalto del suo mare a Milano.
L’immagine di copertina è presa da milanotoday.it e si riferisce alla manifestazione organizzata nel 2016 alla Triennale Expo Gate. Esiste anche il sito maremilano.org