Il romanticismo complesso e multiforme di Robert Schumann.
Di Adriana Sabato
Schumann è considerato da molti come il compositore più rappresentativo della musica romantica. Egli non fu soltanto un grande musicista, ma anche il più grande letterato e critico musicale del suo tempo. Fu lui a scoprire e a far conoscere il genio musicale del giovane Brahms. Il grande compositore tedesco, che visse i decenni centrali dell’Ottocento, espresse – soprattutto attraverso il pianoforte – una dirompente carica musicale e ideale, e raggiunse altissimi vertici poetici. Secondo il Maestro Vincenzo Balzani, Schumann ha avvertito il mondo della grande deriva che il mondo stesso stava per subire. La deriva avviene “quando all’interno di una comunità”, avverte Balzani, “non si riconoscono più i valori, non si distinguono più le persone che hanno valore da quelle che ne hanno meno, quando non si riesce più a capire chi è un genio e riesce ad esprimere qualcosa di veramente originale e chi invece è un mestierante – ossia, in musica – una persona che conosce il mestiere della composizione ma che non possiede alcun tipo di originalità, di fantasia, di genialità”.
Così avvenne per la musica di Salieri e la musica di Mozart: chi ricorda la musica di Salieri? Quasi nessuno. Eppure fu un grande maestro di composizione! Chi non ricorda o riconosce invece la musica di Mozart? La maggioranza delle persone. Mozart aveva quella genialità che lo contraddistingue sempre. E Schumann aveva la capacità di saper distinguere tutto questo.
Schumann, dunque, artista dotato di febbrile attività intellettuale, culturale e critica, si legò in grande amicizia con Felix Mendelssohn-Bartholdy, quando questi, nel 1835, venne nominato a capo del Gewandhaus, la famosa istituzione orchestrale di Lipsia. Sempre a Lipsia, nel 1833, fondò un periodico di critica, la Nuova rivista musicale, che aveva l’intento di debellare le più pigre consuetudini dei consumatori di musica tradizionale.
Schumann definì costoro folla di filistei e nella sua polemica usò l’espediente molto romantico di presentare i suoi sentimenti, concetti, idee, aspirazioni firmando gli articoli con diversi pseudonimi che, sotto forma di personaggi di fantasia, simboleggiavano i vari moti dell’animo e dell’invenzione: Florestan il caloroso, Eusebio il sognante, Raro il saggio meditativo. Agli stessi simboli s’ispiravano e s’identificavano temi musicali o interi componimenti.
Le Davidsbündlertänze sono una raccolta di diciotto brani per pianoforte, con chiaro riferimento alla suddetta folla di filistei, scritti dal compositore nel 1837. I diciotto pezzi della raccolta rappresentano una delle opere pianistiche più perfette della produzione schumanniana e riflettono tutte quelle luci e ombre che affollavano la mente del musicista. Le due personalità diverse e complementari di Eusebio e Florestano rispecchiano quegli aspetti di gioia e dolore riportati nell’epigrafe iniziale, tutto l’insieme delle Davidsbündlertänze contemplano infatti la suddivisione emotiva dei due sentimenti.
L’aspetto tematico dei singoli brani nasce da semplici spunti e scaturisce quindi dal tessuto armonico del pezzo. Anche se non vi è un’unità tematica è però presente una continuità fra i singoli momenti, come fossero elementi di un discorso che si svolge fra le due personalità di Eusebio e Florestano, precisati sempre dalle indicazioni, non solo esecutive, poste dall’autore all’inizio di ogni singolo pezzo. “… il giuoco del doppio scrive la studiosa Ida Porena-Cappelli, “è l’uomo che si sforza di scoprire sé stesso oltre la maschera, il giuoco fascinoso e complesso dell’ironia, di quella costante necessità romantica di autoanalisi cioè, risolta in un processo dialettico di sintesi degli opposti, dove il non-io è signoreggiato dall’io che lo crea”. Eusebio e Florestano riposavano latenti nell’animo schumanniano, narrandoci della sua complessa personalità e risultando presagio della sua tragica degenerazione. Il dualismo romantico si attuava così nella sua più totale compiutezza.
Ascoltiamo qui la raccolta delle Davidsbündlertänze: clicca QUI
In copertina Robert Schumann, immagine presa da wikipedia