Stanotte il mio cane mi ha svegliata
Di Giovanna Mangiaracina
Stanotte il mio cane mi ha svegliata uggiolando, poggiava il suo morbido muso sul letto. Mi sono svegliata all’improvviso e ho visto i suoi occhi fissi dentro i miei.
Appena si è accorta che ero sveglia è diventata una furia incontenibile, correva giù per le scale fino alla porta e poi tornava da me strepitando. Ho capito, a malincuore mi sono alzata e mi sono vestita. Dopo pochi minuti eravamo fuori nel parco, nel gelido silenzio della notte la luna disegnava un piccolo arco argentato nel cielo e in lontananza le stelle erano più fredde che mai. Ma lei non contenta, quasi strattonandomi mi ha portata nel viale delle camelie. E’ il posto più magico del castello il viale delle camelie, c’è anche sui libri di botanica perché è secolare, vestigia di un mondo scomparso, di una natura selvaggia e fiorente di cui pochissimi esemplari sono ancora in vita. Rabbrividendo dal freddo mi sono seduta aspettando che il mio cane decidesse sul da farsi. Così, nella penombra degli alberi ho sentito un rumore di passi. Spaventata ho guardato il mio cane, ma lei scodinzolava felice… Allora i passi sono diventati decisi e nell’ombra è apparso un vecchio canuto al cui fianco camminavano un bambino e una bambina un po’ più grandicella: “Non abbia timore, signora! Non si preoccupi, sono io!” ha tuonato il vecchio nella notte. “Principe! Lei….?”
“Sì signora! sono proprio il Principe Colonna in persona, per servirla….” mi ha detto abbandonandosi ad un galante inchino e ad una risata lunga e assai sardonica. Tremavo dalla paura e dallo stupore, guardando i due bambini abbracciati accanto al vecchio nobiluomo. Il mio cane s’è unito a loro che hanno appoggiato le manine sulla sua testa morbida e liscia: non chiede altro che di essere accarezzata.
“Ma….. scusi…. ma…io…. stavo dormendo!”
“ Mi spiace signora se l’ho fatta gettare dal letto dal suo cane a quest’ora, me ne scuso, ma non v’era altro orario per incontrarla e questa bambina accanto a me, la vede, vero signora? vuole parlarle ed ha parecchio insistito ….”
Stralunata ho guardato la bambina e poco dopo finalmente l’ho riconosciuta, sì, è lei è proprio lei! Quanto ho pianto, bambina anch’io leggendo il suo diario, quanto l’ho amata, quanto ho sofferto e sono stata in pena per la sua vita. Ma sì, è proprio lei: “ Anna Frank”!
“Sono io!” esclama e subito dopo il suo volto si fa triste e pensoso e addirittura le sue guance si rigano di un fiume di lacrime.
“Perché piangi?” le dico porgendo un fazzoletto.
“Piango perché non ho motivo di aver amato tanto la vita, piango perché il mio piccolo fratellino palestinese è stato trucidato dalla mia progenie, piango il dolore dei bambini del mondo che continuano a pagare il prezzo di una violenza che non comprendono. Piango perché non c’è perdono, piango perché sono felice di essere morta anch’io, piango il dolore dell’infanzia negata, piango perché solo il pianto è ciò che stilla dalle cattive azioni degli uomini sulla Terra. Sono venuta di persona con il mio fratellino palestinese a dirti di scrivere questa storia, a dirti che Anna Frank è morta invano! che il suo amore per la vita era inutile, per dirti di usare le tue parole, per chiederti di aiutarmi a dire basta, noi bambini non è questo il mondo che vogliamo. Non ci importa dove, non ci importa in quale e di chi sia la terra, non ci importa dei confini e dei muri. Vogliamo giocare, vogliamo crescere e amare. Lasciateci vivere in pace, non metteteci al mondo per trucidarci ancora, non non importa di che razza siamo, di che sesso o religione, lasciate che la nostra vita abbia il suo corso e il suo splendore”.
Cade il silenzio e io non so cosa dire, forse che non posso trovare le parole, forse che la ringrazio, forse che nessuno mi vorrà mai ascoltare. Guardo il bambino stretto accanto a lei, ha una ferita profonda nella testa che sanguina ancora eppure vedendo il mio cane, si è avvicinato per giocare un poco.
“Grazie signora! Adesso noi andiamo, può tornare a dormire, grazie per essere venuta, per non avere avuto paura, per non essersi barricata, come tutti fanno, in casa”
“Grazie a lei Principe….” dico con un filo di voce.
Guardo il mio cane, scodinzola impaziente all’angolo, aspettando che io mi decida a ritornare a casa.