“Ogni cosa sta in bilico sul fiore di un’àgave” di Vincenzo Mirra.
Su segnalazione della nostra collaboratrice Laura Vargiu (NdR)
Algebra essenziale
Nella stanza tutto è ridotto ai minimi termini
io stesso sono una frazione elementare:
La goccia si è prosciugata
Le ore della notte lo sono
La piccola lampada sul comodino è accesa
Il bicchiere d’acqua a metà
Il sangue lo è
Le mie carni lo sono
Prendo un respiro
Misuro il perimetro di ciò che manca:
Minimo comune multiplo
Massimo comune divisore.
C’è, sull’isola
C’è, sull’isola
tra lo Scoglio dei Sogni
e la riva di chi ha fatto naufragio,
lì, un marinaio,
un relitto abbandonato
dove il tempo, sospeso,
si è fermato.
E questa la chiamate evoluzione?
E questa la chiamate evoluzione?
A cosa serve aver scoperto il fuoco
e la materia, o dalla gola aver snidato
la parola, se non leggiamo Dante
l’amor che move il sole e l’altre stelle.
Se siamo morti prima d’esser vivi
Non siamo poi così remoti alle caverne
Non siamo nuovi ai segni primitivi.
E questa la chiamate evoluzione?
O invece è solo presunzione
questa rupestre contemporaneità
A ferro e fuoco per difetto di ragione
ci (a)spetta di diritto l’estinzione
in sorte per eccesso di gas serra.
Ci succede il silicio sulla Terra
e l’ipotesi di nuove forme resistenti
per noi ridotti a fossili viventi.
È questa la Commedia della vita
Passare l’Olocene al conto del carbonio
Datare il mondo per decadimento
Pesare in parti per milione la ferita.
A stima della scorza dei miei anni
La prova di aderenza a due millenni
Infiorescenza sghemba, lo scapo lungo
e curvo s’alza opposto alle radici
La pianta è spaccata, l’àgave è in fiore.
Nota biografica
Vincenzo Mirra (Napoli, 1973) è ingegnere aerospaziale, poeta e scrittore di libri per ragazzi. Sue poesie sono state pubblicate su importanti riviste poetiche e quotidiani nazionali.
Ogni cosa sta in bilico sul fiore di un’àgave è la sua quarta raccolta edita di poesie. Suoi lavori precedenti sono: Moleskine. Poesie a matita (Ensemble, 2019), Sursum corda. Ad Ovest dei versi (Augh!, 2018) e Isole (Augh!, 2016).
“C’è una questione antica e essenziale che reclama la sua attualità perenne: l’essere ciò che si sente. La poesia di Vincenzo Mirra assolve a questo proposito. Mirra rivela senza svelare, senza togliere i veli alla dea, e lo fa con una naturalezza tanto semplice quanto disarmante. Il suo logos fa vibrare di naturale chiarezza la parola, al punto che la realtà diventa la nostra interiorità rispecchiata nel mondo.
Una volta Vincenzo Mirra mi ha detto: È così inerte la materia del cielo, se la guardi senza accendere gli occhi. Ed è tutto qui, il succo del discorso. I suoi versi questo ci suggeriscono: che siamo noi il luogo, siamo noi il tempo, e siamo noi ancora che possiamo trascenderli.”
(Dalla postfazione di Chiara Catapano)