Rapimento alieno. Alcune storie
Di Roberto Cocchis
Da quando l’avvento del web ha spostato l’attenzione di complottisti e mitomani su altri argomenti, il tema dell’abduction, il “rapimento alieno” o “incontro ravvicinato del quarto tipo”, ha perso sempre più interesse da parte dei mass media, perfino quelli di infimo livello. Al massimo potrebbe rappresentare uno spunto per qualche serie tv.
Chi non è giovanissimo, invece, ricorda bene come qualche decennio fa i casi di gente “rapita dagli alieni” e poi rilasciata dopo essere stata sottoposta a qualche forma di studio fossero numerosissimi. Soprattutto tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Alcuni ufologi più creduloni tendevano a prenderli facilmente sul serio, ma quelli più scettici erano i primi a sollevare obiezioni, ad esempio quella per cui gli alieni assomigliavano inevitabilmente a personaggi di film o telefilm di fantascienza trasmessi poco tempo prima dei fatti.
Gli scienziati coinvolti (per lo più loro malgrado, chiamati a fornire consulenze tecniche) sono sempre stati ancora più scettici di questi ufologi, vista la puntuale mancanza di riscontri oggettivi di quanto raccontato e l’inaffidabilità della tecnica detta “ipnosi regressiva” con la quale si pretendeva di far ricordare ai protagonisti dei fatti ciò che affermavano di aver vissuto.
Il primo caso riferito di “incontri ravvicinati del terzo tipo” (visione diretta di esseri animati di presunta origine aliena) risale al 1896 in California; il tema è stato ripreso più volte nei decenni successivi, chiamando in causa anche personaggi di rilievo, come l’ammiraglio statunitense Richard E. Byrd, noto esploratore polare, che avrebbe incontrato degli alieni detti “nordici” o “pleiadiani” in Antartide nel 1947 (ovviamente Byrd ha sempre smentito).
Solo nel 1961 si è arrivati a riferire un primo “incontro ravvicinato del quarto tipo” (la classificazione si deve all’ufologo e astronomo J. Allen Hynek) ed è la storia che andiamo a raccontare adesso.
È una notte del settembre di quell’anno e una Chevrolet Bel Air del 1957 sta attraversando la US Route 3, poco a Sud di Lancaster, nel New Hampshire, uno Stato incuneato tra il Massachusetts e il Maine, sulla East Coast. I suoi due occupanti sono quasi alla conclusione di un viaggio che normalmente dura 4 ore, dalle cascate del Niagara a Portsmouth, sempre nel New Hampshire.
Alla guida c’è Barney Hill, che ha 39 anni e fa il postino. Sul sedile accanto, la moglie Eunice Barrett, che gli amici chiamano Betty, 42 anni, assistente sociale. È una coppia molto unita, nonostante non abbia avuto figli: i due sono membri della Chiesa Unitariana e attivisti per i diritti civili. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, dato che sono una coppia mista: Betty è bianca e Barney è nero.
Tornano a casa da una vacanza in Canada e sulla via del ritorno sono passati a vedere le cascate del Niagara.
Mentre percorrono quel tratto di Us Route 3, notano le luci di un aereo di linea sulla loro testa. Almeno, si direbbe che sia un aereo di linea, ma si muove in modo strano, come non hanno mai visto fare a nessun aereo.
La luce sembra seguirli e, quando si fermano a un’area picnic deserta tra le Twin Mountains per permettere al cane di fare i bisogni, i due prendono il binocolo per guardarla meglio. A quel punto, si accorgono che la luce sembra scendere nella loro direzione. Inquieti ma non ancora preoccupati, risalgono in auto e ripartono, decisi a superare alla svelta il passo di Franconia Notch. Hanno il tempo di passare sotto l’Old Man of the Mountains (una formazione naturale rocciosa che ricordava una testa umana e che è riportata negli emblemi del New Hampshire, ma è crollata in seguito all’erosione eolica nel 2003), poi sono costretti a fermarsi prima di una collina chiamata Indian Head, perché la “luce”, che li ha sempre seguiti, è scesa a terra davanti a loro, bloccando la strada. A emanare la luce è un velivolo dalla forma che ricorda quella di un’armonica a bocca, lungo circa 20 metri.
Barney prende la pistola che ha con sé per difesa personale e scende dall’auto, ma un comando telepatico lo blocca. Dal velivolo, intanto, spunta fuori una specie di tubo, dal quale escono alcune figure umanoidi (Barney e Betty riferiranno un numero diverso, relativamente a queste: uno dice 8, l’altra 11). Con un ultimo sforzo Barney riesce a rientrare in macchina e a metterla in moto, ma l’aria è scossa da vibrazioni ritmiche che lo spingono in uno stato di ottundimento mentale.
Quando si riprendono, lui e Betty, scoprono di trovarsi in una località a 56 miglia (90 km) da dove ricordava di trovarsi.
Nonostante questo, riprendono il viaggio e tornano a casa a Portsmouth, arrivando con un ritardo di 3 ore.
Hanno gli orologi fermi e gli abiti danneggiati. Quello di Betty presenta tracce di polvere rosa mai vista prima.
Riprendono la vita di tutti i giorni ma non riescono a smettere di parlarne e cominciano ad avere degli incubi. Il 21 settembre, finalmente, Betty decide di telefonare alla base militare di Pease, poco distante. La base manda un ufficiale, il maggiore P. W. Henderson, a intervistarli: il successivo rapporto di questo parla di notizie confuse e insufficienti.
I due non si arrendono. Betty trova in biblioteca un libro scritto da un ex militare divenuto ufologo e appassionato sostenitore della teoria per cui gli alieni visiterebbero regolarmente la Terra. Si chiama Donald E. Keyhoe, ha fondato un gruppo di ricerca ufologica chiamato NICAP e i suoi libri sono stati tradotti in tutto il mondo, Italia compresa. Sembra la persona giusta cui rivolgersi, e i due lo contattano.
Keyhoe spedisce da loro un altro membro del NICAP, l’astronomo Walter N. Nebb, e stavolta, dopo 6 ore di colloquio, il rapporto li prende molto sul serio.
I due, soprattutto Barney, dicono di non ricordare quasi nulla dell’esperienza. Betty va soggetta però a un sogno ricorrente: viene separata dal marito ed esaminata fisicamente con cura dagli umanoidi, poi le viene mostrato un libro con simboli incomprensibili, le viene detto di portarlo via, poi le viene tolto, infine chiede agli umanoidi da dove vengono e loro le disegnano una mappa di stelle.
Altri membri del NICAP hanno colloqui con gli Hill e suggeriscono loro di avvalersi dell’ipnosi regressiva. Per combinazione, un membro della loro chiesa è un noto ipnotizzatore, si chiama Ben H. Sweet: ma non se la sente di affrontare una faccenda del genere. Poiché Barney adesso è in cura presso uno psichiatra, il Dott. Stephens, Sweet gli suggerisce di farsi indirizzare da questo al miglior ipnotizzatore disponibile. Stephens li manda da Benjamin Simon, un ex medico militare che, oltre a essere ipnotizzatore, è anche lui psichiatra.
Simon è scettico ma la curiosità prende il sopravvento e sottopone la coppia a regolari sedute di ipnosi, che si tengno dal 4 gennaio al 4 giugno 1964. I due sono ipnotizzati separatamente, in modo che non si influenzino a vicenda.
Barney, sotto ipnosi, è molto agitato e racconta di aver guidato fino a un bosco prima di essere fermato da figure umanoidi che lo avrebbero fermato fissandolo negli occhi. Avrebbe sentito i loro occhi entrare nei suoi e attraversare tutta la testa e il cervello. Sia lui sia Betty ricordano di essere stati portati sulla nave ed esaminati fisicamente, con l’inserimento di sonde nei genitali e nell’ano.
Simon descrive il loro caso in un articolo pubblicato dalla rivista Psychiatric Opinion. Riferisce che secondo lui i sogni di Betty influenzano i ricordi di Barney e conclude che i due forse hanno visto davvero qualcosa di simile a un UFO, ma senza vivere esperienze dirette.
Comunque, gli Hill hanno attirato l’attenzione di uno scrittore e ufologo molto noto, John Fuller, che li contatta per scrivere un libro sulla loro storia: nasce così The Interrupted Journey, bestseller del 1966 dal quale sarà tratto nel 1975 un tv movie di grande successo, The UFO Incident.
Nel 1968, basandosi sulla “mappa stellare” che Betty Hill dichiara di aver visto e di ricordare benissimo, una maestra elementare e astronoma dilettante di Oak Harbor, Ohio, Marjorie Fish, realizza dei modelli tridimensionali e poi, confrontandoli con il cielo notturno, giunge alla conclusione che gli umanoidi provenivano da un pianeta orbitante intorno a un sistema stellare doppio, chiamato Zeta Reticuli, a 39 anni luce dalla Terra. La sua tesi è subito ripresa dai complottisti, per i quali l’esperienza degli Hill è una delle prove dell’esistenza degli alieni chiamati “grigi” e autori di numerose altre visite del nostro pianeta.
Walter N. Webb, che condivide entusiasticamente le conclusioni di Marjorie Fish, la convince a rivolgersi alla prestigiosa rivista scientifica Astronomy. Il direttore di questa, Terence Dickinson, è invece tutt’altro che convinto, ma trova necessario aprire un dibattito sull’argomento coinvolgendo finalmente degli scienziati di livello.
Rispondono all’appello due astrofisici che sono anche noti divulgatori scientifici, Carl Sagan e Steven Soter, e dichiarano che secondo loro la disposizione delle stelle nella mappa è del tutto casuale. Secondo i complottisti, è la solita risposta preconcetta della scienza ufficiale a chi esce fuori dal seminato. Ma, quasi 30 anni dopo, le ricerche successive confermeranno che Sagan e Soter avevano perfettamente ragione. Il programma Hipparcos che determina la distanza delle stelle tramite la parallasse dimostra che le stelle chiamate in causa da Marjorie Fish non si trovano affatto dove la donna le ha piazzate, costringendole a coincidere a forza con quelle riportate sulla mappa di Betty Hill, ma sono molto distanti. Più tardi, nel 2008, l’astronomo australiano Brett Holman, studiando le condizioni del sistema binario Zeta Reticuli, scopre che su eventuali pianeti orbitanti intorno le condizioni ambientali sarebbero incompatibili con qualsiasi forma di vita.
Simon aveva osservato che durante il viaggio del 1961 gli Hill erano molto stanchi. Erano partiti la sera senza aver riposato abbastanza e viaggiavano nelle ore in cui avrebbero dovuto dormire. La privazione del sonno è una delle più comuni cause di allucinazioni, anche collettive.
Un altro elemento che sembra smontare la storia degli Hill è relativo al meccanismo degli “occhi penetranti” con cui gli umanoidi avrebbero raggiunto il cervello di Barney. Barney riferisce questo dettaglio a Simon nella seduta del 22 febbraio 1964. Ma il 10 febbraio precedente, nella serie tv di fantascienza The Outer Limits è stato trasmesso un episodio intitolato The Bellero Shield in cui ci sono degli alieni che fanno esattamente la stessa cosa (e, guarda caso, sono molto simili ai “grigi”). Possibile che sia soltanto una coincidenza?
La vicenda degli Hill si interrompe bruscamente il 25 febbraio 1969, quando Barney muore a 47 anni per un’improvvisa emorragia cerebrale. Betty non si risposerà più e vivrà fino al 17 ottobre 2004, quando muore di cancro a 85 anni. Negli ultimi anni è assistita dalla nipote e collega Kathleen Marden, che nel 2007 pubblicherà un altro libro sui fatti del 1961, basato sui ricordi della zia: Captured!, che avrà un buon riscontro di vendite.
L’immagine di copertina è presa da wikipedia