Con le radici in cielo. La storia di un crollo
Di Geraldine Meyer
Con le radici in cielo, il bellissimo libro di Saul Israel, da poco mandato in libreria da Marietti 1820, ha un titolo della cui reale portata ci si rende conto man mano che si procede nella lettura. E che ben sintetizza ciò che ha sempre costituito l’identità ebraica e, in un certo senso, anche la sua pietra di inciampo. Quella di un popolo per il quale il rapporto con Dio è stato il rapporto con il mondo. Andando così a caratterizzarne, almeno in buona parte, la lettura da parte dei non ebrei ma, anche, le dinamiche “relazionali” ogni qualvolta questa identità ha cercato di traslare tale elemento religioso nella vita civile, politica e di integrazione. In un certo senso si può dire che questo testo sia la cornice narrativo-storica in cui tutto ciò diviene tragedia.
Chi sia stato Saul Israel ben lo racconta a noi lettori Paolo Israel, il nipote. Che ci restituisce la figura di un uomo partito da Salonicco nel 1916 e per il quale questo sradicamento (perché di questo si trattò) rappresentò non un arroccamento quanto, al contrario, una forte aspirazione illuminista e universalista. Questo libro è anche la sua storia, quella della comunità ebraica di Salonicco e la sua fine. Che fu la fine di un’esperienza culturale, identitaria e di lingua. Paolo Israel, infatti, comincia proprio così la sua presentazione: “Questo romanzo racconta la storia di un crollo. L’addensarsi delle nubi, le prime gocce, e il temporale che scoppiò, prevedibile quanto improvviso, trascinando via nel gorgo arbusti, tronchi e persino macigni. Dall’alba della prima guerra mondiale sino al crepuscolo della seconda, una famiglia è trascinata nella voragine che inghiotte l’Europa tutta intera, i suoi popoli, i suoi stati e le sue fondazioni morali.”
In queste righe vi sono due parole, a mio avviso, centrali: prevedibile e improvviso. In quel lasso di tempo erano rintracciabili i germi di quanto sarebbe accaduto. Qualcuno li vide, li annusò e cercò di mettere in guardia. Ma le cose sembrano sempre accadere quando oramai è tardi ed è questo aggrumarsi di cose non comprese che conferisce loro l’ingannevole aspetto “dell’improvviso”.
Con le radici in cielo è un po’ la storia della comunità ebraica di Salonicco che, dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna, divenne (e per moltissimo tempo restò) il principale centro dell’ebraismo sefardita nel Mediterraneo. Conoscendo per secoli tranquillità, integrazione e, se così possiamo dire, cosmopolitismo. Ed è anche un po’ la storia di Saul stesso. Ma è soprattutto la storia della storia. Perché la vera protagonista di queste pagine è lei. In un certo senso incarnata nella storia della famiglia Yacoél divisa al suo interno da diverse visioni dell’ebraismo stesso e del futuro che lo attende. Davvero dilaniata tra una realtà, fino a quel momento, quasi idilliaca e il sentore che qualcosa sta finendo per trascinare sé stessa e tutto gli ebrei nel dramma e nella tragedia.
Una famiglia in cui quasi commuove l’attaccamento alle tradizioni e ai luoghi dei più anziani ma anche l’illusione dei più giovani rispetto a un altrove in cui le cose possono andare meglio. Tra Francia e Italia, soprattutto, alcuni membri della famiglia Yacoél si troveranno a fare i conti con la loro identità ma, ancor più e ancor più drammaticamente, con un antisemitismo sempre più pervasivo, violento e da cui non vi è difesa.
Un libro tesissimo, in cui la “preparazione” della tragedia e il suo arrivo sono scanditi da un ritmo contratto e dilatato insieme, come si conviene alla complessità della storia e delle stesse vicende personali. In un insieme di considerazioni e riflessioni geopolitiche, filosofiche e religiose a cui i diversi protagonisti danno voce ma quasi come emblema di voci universali. Voci che conducono a comprendere come la Shoah fosse già presente ben prima della sua indicibile attuazione.
Romanzo
Marietti 1820
2022
258 p., brossura