LE PAROLE SONO LINGUE DI FUOCO ( ARTAUD, il poeta e il suo doppio.)
Di Ghislain Mayaud
Non è certamente facile pubblicare un libro su Antonin Artaud. Non è evidente svelare la scrittura di Artaud tramite la scrittura di Donato. La sfida intellettuale è mostruosa, titanica, suicidaria. Ma Donato Di Poce sa come lapidare il cielo. Lo ha provato con il fiume inarrestabile delle sue pubblicazioni e lo dimostra nuovamente con questa testimonianza su Artaud: Una vera pietra nutrita di delirio contenuto che trasforma in lava la parola:
Le parole sono lingue di fuoco
Che incendiano la coscienza
Vortici infiammati di futuro
Che fanno della nostra Anima
Un deserto di cenere e inchiostro,
amiamo le parole che recano
le colature del silenzio
la Grazia di un destino.
Quelle parole che sanguinano
Indizi e contaminazioni
Quelle parole che aprono varchi
Sui cuori abusati e infranti dell’umanità.
La grande ribellione surrealista, guidata da André Breton aveva un compito preciso: la sistematica distruzione del soffocante e statico ordine ufficiale delle cose. Artaud abbraccia subito la causa, amplifica la violenza teorica, polemizza per la sua libertà. Un ideale cosmico nutrito da sintesi mentali immerse nel nero e freddo pozzo degli incubi, ciba l’inchiostro di Antonin. Al di là delle note critiche, le poesie coltivate nel volume da Donato trasformano il corteggiamento intellettuale in passione d’amore. Il dolore dell’estrema solitudine spinge gli autori a consumare lo stesso orizzonte, ma da canti diversi anche se simili. L’approccio tra questi due canti è senza pietà, fatale. Ne è la testimonianza questo attimo di poesia perso nel volume:
La tua poesia è un urlo straziante
Un silenzio azzannato nelle viscere
Un tomo di sangue e visioni
Che ci obbliga a credere alla vita
Il flusso vitale germoglia dalle tue ceneri
Il tuo corpo preso a prestito dai sicari
Brucia insieme alla crudeltà del mondo
Ma la tua anima è una vagina voluttuosa
Assetata di verità e copulazione cosmica.
Il verso poetico è già stato condannato a morte da Arthur Rimbaud con Una stagione in inferno: Una sera, ho fatto sedere la Bellezza sulle mie ginocchia. –E l’ho trovata amara- E l’ho insultata. Ciò che scrivono sia Artaud che Donato Di Poce sono versi impregnati di magia e mistero che lasciano lo spazio ossigenante al dubbio. È un linguaggio scritto forgiato nell’azione poetica lontano dalla nozione di “bello” ma impregnato di vita reale. Di questo libro si deve fissare una cosa sola: la sensibilità di Donato che prende per mano Antonin. Tutto diventa un camminare insieme nel verticale sentiero letterario.