Il giorno prima. Delitto e castigo
Di Geraldine Meyer
Vendetta? Ristabilimento di una giustizia postuma che però abbia la forza di fare luce e riverberarsi sul futuro? La verità giudiziaria, basata su fatti apparentemente oggettivi, coincide e placa il bisogno di una giustizia personale che diventi anche giustizia sociale? Il giorno prima, di Sorj Chalandon, esplora queste tematiche e pone queste domande. Si immerge, proprio come i minatori di cui parla, nelle gallerie scure e piene di pericoli di una ricerca e di un ristabilimento della verità e del concetto stesso di responsabilità.
Sorj Chalandon, per decenni corrispondente e autore di reportage di guerra, ci consegna un libro duro e al contempo pieno di poesia. Asciutto e quasi scarno, un testo che restituisce le voci del dolore, dell’ingiustizia e della sopraffazione, quella eterna del profitto a scapito dei lavoratori.
Un libro che, con la solita semplificazione delle definizioni, viene incasellato come thriller legale. Ma qui siamo ben oltre. Nella Francia del nord, a Liévin-Lens il 27 dicembre un’esplosione al pozzo Saint Aimè uccide 42 minatori. La miniera, chiusa per le festività natalizie, riapre senza che venisse fatto un lavoro di areazione e di pulizia. Ma il romanzo si apre con una scienza che si svolge il giorno prima dell’incidente e che ci racconta di una corsa in moto di Michel, la voce narrante, e suo fratello Joseph, minatore proprio in quella miniera.
La voluta ambiguità di quella scena ci conduce dentro la storia. Che è quella di una intera classe di lavoratori, i minatori appunto, e di un sistema capitalistico che alla sicurezza ha sempre anteposto il denaro. Sono pagine crudeli quelle dedicate a questo aspetto. Tanto quanto sono struggenti quelle in cui Chalandon ripercorre l’amore tra i due fratelli, la paura del padre per il figlio minatore e il mutamento di una intera comunità che dalla terra si è vista costretta a lavorare in quella che sembrava essere l’unica possibilità di sostentamento.
Pagine che sembrano un vero reportage, scritte con il disincanto di chi ha solo le parole per narrare. Il fratello di Michel muore e sapremo come solo nella seconda parte del libro. Ma per tutto il testo sappiamo cosa sia diventata la vita di Michel. Quasi assunzione di una storia collettiva, l’invenzione di una storia personale come unico viatico al ristabilimento della giustizia. Michel resta fermo a quel giorno che diviene per lui la cristallizzazione non solo di un dolore ma, ancor più, del peso che decide di autoafliggersi per “vendicare” il fratello ma anche un’intera classe sociale, quella degli operai.
Subirà un processo Michel. E anche quando sapremo cosa è accaduto non potremo fare a meno di avvertire come quella sia solo una parte della verità. Che non inficia la verità processuale, anzi, ne sposta quasi i termini. Trasformando il dolore di un uomo, e le bugie ad esso legate, in un sacrificio più grande. E necessario affinché sotto accusa vadano i veri colpevoli. Perché si muore di miniera anche quando non si muore in miniera.
Passi
Romanzo
Keller Edizioni
2021
311 p., brossura