A pesca di ricordi
Di Geraldine Meyer
Alcune delle più belle pagine sul rapporto tra uomo e natura appartengono alla letteratura americana. Paesaggi, bellezza, momenti gravidi di difficoltà e paura. Moltissime le declinazioni dell’attraversamento umano tra laghi, paludi, fiumi, foreste che, nella letteratura americana sono diventate testi memorabili. In un certo senso si inserisce in questa tradizione anche questo Al fiume. Venticinque scrittori sulla pesca, da poco mandato in libreria da Jimenez Edizioni con una traduzione di squadra che ha visto impegnati Beatrice Caserini, Martina Franzini, Ludovica Marani e Edoardo Vicario e la supervisione di Giovanna Scocchera.
Venticinque racconti e venticinque scrittori, tra cui il grande Chris Offutt, che hanno accolto l’invito dei curatori del libro, David Joy e Eric Rickstad portando il lettore nei loro ricordi di pesca ma, in realtà, non solo. Perché in queste pagine la pesca è, certo, la protagonista, ma lo è come pretesto, come sentiero da cui partono altri mille percorsi di memoria e suggestioni. Tra le paludi della Florida, i fiumi della Georgia, del Kentucky o della Carolina del Nord, queste pagine sono un’elegia a ciò che sta attorno alla pesca più ancora che attorno al gesto del pescare. L’emozione di un viaggio, l’avventura con un amico, i ricordi di un bambino, ora uomo, che pescava con “il suo vecchio” o si preparava per quello che sembrava il viaggio della vita, verso la magia di una vacanza in riva a un fiume. Tra fuochi, tende, un tempo che sembrava infinito e storie, tante storie. Perché in queste pagine di Al fiume la canna da pesca sembra davvero una sorta di testimone che passa di generazione in generazione, di ricordo in ricordo. Un amo in cui a restare impigliati sono giorni che, a posteriori, per quasi tutti gli scrittori qui riuniti, finiscono con l’essere i migliori delle loro vite.
Giorni che, tra luoghi sconosciuti e bellissimi, diventano un canto alla bellezza della natura, al suo mistero, allo scoprirsi, spesso, indifesi e spaventati davanti alla sua potenza. Un canto all’umiltà di riconoscersi ospiti in un elemento, l’acqua, così vitale e così meritevole di rispetto. Non vi è, in questi racconti, forse volutamente, l’elemento della sfida esasperata, quanto semmai quello del sapere aspettare, della pazienza. Di un tempo calmo che diventa contenitore di tante cose, parole, amicizia, vicinanza, condivisione. I racconti di Al fiume sono proprio questo, un invito, un monito al tessere trame, costruire racconti e legami tra passato e presente. Una suggestione a vedere la pesca come un modo per “catturare” ciò che scorre, e la vita come una superficie di acqua in cui tuffarsi o di fianco alla quale mettersi, sapendo aspettare il momento giusto. O facendo diventare giusto proprio “quel” momento.
Pur nella differenza stilistica di ogni racconto si sente quel “sapore” americano così tipico del modo di raccontare, del modo di assorbire e restituire le suggestioni della natura. Di mettere nero su bianco qualcosa che, nella letteratura americana, sembra quasi connaturato. Come se non fosse possibile rappresentarsi se non come parte di un luogo. Una specie di geografia umana, geografia come biografia. In questo senso, di certo, si può parlare di racconti di formazione, per ciò che si è realizzato e per ciò che non è avvenuto, per una mancanza o una rivelazione.
Racconti
Jimenez Edizioni
2022
208 p., brossura