Roberta Castoldi – La formula dell’orizzonte
Di Martino Ciano
Così come l’ampiezza dello sguardo può essere calcolata con una formula matematica, tenendo conto dell’altezza, allo stesso modo l’orizzonte diventa un limite mobile, oltrepassabile tanto più ci innalziamo. Fatto sta che esisterà sempre un altro orizzonte che ci impone di confrontarci con un limite invalicabile. Nasce così un dialogo tra quel muro e l’io osservante, tra presenza e assenza del tutto, tra ciò che è immanente e ciò che trascende.
La poesia di Roberta Castoldi è tutta qui. In una sorta di dialettica che ha come tema fisso la contraddizione, ossia positivo e negativo, chiaro e scuro delle cose, si impone questa poetica dell’acciuffare quel passaggio d’ogni elemento o sensazione che trova casa nell’anima, nella memoria, nel cuore.
Ogni descrizione dell’orizzonte apre un paradosso, una compresenza di opposti in armonica disarmonia, e come il desiderio e la sintassi dei sogni, è al di là del principio di non contraddizione.
E se ogni contraddizione è già aprioristicamente un problema irrisolvibile, allora esiste solo una soggettiva visione e interpretazione dei fatti e delle percezioni? Bisogna tuffarsi tra gli opposti per rendersi conto che essi sono limiti della nostra coscienza? Forse la risposta è in questi versi:
Ma per assumere la forma della mia anima/devo essere di profilo/e senza seno/cercare di ricordare le foglie dove ho incontrato i miei passi/perché per loro/la terra e l’aria sono separate.
Puoi concedermi del seme/raccontarmi dei tuoi figli/poi sbarcarmi sopra un sasso e io d’isolitudine/fare orizzonte e desiderio. Così Roberta Castoldi in questa danza tra apparire e scomparire, dissolversi e rendersi visibile.
La formula dell’orizzonte contiene anche la prima raccolta di poesie, La scomparsa, pubblicata nel 1998, con tanto di introduzione di Franco Loi che già sottolineava l’incessante dialogo tra essere e non essere, in cui nonostante il titolo, ogni verso testimonia una presenza. Ed è allora questa l’essenza della poesia, ossia racchiudere in pochi versi, in un pugno di parole, quell’attraversamento costante dell’uomo nel divenire, durante cui si dibatte come un animale in gabbia? Qual è la sua vera forma e quale la sua sostanza?
Anche in questo caso, la risposta potrebbe essere in questi versi:
Il tavolo del poeta/è l’unico apparecchiato/il mio assorbente insanguinato/un animale/ferito/sfilati in cielo come due comete/si salvano di sangue evaporato/miei sotterranei.
poesia
AnimaMundi Edizioni
2022
136 p., ill brossura