In nessun luogo. La vita senza
Di Geraldine Meyer
Leggendo questo In nessun luogo, di Roberto Saporito, è abbastanza inevitabile che l’aggancio sia a After life, la bellissima serie tv in cui uno strepitoso Ricky Gervais dà viso e disperazione a Tony Johnson, giornalista di un piccolo quotidiano di provincia dilaniato dal dolore per la morte della moglie. Qui, tra queste pagine, la voce narrante (lo stesso Saporito) trascina il lettore in un pellegrinaggio laico, in un dolorosissimo viaggio nel ricordo, in un inesausto tentativo di affrontare la vita senza. La vita senza una persona amata (in questo caso la moglie), la vita dopo la sua morte, che Saporito non ama gli edulcorati giri di parole, per cui la moglie non è scomparsa. È morta. E con questa lancinante resa al razionale (fino a prova contraria) che si disfa di qualunque consolazione, Saporito ci racconta il suo “dopo”, tutto terreno, umano, disperato. Il suo tentativo di andare avanti, minuto dopo minuto. Senza lei.
E ci racconta con una seconda persona singolare, un tu che è specchio, che chiama in causa sia chi scrive sia chi legge. Con quel narrare che è, come scrive lo stesso Saporito, quasi un film in tempo reale, in cui l’azione accade mentre si va scrivendo e il narratore, che non è un narratore onnisciente, ne sa quanto il lettore e quanto il personaggio. E questo è forse l’aspetto più dilaniante del libro. In cui il rapportarsi con la morte di lei è anche un rapportarsi alla scrittura, alla realtà/finzione della stessa.
Saporito ripercorre alcune delle tappe, delle mete geografiche e di geografia personale che hanno costituito la vita sua e della sua sposa. E allora Parigi, la Liguria, Amsterdam, Barcellona diventano orme di un viaggio già fatto ma anche tracce di un viaggio, nuovo e inedito, di inevitabile dolore, con cui l’autore si costringere a imparare qualcosa di nuovo. Un nuovo che non avrebbe voluto e che è fatto di un’assenza definitiva.
La scrittura di Saporito è scarna, minimalista, come quella degli scrittori di quella corrente da lui tanto amati. È una scrittura “a levare”, in cui resta un essenziale tagliente, di lucido acciaio, che condensa in poche righe, spesso in pochissime parole. Proprio come a volte è breve il respiro che si condensa in un sospiro, quello di chi resta. Ma cosa resta di chi resta? Lo scrive lo stesso autore: “Forse stai scomparendo e una di queste mattine non ci sari più, semplicemente scomparso, e non come lei, per lei la parola scomparsa non è adeguata.” Forse anche per questo i tentativi di viaggio spesso si “risolvono” in un non uscire nemmeno dagli aeroporti, non-luoghi perfetti per scomparire.
In nessun luogo è la cronaca di un dolore, una cronaca tanto più terribile quanto più è scevra da sentimentalismo. Non vi è una sola pagina in cui chi legge possa avere il conforto di un pianto liberatorio. No, nessun conforto, nessuno sfogo. Un raggrumarsi che resta lì, sulla bocca dello stomaco. Perché non vi è consolazione. Come accade nelle pagine della letteratura più autentica. Quella che conclude con parole come: “E poi lei non è lì. Lei non è più da nessuna parte.”
Il libro è già acquistabile sul sito di A&B Editrice al link aebeditrice.com
Eliconea
Narrativa
A&B Editrice
92 p., brossura