Una creatura di dio
Di Vladimir D’Amora
Carmelita Hassuan, attrice nicaraguegna: fu una donna amata da Puskas.
Fu chiamata Il plettro di Dio, per le sue dita capaci di fischiare toniche nel vento delle contrade dei padroni di Spagna. Una volta fu scorta ai margini di un assolato pianoro coi venti che le penetravano le vesti basse, e lei si stupì, che la visitassero con occhi da stadio. Perché da piccola, in quel piccolo paese in cui vide i natali nella sera del 28 marzo del ’23, tra sconfinati ciottoli e cambiali inevase, suo padre le raccontava di Venesia, una donna dalle mani di vetro. Donna di fiati, e di vite uscite dalla noia di un certo tribunale di Dio.
Poi Carmelita si diede all’oscura memoria delle notti insolute, nessuno ne ebbe più notizia. Quando visitarono i gendarmi la sua casa in piazza Ristoro, Carmelita era spirata da 12 giorni intatti e incerti. Trovarono un biglietto vergato con inchiostro giallognolo, la grafia speciale, e cauta a tratti.
” Non sono vecchia e non inquieta, ancora corrispondo alla maniere che ricevo, capace di tuffi formidabili. Bevo il seme come fosse un pezzo separato di mondo, un mistero, lo scorrere lento di una decisione materiata d’abisso.
Le mie gengive sanguinano alla notte. E ho paura. Sola la notte mi scopre indifesa, che ascoltai dal mio vecchio. Mi scopò in un cortile, nel cesso di tutti, ho bruciato solo i particolari di quest’amore. Perché un padre che ti fotte solerte, lo si ama, all’eccesso d’amore. E lo confesso. Sono quasi una forza. Sola è questa forza di scrivere la mia indegnità a chiudere l’immaginazione. Nelle gabbie metalliche dei miei abiti. Dei generi delle mie pose che mi dissetano come antichi rimedi di sabbia e di luce sfarzosa, sono buchi e traumi miei. Nessuna chiave. Gli occhi seguono i rivoli di sangue secco, privato di rosso, come un involucro di segreti elementi non più scomponibili. Morirò. Seguendo molto la distanza, e chiusa. E stramazzo come vacca chiavata di nuovo dall’aria che lascio passare solo di notte. E mi bacia. Prima di riempire l’interno del corpo. Lui era un cane, aveva tisiche labbra, ho imparato da lui a essere morta difesa.
Forse non vivrò nei sogni di Dio.”
Poi di Carmelita furono solo fischi di topi al di là delle montagne, tra le fogne logiche di Praga.