Ferdinando Camon nella mente dei terroristi
Di Geraldine Meyer
“Questo è, in assoluto, il libro che m’è costato più caro, moralmente parlando. Mentre lo scrivevo ricevevo interviste, e con le interviste anche minacce.” Così scrive Ferdinando Camon nella premessa a Occidente, libro scritto nel 1975 e rimandato ora in libreria da Apogeo in una versione “epurata”, rivista e con una “stesura definitiva” grazie anche a quel processo di decantazione con cui la distanza temporale riesce a trattenere l’essenziale.
Si tratta di uno dei libri più importanti per chiunque voglia comprendere, studiare o avvicinarsi al fenomeno del terrorismo. Non una cronaca di quelli che furono tra gli anni più tragici e ambigui del nostro paese ma, cosa ancor più rischiosa, una sorta di discesa agli inferi. Dove gli inferi sono la mente stessa dei terroristi. Pagine in cui Camon cerca di capire (non giustificare) le motivazioni di ciò che, a tutti gli effetti, appare come un delirio di onnipotenza superomistica, fuori dalla morale, oltre la morale.
Un libro che portò l’autore a dubitare, come scrive lui stesso, “dell’innocenza di scrivere romanzi”. Perché? Ce lo spiega sempre Camon: “L’avvocatura dello Stato, nell’arringa con cui chiedeva la condanna di una cellula nera per la strage di Bologna […] utilizzava undici pagine di questa stesura, scoperte nel covo dei terroristi, con le quali la cellula spiegava ai propri militanti perché, in nome di cosa, con quale diritto, andava compiuta la strage, qual era il bene che scavalcava trecento vite umane.”
C’è di che far tremare le vene nei polsi. C’è di che chiedersi quale sia la giustificazione che sottende l’ingiustificabile. Quale il lucido delirio in nome del quale i terroristi parlavano di “diritto alla strage”. Parole che fanno inorridire e che rimandano a un tracimare dell’umano e dell’individuo in un indistinto magma di deresponsabilizzazione. O, peggio ancora, nella consapevolezza di come, per i terroristi, non sia importante essere colpevoli o innocenti quanto sentirsi colpevoli o innocenti.
A far da sfondo alla storia quella Padova inquieta e caotica degli anni ’70 che, da una parte culla il sogno utopico di una rivoluzione rossa che abbatta lo stato borghese e, dall’altra, la fame autodistruttrice del nichilismo degli estremisti neri. Uno di loro, Franco, detto Faranco per un difetto di pronuncia, è il protagonista emblematico, il cuore si può dire di questo libro. È colui che, ossessionato e terrorizzato dalla propria morte, predica e teorizza “il diritto alla strage” come fantasia malata di purificazione. Come causa e effetto insieme di una apocalisse igienizzante. Un viaggio all’interno delle psicologia dei terroristi, di entrambi i colori, nel tentativo di comprendere come quella cieca violenza si giustifichi davanti a sé stessa. E di come possa farlo solo rimuovendo la intrinseca debolezza su cui si costruisce.
E così il Potere Rivoluzionario si contrappone, in realtà mescolandosi al Gruppo d’Ordine, entrambi portatori di un delirio che non è nemmeno più ideologia, ma autoassolutoria pretesa di sostituirsi a un dio a cui nemmeno si crede. Il massimo dello scacco psicologico più ancora che politico. Un cortocircuito di violenza da Vecchio Testamento e decadenza. Qualcosa che si riverbera anche sui nostri giorni. Come scrive, infatti Camon: “Quando pensavo e scrivevo il primo abbozzo di Occidente, il “diritto alla strage” spiegava una piccola frangia di una società occidentale decadente. Ora che consegno questa stesura definitiva, spiega buona parte della storia mondiale che stiamo attraversando.”
Estra insomnia
Romanzo
Apogeo
2022
127 p., brossura