Autopsia di un amore
Di Geraldine Meyer
Come si racconta la fine di un lunghissimo amore? Lo si può fare mentre questo accade? O è possibile solo quando è finito, mettendosi in ascolto, guardando quella parabola da fuori, o almeno da un ipotetico esterno? Perché poi, chissà, se gli amori finiscono davvero o vanno a rintanarsi da qualche parte, pronti a occupare inaspettati, e per questo pericolosi, pertugi di istanti e tempo.
Giacomo Sartori ci racconta una separazione che poi, come sempre accade, sono tante separazioni, in un libro in otto movimenti, otto variazioni, una unica voce narrante. Non a caso, credo, il titolo è al plurale, quella Fisica delle separazioni che solo apparentemente sembra voler dare lettura scientifica a qualcosa che di scientifico non ha nulla. Forse. Separazioni, appunto, perché in un percorso che allontana chi si è amato i punti di rottura, gli spigoli che fanno inciampare sono tanti, a volte impercettibili, a volte rumorosi come un muro che crolla.
Fisica perché, chissà, è proprio una legge fisica che ci dice come l’osservatore in qualche modo influenzi il fenomeno osservato. Allora, mi piace pensare, Sartori che ha una formazione scientifica, sembra avere messo la voce narrante al di fuori del fenomeno stesso. Per consentirne una sorta di oggettivazione, di analisi al microscopio nel freddo di un laboratorio. Ma sarà davvero così. Del resto per liberarsi di una dipendenza (e un lunghissimo rapporto d’amore è una forma di dipendenza) bisogna prima di tutto nominarla, ma anche esserne consapevoli. E la nominazione ha bisogno di dimenticanza. Eppure. Eppure è davvero possibile? Ma è da lì che si comincia. Proprio per poter raccontare. Lo dice subito Sartori, in apertura del primo movimento: “Quando si è vissuto tanto tempo assieme ci sono molte cose da dimenticare.” Anche se poi, inevitabilmente, il ricordo è vivissimo, lucido e quasi crudele. Ma è proprio l’iperbole del ricordo il primo mattone su cui costruire la “dimenticanza”. Non è facile e il reiterato proposito della voce narrante a tal proposito è lì proprio a dirci che uscirne (sempre che se ne esca) è spesso proprio questione di un cortocircuito della memoria: per dimenticare devo ricordare tutto, affinchè non resti nulla. Ma non nulla da ricordare quanto, semmai, nulla che di quel ricordo faccia male.
Ma anche questo non è scontato. Non è detto che basti il tempo. Scrive infatti ancora Sartori: “Tante altre schegge rimangono invece lì vividissime, sembra quasi facciano apposta a non liberare il campo, ad apparire anzi sempre più acuminate mano a mano che passa il tempo.”
Otto movimenti che sono le varie contraddizioni in cui si incappa, sempre, quando un amore finisce. Perché è dispettosa abitudine degli amori di finire anche prima di finire. Allora non ci si crede, si fa finta di non crederci, si tace o si parla sempre sul filo del non detto. Fingendo di parlare di altro o di altre persone. Un gioco spesso crudele, con regole che sembrano cambiare mentre si gioca.
Ci sono in questo Fisica delle separazioni alcune pagine lancinanti, come quelle in cui si racconta della casa che piano piano viene smantellata. Oggetti che vengono buttati, inscatolati, che spariscono. Un vuoto dove prima c’era un pieno. Chi ha vissuto l’esperienza di essere per un po’ separati in casa, con pezzi di vita che se ne vanno, sa quanto tutto ciò sia duro.
Un libro spigoloso, ruvido a tratti eppure capace di disarmare. E in grado di far capire bene come quando si dice: “Non è la fine in sé ma il modo in cui è avvenuta” in realtà sia sempre la fine in sé a fare male. Perché sempre di un lutto si tratta. Non a caso la voce narrante si trova, a un certo punto, a vivere la sovrapposizione del lutto per la morte della madre a quello del suo rapporto con la moglie scricchiolante e già gravido di incomprensioni, risentimenti e una fine più che accennata. E, se ci si pensa bene, davanti a entrambi i tipi di evento, la prima reazione è l’incredulità. Che smette di confondere, appunto, solo quando cala completamente il sipario
quisiscrivemale
Letteratura
Exorma
2022
180 p.,